Se la metto in pratica mi fa vivere tutta un'altra vita, straordinariamente più ricca di quella che avrei ideato fidandomi solo di me.
Solleviamoci, è ora
Noi siamo quelli
che se ne vanno
pieni di vento
e di sole
in deserti
affollati
di illusioni
e non tornano più
abbagliati
da spaccati di vita.
Siamo riflessi
di affetti
profondi.
Pensieri
di fresca rugiada
posata sulla notte
che non conosce
nuvole.
Siamo i sospesi
tra sogno e realtà,
quelli sul sottile confine
tracciato
dai meandri
dei desideri.
Siamo splendide bugie
di una terra
che fatica
ad alzarsi
sui marciapiedi
della vita.
Siamo polvere
di un tempo
inesorabile
che ci riporta
tra le caverne opache
dei ricordi.
Siamo l’urlo
di amici perduti
non ancora tornati,
che raccoglie
sogni lanciati
su nuvole rosa
gonfie di cuore
nel cielo sospeso
della gioventù.
Siamo parole
mai dette
intrappolate
tra i rami
scheggiati
di un inverno
che fatica
nel risveglio.
Siamo vita
che scoppia
nei focolai spenti
accesi dal giorno che nasce
a dispetto di tutto.
Preghiere
Strappate ai silenzi
concessi da un Dio
che non ama
piangersi addosso.
Siamo
l’andata e il ritorno
di noi stessi.
Solleviamoci.
E’ ora.
PAESE MIO
Paese mio
cinto a primavera
di riccioluti gorgheggi
affaccendati
come comari
nel via vai del giorno
ti vai combinando
tra nuvole ariose
all’orizzonte
e sogni fermi
dietro vetri antichi.
Tu non conosci gli anni.
Il tuo grembo
avrà sempre un vecchio
davanti ai tuoi tramonti
aggrappato
ai sapori di campagna
mentre torna stanco
con le zolle in mano
cantando
la fatica della terra.
E non conosci spazi.
Sei tutto lì
che vivi di germogli
seminati
nei cuori della gente
che s’adatta
all’ombra
dell’inverno
mentre fuori
è estate.
Per questo
non ti mancano
i sorrisi
strappati ai vicoli
intrecciati e bui
come strette di mano
nel bisogno
tra calde mura
di camini accesi.
Tra gli alberi d’ulivo
bagnati di sole
che lasciano un’impronta
tra le rughe
dei ricordi
che strada voltando
riporta
inesorabilmente
a te.
mostra di poesie
Solleviamoci, è ora
venerdì 29 giugno 2007
Stare in ascolto del bambino
Tre fasi:
Ascoltare il bambino – i bambini.
Capire che cosa egli ci dice, non sapendo di sapere.
Capire che cosa, nel momento in cui ce lo dice, esso significa per l’assetto dei saperi e della scuola, per il pensiero, per i valori, per tutti.
EDUCARE O ISTRUIRE?
La legge 53/2003 definisce la Scuola dell'Infanzia come un “ambiente educativo di esperienze concrete e di apprendimenti riflessivi che integra, in un processo di sviluppo unitario, le differenti forme del fare, del sentire, del pensare, dell'agire relazionale, dell'esprimere, del comunicare, del gustare il bello e del conferire senso da parte dei bambini”.
Attivare la ricerca di un significato attraverso la valorizzazione del dialogo in classe, implica anche tenere in considerazione la componente emotivo-affettiva, perché discutendo, i bambini mettono a nudo se stessi, infatti spesso portano nel gruppo paure, idee, emozioni e sentimenti vissuti in prima persona. I bambini imparano a conoscere e a gestire i propri ed altrui processi emozionali, affettivi e volitivi: imparano a conoscere se stessi e a relazionarsi con gli altri. Una scuola che intende fornire esperienze concrete e apprendimenti significativi, dove si vive in un clima carico di curiosità, affettività, giocosità e comunicazione, non può prescindere dal garantire una relazione umana significativa fra e con gli adulti di riferimento. Questa Scuola ad alto contenuto educativo, non può cadere nel terribile errore di preconizzare gli apprendimenti formali, errore spesso commesso dagli insegnanti che sono più attenti a formare un “bambino-campione”, piuttosto che un bambino sicuro e forte nell'affrontare la vita, o ancora un bambino che abbia acquisito la stima di sé, la fiducia nelle proprie capacità e la motivazione al passaggio dalla curiosità, caratterizzante la Scuola dell'Infanzia, alla ricerca.L'insegnante deve poter provare un “sentimento” per l'infanzia inteso come “sentire”, percepire e prendere consapevolezza dei bisogni reali, affettivi ed educativi propri del bambino che sono altro rispetto ai bisogni degli adulti. Il ruolo dei genitori, degli insegnanti è infatti quello di educare tutti e ciascuno alla consapevolezza di ciò che il bambino “sente” emotivamente e affettivamente, perché è proprio il passaggio dal sentire all'agire che consentirà al futuro uomo di compiere scelte autonome. L'atteggiamento empatico, sentire con il proprio animo il mondo interiore del bambino, denota una sensibilità eterocentrica determinata dal sistema di valori, sentimenti e bisogni dell'educatore. L'empatia è “un modo di essere” dell'insegnante, non una tecnica ma un atteggiamento,in parte proprio della personalità e in parte conseguenza di un processo di formazione che implica anche il cambiamento di sé.Oggi, nell'epoca della complessità, il fare scuola deve partire dall'ascolto dei bambini, dall'ascolto delle loro idee e dei loro saperi. Diventa così necessario imparare a ragionare insieme a loro, dimostrandosi disponibili alla relazione, facendo emergere la soggettività del bambino.In passato si credeva che la relazione fosse unidirezionale: insegnante-bambino, invece studi recenti hanno dimostrato che la conoscenza, e quindi l'apprendimento, non è la somma dei saperi di bambini e insegnanti, ma è l'integrazione fra essi. “La conoscenza è conoscenza in quanto organizzazione, solo in quanto messa in relazione e in contesto delle informazioni”Elizabeth Meins, con le sue ricerche, ha messo in evidenza la relazione tra l'attitudine dell'adulto a trattare con il bambino come dotato di una mente, sia con un attaccamento sicuro che con lo sviluppo successivo delle capacità mentalistiche del bambino. Un compito importante dell'insegnante della Scuola dell'Infanzia è quello di mediare i modi e i tempi di un dialogo strutturato su un piano paritario, in modo tale da consentire ad ogni interlocutore di far emergere il proprio pensiero e di metterlo in relazione con quello degli altri. Il clima in cui avviene questo processo deve essere motivante per chi lo vive, sfruttando soprattutto la valenza educativa del gioco e prevedendo l'integrazione di aspetti cognitivi, affettivi e relazionali. E' una sfida, da parte dell'insegnate, a livello culturale, sociologica e civica ma che deve coinvolgere anche i più piccoli per dotarli di una propria capacità critica, che permetta loro di ragionare, di riflettere sulla realtà e di compiere in futuro scelte consapevoli.
Educare o istruire?
Attivare la ricerca di un significato attraverso la valorizzazione del dialogo in classe, implica anche tenere in considerazione la componente emotivo-affettiva, perché discutendo, i bambini mettono a nudo se stessi, infatti spesso portano nel gruppo paure, idee, emozioni e sentimenti vissuti in prima persona. I bambini imparano a conoscere e a gestire i propri ed altrui processi emozionali, affettivi e volitivi: imparano a conoscere se stessi e a relazionarsi con gli altri. Una scuola che intende fornire esperienze concrete e apprendimenti significativi, dove si vive in un clima carico di curiosità, affettività, giocosità e comunicazione, non può prescindere dal garantire una relazione umana significativa fra e con gli adulti di riferimento. Questa Scuola ad alto contenuto educativo, non può cadere nel terribile errore di preconizzare gli apprendimenti formali, errore spesso commesso dagli insegnanti che sono più attenti a formare un “bambino-campione”, piuttosto che un bambino sicuro e forte nell'affrontare la vita, o ancora un bambino che abbia acquisito la stima di sé, la fiducia nelle proprie capacità e la motivazione al passaggio dalla curiosità, caratterizzante la Scuola dell'Infanzia, alla ricerca.L'insegnante deve poter provare un “sentimento” per l'infanzia inteso come “sentire”, percepire e prendere consapevolezza dei bisogni reali, affettivi ed educativi propri del bambino che sono altro rispetto ai bisogni degli adulti. Il ruolo dei genitori, degli insegnanti è infatti quello di educare tutti e ciascuno alla consapevolezza di ciò che il bambino “sente” emotivamente e affettivamente, perché è proprio il passaggio dal sentire all'agire che consentirà al futuro uomo di compiere scelte autonome. L'atteggiamento empatico, sentire con il proprio animo il mondo interiore del bambino, denota una sensibilità eterocentrica determinata dal sistema di valori, sentimenti e bisogni dell'educatore. L'empatia è “un modo di essere” dell'insegnante, non una tecnica ma un atteggiamento,in parte proprio della personalità e in parte conseguenza di un processo di formazione che implica anche il cambiamento di sé.Oggi, nell'epoca della complessità, il fare scuola deve partire dall'ascolto dei bambini, dall'ascolto delle loro idee e dei loro saperi. Diventa così necessario imparare a ragionare insieme a loro, dimostrandosi disponibili alla relazione, facendo emergere la soggettività del bambino.In passato si credeva che la relazione fosse unidirezionale: insegnante-bambino, invece studi recenti hanno dimostrato che la conoscenza, e quindi l'apprendimento, non è la somma dei saperi di bambini e insegnanti, ma è l'integrazione fra essi. “La conoscenza è conoscenza in quanto organizzazione, solo in quanto messa in relazione e in contesto delle informazioni”Elizabeth Meins, con le sue ricerche, ha messo in evidenza la relazione tra l'attitudine dell'adulto a trattare con il bambino come dotato di una mente, sia con un attaccamento sicuro che con lo sviluppo successivo delle capacità mentalistiche del bambino. Un compito importante dell'insegnante della Scuola dell'Infanzia è quello di mediare i modi e i tempi di un dialogo strutturato su un piano paritario, in modo tale da consentire ad ogni interlocutore di far emergere il proprio pensiero e di metterlo in relazione con quello degli altri. Il clima in cui avviene questo processo deve essere motivante per chi lo vive, sfruttando soprattutto la valenza educativa del gioco e prevedendo l'integrazione di aspetti cognitivi, affettivi e relazionali. E' una sfida, da parte dell'insegnate, a livello culturale, sociologica e civica ma che deve coinvolgere anche i più piccoli per dotarli di una propria capacità critica, che permetta loro di ragionare, di riflettere sulla realtà e di compiere in futuro scelte consapevoli.