Indimenticabile Franco! Indimenticabile Rino! Un intreccio di calabritudine tormentata, perché è questo ciò che produce in noi la Calabria: seducente signora che tradisce e ti abbandona lasciandoti il suo profumo per sempre. Due stelle controcorrente che cominciarono a brillare sul grigio panorama canzonettistico e poetico italiano negli anni del dopoguerra e del boom economico. Nella fatica del successo. La musica fu per Rino lo specchio della sua personalità, come la poesia per Costabile. Due profili di neorealismo simili : l’uno portava nelle vene il sapore rabbioso del sangue di Melissa, le speranze di un'industria nata arrugginita. Il gusto seducente al sapore di liquirizia del vino di Krimisa e il profumo del pane di Cutro, le ansie di chi aspetta che arrivino all'orizzonte gli Achei, sul lungomare della bella Crotone." (Gino Promenzio). L’altro si trascinava dietro il vino si San Sidero, le anguille dell’Angitola, il miele di Carìa, i fichi, i limoni e il pescespada, il sole di Cutro, San Francesco di Paola, le frane dell’Aspromonte. Nelle vene la sua Sila dura e silenziosa; la sua terra in cui la gioventù non ebbe un nome. Un realismo speciale, di formazione ungarettiana, tesa all' estrema scarnificazione verbale e ritmica, per giungere ad una visione realistica del mondo e della poesia. Per Walter Mauro il realismo di Costabile non ha nulla di naturalistico ed affonderebbe le sue radici contemporaneamente nel terreno del risentimento sociale e storico per la Calabria offesa. “Lasciatela al cantuccio della sua lucerna sola, col ricordo del nipote minatore. Non venite a bussare con cinque anni di pesante menzogna” (Ultima uva).E poi Roma, accogliente e addormentata; difficile, ma ‘posto dove accadono le cose’. Anche per Rino: artista estremamente poliedrico “C'è qualcuno che vuole mettermi il bavaglio! Io non li temo!”,che svirgolava dalla grammatica della canzone, urlava arrabbiato che sembrava racchiudere in quella voce insopportabile tutte le grida dei contadini assetati e miserevoli, ma aveva sempre una trovata e le sue canzoni avevano sempre una verità molto scomoda. Come quando affermava che suo fratello era figlio unico, e snocciolava i problemi dei disoccupati; o cantava la bellezza dell'extracomunitaria Aida, o Spendi spandi effendi . Era sgradevole, era un folletto, era uno che non cercava di piacere, uno del Sud che voleva rompere le scatole. In quella filastrocca che si intitola “Nuntereggaepiù” infilava con noncuranza una serie di vizi e di nomi, scrivendo i versi più lunghi della storia della canzone. E di fronte ai problemi dell'Italia, alla gente che non aveva un lavoro, né l'acqua in casa, come rispondeva Rino? Che “Il cielo è sempre più blu”, che è come dire che tutto finisce sempre a tarallucci e vino.” (Leoncarlo Settimelli) Rino Gaetano era così, amava i colpi di teatro come quella volta che a Sanremo, da sempre specchio del “qualunquista, moralista, bigotto, puritano, benpensante” panorama italiano, si presentò abbigliato di smoking, cilindro e scarpe da ginnastica, ma anche la sua morte ne rappresenta un esempio, come per Costabile dove in lui si rinviene l’unità inscindibile di parola e silenzio, di visibile e invisibile, di vita e di morte. Alberto Granese, si sofferma sull'atipico realismo di Costabile, nella mancanza di un elemento inamovibile in una visione rigorosamente realista del mondo: il principio di causalità; mancanza che determina una concezione per assurdo del mondo e che, tra l'altro, ha coerenti conseguenze stilistiche nell’ossificazione, nella pietrificazione, nella rastremazione. Ma, scrive Iacopetta, il massimo realismo del nome delle cose scopre in lui la sua oggettiva disperazione: il non poter sperare di possederle. Unità e realismo che emerge nel Canto dei nuovi emigranti dove un popolo di dispersi per il mondo grida la propria condanna. Esodo biblico in cui il poeta si riconosceva come parte di un tutto. Costabile e Rino sono la voce del secolare dramma collettivo della Calabria. L’uno sinottico, l’altro ridondante quando scriveva, sì, canzoni dal motivetto facile, che chi le canticchiava ed ancora oggi le canticchia, non capiva tutta la rabbia, l’indignazione, il ribrezzo che si celavano in quei testi ma in cui si sbeffeggiava soprattutto l’Italia. Dove si ‘rivaluta’ tutto: gli scandali, i processi, i reati più meschini, i cantautori morti. Patria di santi e di poeti e di navigatori e di pentiti. Due stili verbali forti e contrapposti, ma senza via di mezzo come lo è per la Calabria. E’ o non è. Due poeti che si sono sempre ispirati ad un mondo che non è nelle possibilità dell’uomo. L’aspirazione dell’assoluto in un tormento ossessionante. Certi aspetti della vita vanno accettati poiché insiti nella nostra natura. Ma loro ci sorridevano su restando preda di un idoleggi mento di una realtà non più loro. Si sentivano spaesati lontano dalla propria terra e rimasero legati profondamente alla sua storia, alla sua gente, ai volti e alla sua sofferenza. Le loro opere non hanno età. Unici nel loro genere, mettevano il tutto in versi e musica senza scadere nel banale. E Rino “cantava le canzoni" riduttivamente consegnate alla categoria del "non sense",controcorrenti ma soprattutto straordinariamente attuali, che nelle loro frasi, spesso lanciava messaggi chiari e precisi sulla sua "diversità", dal suo essere meridionale trapiantato nella Capitale, dove aveva iniziato una nuova vita ad immagine pasoliniana come dai versi de “Le Ceneri di
Gramsci ”, un mondo dove ”Ero al centro del mondo, in quel mondo/ di borgate tristi, beduine,/ di gialle praterie sfregate/ da un vento sempre senza pace…”Al suo essere fuori da tutti i meccanismi del potere, deridendo, sempre in maniera sottile e geniale, l'appartenenza politica, l'economia ed il gossip di quel periodo turbolento che rappresentarono gli anni '70. In fondo, come recita una sua famosa canzone, si sentiva anch'egli un "figlio unico", come gli emarginati, gli emigranti e gli sfruttati. Resta di lui la memoria di un cantautore che seppe sbeffeggiare, con ironica disinvoltura e ben oltre il suo tempo, i costumi e le certezze diffuse che si stavano venendo a creare, e le loro contraddizioni. Il ragazzo della Calabria, tramite un'espressività esplosiva, riportò nelle coscienze la dimensione della condizione umana. Rino Gaetano si impose sempre più come il cantautore fuori dalle righe, il "grillo parlante" per antonomasia in un momento in cui era in auge la moda del "demenziale ", così subirà anche il veto della censura ma non si scoraggiò mai e se per Costabile la sua vita lacerata era un errare con passo da soldato sconfitto, tuttavia anch’egli non accettò mai la rassegnazione della fuga, rendendo per la sua parte possibile, la ricerca di una via d’uscita nel segno della vita che egli disperatamente amava e cercava” Vi è un dolore di prima mattina/ che il mondo non può capire né raggiungere.” Con la sua Calabria mantenne un rapporto di profonda identificazione che alla fine, però, risultò determinante nel condurlo al suicidio. “Tu non puoi intendere le notti del marciapiede/ la mia vita alla luce delle insegne luminose…”. E’ troppo forte il suo dolore negli anonimi spazi della città. Muore in una casa a Roma nel 1965, a soli 41 anni, dove si era trasferito per lavorare come docente. “ Con questo cuore troppo cantastorie” dicevi ponendo una rosa nel bicchiere e la rosa s’è spenta a poco a poco come il tuo cuore? Si è spento per cantare una storia tragica per sempre” scrisse Ungaretti sul suo epitaffio. Muore anche Rino Gaetano: una morte prematura, infelice, incompresa, tarpando per sempre le ali al "Cantastorie" graffiante e appassionato, paladino del Sud e nemico giurato di tutti i politici, nel 1981 a soli trent'anni, a seguito di un terribile incidente automobilistico, alle prime luci dell'alba a Roma sulla via Nomentana. Come per Rino, anche per Costabile il successo arriva dopo la morte. Entrambi hanno portato via con sé qualcosa di grande, che va al di là del semplice messaggio sociale e anti-conformista, ma ingloba la totalità dell’esistenza umana in un mondo pieno d’ingiustizie, al quale seppero dare un senso, mai veramente schierati con nessuno, anzi solitari e depressi. Gaetano e Costabile: due veri poeti, dall’infanzia non facile, con un rapporto paterno sempre in conflitto e inesistente che farà di loro due anime fragili e straniere.
Articolo pubblicato sul Illametino