Solleviamoci, è ora
Noi siamo quelli
che se ne vanno
pieni di vento
e di sole
in deserti
affollati
di illusioni
e non tornano più
abbagliati
da spaccati di vita.
Siamo riflessi
di affetti
profondi.
Pensieri
di fresca rugiada
posata sulla notte
che non conosce
nuvole.
Siamo i sospesi
tra sogno e realtà,
quelli sul sottile confine
tracciato
dai meandri
dei desideri.
Siamo splendide bugie
di una terra
che fatica
ad alzarsi
sui marciapiedi
della vita.
Siamo polvere
di un tempo
inesorabile
che ci riporta
tra le caverne opache
dei ricordi.
Siamo l’urlo
di amici perduti
non ancora tornati,
che raccoglie
sogni lanciati
su nuvole rosa
gonfie di cuore
nel cielo sospeso
della gioventù.
Siamo parole
mai dette
intrappolate
tra i rami
scheggiati
di un inverno
che fatica
nel risveglio.
Siamo vita
che scoppia
nei focolai spenti
accesi dal giorno che nasce
a dispetto di tutto.
Preghiere
Strappate ai silenzi
concessi da un Dio
che non ama
piangersi addosso.
Siamo
l’andata e il ritorno
di noi stessi.
Solleviamoci.
E’ ora.
PAESE MIO
Paese mio
cinto a primavera
di riccioluti gorgheggi
affaccendati
come comari
nel via vai del giorno
ti vai combinando
tra nuvole ariose
all’orizzonte
e sogni fermi
dietro vetri antichi.
Tu non conosci gli anni.
Il tuo grembo
avrà sempre un vecchio
davanti ai tuoi tramonti
aggrappato
ai sapori di campagna
mentre torna stanco
con le zolle in mano
cantando
la fatica della terra.
E non conosci spazi.
Sei tutto lì
che vivi di germogli
seminati
nei cuori della gente
che s’adatta
all’ombra
dell’inverno
mentre fuori
è estate.
Per questo
non ti mancano
i sorrisi
strappati ai vicoli
intrecciati e bui
come strette di mano
nel bisogno
tra calde mura
di camini accesi.
Tra gli alberi d’ulivo
bagnati di sole
che lasciano un’impronta
tra le rughe
dei ricordi
che strada voltando
riporta
inesorabilmente
a te.
mostra di poesie
mercoledì 21 novembre 2007
Fernando Pessoa
Lo sguardo dato alla realtà, l'attenzione verso una piccola cosa è tutt'uno col pensiero, è una illimitata catena di riflessioni inscindibili dal suo vivere, continui scintillii di intuizioni sulla Vita, sull'Essere, sul Mondo che possono solo essere generalmente chiamati "pensieri", per non essere privati della loro indefinibilità. E' una ragnatela di sensazioni che non si forma su un tema preciso, ma salta da un angolo all'altro del pensabile, intrecciando poesia e filosofia, in una matassa multiforme, screziata e coinvolgente. E' difficile e pericoloso arrischiarsi a inquadrare il pensiero di Fernando Pessoa.
Gran parte della produzione di Pessoa è stata pubblicata dopo la morte dell'artista. La sua opera completa, in prosa e poesia, è uscita postuma in quindici volumi tra il 1942 e il 1978. Essa comprende scritti di differenti discipline che testimoniano la poliedricità di Pessoa: oltre alla vasta produzione poetica ortonima ed eteronima, scritti di teologia, di occultismo, di filosofia, politica, economia e altre discipline. E' nel 1942, sette anni dopo la sua morte, che la casa editrice Ática di Lisbona decide di iniziare la pubblicazione dell'opera completa di Pessoa, sotto lo sguardo degli amici letterati e dei filologi che hanno accesso all'arca in cui il poeta ha custodito i suoi manoscritti. In vita il suo corpo poetico appare polverizzato su riviste di limitata diffusione e reperibilità, pubblica soltanto quattro volumetti di poesie in inglese, tra cui "Epitalamio" (1913), e un'unica raccolta di versi in portoghese intitolata "Mensagem" (1934) curata personalmente dal poeta. La frammentarietà della sua produzione e la pubblicazione postuma rende difficile presentare con esattezza la bibliografia
L'eteronimia
Se il Libro di Pessoa ha un centro, questo centro è l'eteronimia, come sostiene Antonio Tabucchi, suo appassionato traduttore, critico e studioso; e questi spiega bene questa peculiarità: «Si immagini un Paese (il Portogallo) che vive per vent'anni (dal 1914 al 1935) un'età dell'oro della letteratura: poeti, saggisti, prosatori, dalle fisionomie inconfondibili e a volte incompatibili, tutti però di altissima qualità, vi operano insieme, si incontrano, si scontrano. Uno sperimentatore violento e straripante, suscitatore di avanguardie, come Álvaro De Campos, un desolato nichilista come Bernardo Soares, un poeta metafisico ed ermetico come Fernando Pessoa, un neoclassico come Ricardo Reis e, dietro a tutti, un maestro precocemente scomparso: Alberto Caeiro. Ebbene: tutti questi autori, tutte queste opere, tutti questi destini furono "una sola moltitudine", perché nascevano tutti dall'invenzione dissociata e proliferante di una sola persona, l'anagrafico Fernando Pessoa, oscuro impiegato di una ditta di Lisbona , dove aveva l'incarico di scrivere lettere commerciali in inglese. E quelli che abbiamo citato sono solo i più importanti fra gli scrittori "inventati" da Pessoa: finora i suoi manoscritti hanno rivelato tracce e frammenti di ventiquattro autori». Tabucchi parla della produzione letteraria pessoana come di "un baule pieno di gente" perché ci ha lasciato «i suoi molteplici spiriti ben impachettati in fascicoli manoscritti tenuti con lo spago e contrassegnati da firme diverse». E' lo stesso poeta ad analizzare con estrema lucidità la sua eteronimia e a descriverla all'amico Adolfo Casais Monteiro nel 1935 in una lettera. Una caratteristica che inizia nell'infanzia e che persiste per tutta la vita: “Ebbi sempre, da bambino, la necessità di aumentare il mondo con personalità fittizie, sogni miei rigorosamente costruiti, visionati con chiarezza fotografica, capiti fin dentro le loro anime. Non avevo più di cinque anni, e , bimbo isolato e non desideroso se non di stare così, già mi accompagnavano alcune figure del mio sogno, un capitano Thibeaut, Chevalier de Pas e altri che ho dimenticato…Questa tendenza non passo con l'infanzia, si sviluppò nell'adolescenza, si radicò con la crescita, divenne alla fine la forma naturale del mio spirito. Oggi ormai non ho personalità: quanto in me ci può essere di umano, l'ho diviso tra gli autori vari della cui opera sono stato l'esecutore.sono oggi il punto di riunione di una piccola umanità solo mia. E così mi sono fatto, e ho propagato, vari amici e conoscenti che non sono mai esistiti, ma che ancora oggi, a quasi trent'anni di distanza, io ascolto, sento, vedo. Ripeto: ascolto, sento, vedo…E ne ho nostalgia Come che sia, l'origine mentale dei miei eteronimi sta nella mia tendenza organica e costante alla spersonalizzazione e alla simulazione. Questi fenomeni, fortunatamente per me e per gli altri, in me si sono mentalizzati; voglio dire che non si manifestano nella vita pratica, esteriore e di contatto con gli altri; esplodono verso l'interno e io li vivo da solo con me stesso.” L'eteronimia è la manifestazione del labirinto di Pessoa, del vortice in cui si sente avvolto e sente che ogni uomo è avvolto. «L'eteronimia non è altro che la vistosa traduzione in letteratura di tutti quegli uomini che un uomo intelligente e lucido sospetta di essere» scrive Tabucchi.
Dio non ha unità,come potrei averla io?(da "Episodi")
Mi sento multiplo. Sono come una stanza dagli innumerevoli specchi fantastici che distorcono in riflessi falsi un 'unica anteriore realtà che non è in nessuno ed è in tutti. (da "Appunti sparsi")
L'eteronimia è anche patologa e insieme terapia della solitudine che l'introspezione causa: l'Io esclude l'oggetto, il soggetto diventa oggetto di se stesso, distinguendosi e distanziandosi così da se stesso.
Mi sono moltiplicato per sentire,per sentirmi, ho dovuto sentire tutto,sono straripato, non ho fatto altro che traboccarmi,e in ogni angolo della mia anima c'è un altare a un dio differente.( da "Passaggio delle ore"- Poesie di Álvaro de Campos )
Ma l'eteronimia è anche qualcos'altro: è un tentativo di superare l'unicità dell'essere e la finitezza dell'uomo, è l'espressione della consapevolezza che la vita non basta, è un vago e inquietante interrogativo: se possono esserci più di una vita in una sola vita, se sono davvero il tempo e lo spazio che ci segmentano o se siamo noi che crediamo sia così, mentre forse esiste solo l'hic e il nunc, la persona nell'Istante, diversa da quella esistita nel momento prima, diversa da quella che esisterà nel momento dopo. Così Pessoa afferma una frastornante "verità":
Ognuno di noi è più di uno, è molti, è una prolissità di se stesso.( da "Il libro dell'Inquietudine" )
Vengono ora presentate le figure eteronimiche maggiori, che compongono l'universo di Pessoa, ognuno dei quali è a sua volta un singolare mondo, con un proprio stile, un proprio modo di dibattere i grossi temi del pensiero e della poesia di Pessoa:
Alberto Caeiro: Alberto Caeiro da Silva, maestro di Fernando Pessoa e di Álvaro de Campos, morì precocemente di tubercolosi. Descritto come uomo biondo, pallido, con gli occhi azzurri, di media statura. In campagna scrisse l'intera sua opera, dai poemetti del "Guardador de Rebanhos" al breve diario del "Pastor Amoroso", e a Lisbona, dov'era nato, tornato solo per morire, scrisse le ultime poesie della raccolta "Poemas Inconjunctos". Tabucchi lo definisce «il fenomenologo, l'Occhio, l'olimpica e insieme tenebrosa ricognizione del mondo».
Álvaro de Campos: ingegnere navale, alto, coi capelli neri e lisci divisi da un lato, col monocolo, elegante e leggermente snob, tediato, ozioso e meditativo. Partì da un'estrema esperienza decadente per diventare poi a un tratto un esacerbato, geniale sperimentatore, maestro di ogni avanguardia. Ma la sua poesia conosce, dopo le fiammate avanguardiste, un curioso percorso: un'autoriflessività che lo lega alle esperienze contemporanee, un nichilismo doloroso e cinico. Così Tabucchi lo descrive: «il rovello gnoseologico, l'uomo che cerca "l'anello che non tiene" e che si arrende alla terribile "plausibilità" del reale».
Ricardo Reis: nato a Oporto, medico, ma senza mai esercitare la professione, materialista e sensista, imbevuto di classicismo e di ellenismo. Così scrive di lui Tabucchi: «Il monarchico in esilio è, col suo bizzarro neoclassicismo, l'ironica accettazione di un mondo incomprensibile e immutabile».
Il dubbio
La costante che permea tutta la produzione di Pessoa è il "dubbio su tutto", fonte di continue domande, angosce che creano uno stato di inquietudine, risposte sospese senza domande. Non c'è alcuna certezza, nessun barlume che indichi cosa è reale, cosa non è reale, questa è l'unica consapevolezza, non si può sapere se è realtà né il mondo né noi stessi:
E barcollo per i foschi cammini dell'insaniaocchi vaghi di schianto, per l'orroreche realtà ci sia e ci sia essere,ci sia il fatto della realtà( da "Poemas dramàticos" )
Personel labirinto di me stesso, giànon so quale strada mi conduceda esso alla realtà umana e chiara( da "Primo Faust" )
Non credere o cercare:tutto è occulto.( da "Natale" )
Se conoscessimo la verità la vedremmo;tutto il resto è sistema e periferia. Ci basta, se riflettiamo, l'incomprensibilità dell'universo; volerlo capire è essere meno che uomini, perché essere uomo è sapere che non si capisce.( da "Il libro dell'Inquietudine" )
Il sogno
Tutto è sogno, se non si sa qual è la realtà. Sogno di Fernando che ha fatto della sua vita un sogno, perché è un sognatore e sogna per non sentire e interrogare la vita; ed è sogno perché niente assicura se ciò che circonda e se stessi siano reali, se abbiano un'esistenza propria, e quindi tutto aleggia nel sogno, nel mistero, realtà e sogno si confondono, si compenetrano:
Niente si sa, tutto si immagina.( da "Odi di Ricardo Reis" )
Sono quasi convinto di non essere sveglio. Non so se non sogno quando sono vivo, se non vivo quando sogno, o se il sogno e la vita formano in me un ibrido, un'intersezione dalla quale il mio essere cosciente prende fisionomia per interpenetrazione.( da "Il libro dell'Inquietudine" )
Non oso guardare le cose. Come continua questo sogno?( da "Il Marinaio" )
Un alito di musica o di sogno, qualcosa che faccia quasi sentire, qualcosa che non faccia pensare.( da "Il libro dell'Inquietudine" )
La caducità
Nulla è eterno, tutto svanisce: si sfumano i ricordi, il passato, il momento precedente a quello che si sta vivendo, il proprio Io, perché nell'istante in cui lo si pensa non è più quell'Io, così si è nessuno, assolutamente nessuno. Tutto è finzione, tutto passa e non c'è nessuna filosofia, nessuna metafisica che svela il "Grande Segreto":
Breve il giorno, breve l'anno, breve tutto.Manca poco a essere niente.( da "Odi di Ricardo Reis" )
Non so di chi ricordo il mio passato, poiché altro fui quando lo fui, né mi conosco,come se sentissi l'anima che ho,l'anima che sentendo ricordo.( da "Odi di Ricardo Reis" )
Ma il padrone della tabaccheria si è fatto sulla porta e vi è rimasto…Lui morirà e io morirò.Lui lascerà l'insegna, io lascerò dei versi.A un certo momento morirà anche l'insegna, e anche i versi.Poi morirà la strada dove fu l'insegna e la lingua in cui furono scritti i versi.Infine morirà il pianeta ruotante in cui tutto ciò avvenne.In altri satelliti di altri sistemi, qualcosa simile a gentecontinuerà a fare cose come versi e a vivere sotto cose come insegne(da "Tabaccheria"-"Poesie di Álvaro de Campos")
“ Sì, domani anch’io sarò uno che ha smesso di passare per queste strade, che altri evocheranno vagamente con un “Che ne sarà stato di lui?”. E tutto ciò che adesso faccio, tutto ciò che sento, tutto ciò che vivo, non sarà altro che un passante in meno nella quotidianità delle strade di una città qualsiasi.”
Pessoa Fernando
L'indeterminatezza
L'animo di Pessoa è animo incerto, che si culla nell'indecisione, nell'instabilità di ogni posizione, giudizio, idea. È lui stesso che con acutezza si analizza:
Tutta la costituzione del mio spirito è di esitazione e di dubbio. Per me, nulla è né può essere positivo; tutte le cose oscillano intorno a me, e io con esse, incerto per me stesso. Tutto per me è incoerenza e mutamento. Tutto è mistero, e tutto è pregno di significato. Tutte le cose sono "sconosciute", simbolo dell'Ignoto. Il risultato è orrore, mistero, una paura troppo intelligente.[…] Il mio carattere è del genere interiore, autocentrico, muto, non autosufficiente, ma perduto in se stesso. Tutta la mia vita è stata di passività e di sogno. Tutto il mio carattere consiste nell'odio, nell'orrore della e nella incapacità che impregna tutto ciò che sono, fisicamente e mentalmente, di atti decisivi, di pensieri definiti […] i miei scritti sono tutti rimasti da finire; si interponevano sempre nuovi pensieri, straordinarie, interminabili associazioni di idee, il cui termine era l'infinito. […] Il mio carattere è tale che detesto l'inizio e la fine delle cose, perché sono punti definiti.( da un dattiloscritto del 1910 )
Sono sempre stato un sognatore ironico, infedele alle promesse segrete. Ho sempre assaporato, come altro e straniero, la sconfitta dei miei vaneggiamenti, assistendo casualmente a ciò che credevo di essere. Non ho mai prestato fede alle mie convinzioni. Ho riempito le mie mani di sabbia, l'ho chiamata oro, e ho aperto le mani facendola scorrere via. La frase era stata l'unica verità. Una volta detta la frase, tutto era fatto, il resto era la sabbia che era sempre stata.( da "Il libro dell'Inquietudine" )
Non so essere utile nemmeno sentendo, non so essere pratico, quotidiano, nitido, non so avere un posto nella vita, un destino fra gli uomini, un'opera, una forza, una volontà, un orto…( da "Poesie di Álvaro de Campos" )
La sensibilità
La capacità di sentire il mistero delle cose, l'incomprensibilità della realtà. Il suo modo stupefacente di sentirsi interpreti di realtà modificate e modificabili da piccole sfumature. L'inquietudine che produce questo sentire con lucidità l'essenza delle cose; il dolore che arreca, dolore che nasce dai sogni, dalla paura della follia, dalla consapevolezza della propria solitudine o dalla grande indifferenza delle stelle:
Ho portato con me la spina essenziale di essere cosciente.( da "Villeggiatura" - "Poesie di Álvaro de Campos" )
Il peso del sentire! Il peso di dover sentire!( da "Il libro dell'Inquietudine" )
Mi alzo dalla sedia con uno sforzo mostruoso, ma ho l'impressione di portarmela dietro, ho l'impressione che è più pesante, perché è la sedia del soggettivismo.( da "Il libro dell'Inquietudine" )
I sentimenti più dolorosi e le emozioni più pungenti, sono quelli assurdi: l'ansia di cose impossibili, proprio perché sono impossibili, la nostalgia di ciò che non c'è mai stato, il desiderio di ciò che potrebbe essere stato, la pena di non essere un altro, l'insoddisfazione per l'esistenza del mondo.( da "Il libro dell'Inquietudine" )
E' così difficile descrivere ciò che si sente quando si sente che si esiste veramente, e che l'anima è un'entità reale, che non so quali sono le parole umane con cui si possa definirlo.( da "Il libro dell'Inquietudine" )
Ma la concisa attenzione data alle forme e alle maniere degli oggetti,è un sicuro rifugio.( da "Odi di Ricardo Reis" )
AUTOPSICOGRAFIA
Il poeta è un fingitore.Finge così completamente
che arriva a fingere che è dolore
il dolore che davvero sente.
E quanti leggono ciò che scrive,
nel dolore letto sentono proprio non i due che egli ha provato,
ma solo quello che essi non hanno.
E così sui binari in tondo
Gira, illudendo la ragione,
questo trenino a molla
che si chiama cuore.
(da Poesie di Fernando Pessoa)
Sono un guardiano di greggi.Il gregge è i miei pensieri.E i miei pensieri sono tutti sensazioni.Penso con gli occhi e con gli orecchie con le mani e i piedi e con il naso e la bocca.
Pensare un fiore è vederlo e odorarlo e mangiare un frutto è saperne il senso.
Perciò quando in un giorno di calura sento la tristezza di goderlo tanto,e mi corico tra l'erba chiudendo gli occhi accaldati,sento tutto il mio corpo immerso nella realtà,so la verità e sono felice.
(da Il Guardiano di greggi - Poesie di Alberto Caeiro)
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