Solleviamoci, è ora
Noi siamo quelli
che se ne vanno
pieni di vento
e di sole
in deserti
affollati
di illusioni
e non tornano più
abbagliati
da spaccati di vita.
Siamo riflessi
di affetti
profondi.
Pensieri
di fresca rugiada
posata sulla notte
che non conosce
nuvole.
Siamo i sospesi
tra sogno e realtà,
quelli sul sottile confine
tracciato
dai meandri
dei desideri.
Siamo splendide bugie
di una terra
che fatica
ad alzarsi
sui marciapiedi
della vita.
Siamo polvere
di un tempo
inesorabile
che ci riporta
tra le caverne opache
dei ricordi.
Siamo l’urlo
di amici perduti
non ancora tornati,
che raccoglie
sogni lanciati
su nuvole rosa
gonfie di cuore
nel cielo sospeso
della gioventù.
Siamo parole
mai dette
intrappolate
tra i rami
scheggiati
di un inverno
che fatica
nel risveglio.
Siamo vita
che scoppia
nei focolai spenti
accesi dal giorno che nasce
a dispetto di tutto.
Preghiere
Strappate ai silenzi
concessi da un Dio
che non ama
piangersi addosso.
Siamo
l’andata e il ritorno
di noi stessi.
Solleviamoci.
E’ ora.
PAESE MIO
Paese mio
cinto a primavera
di riccioluti gorgheggi
affaccendati
come comari
nel via vai del giorno
ti vai combinando
tra nuvole ariose
all’orizzonte
e sogni fermi
dietro vetri antichi.
Tu non conosci gli anni.
Il tuo grembo
avrà sempre un vecchio
davanti ai tuoi tramonti
aggrappato
ai sapori di campagna
mentre torna stanco
con le zolle in mano
cantando
la fatica della terra.
E non conosci spazi.
Sei tutto lì
che vivi di germogli
seminati
nei cuori della gente
che s’adatta
all’ombra
dell’inverno
mentre fuori
è estate.
Per questo
non ti mancano
i sorrisi
strappati ai vicoli
intrecciati e bui
come strette di mano
nel bisogno
tra calde mura
di camini accesi.
Tra gli alberi d’ulivo
bagnati di sole
che lasciano un’impronta
tra le rughe
dei ricordi
che strada voltando
riporta
inesorabilmente
a te.
mostra di poesie
giovedì 25 ottobre 2007
TERRA DI OGNUNO Kahlil Gibran
Terra, quant’è perfetta
la tua obbedienza alla luce
e bella la tua sottomissione
al sole.
Nelle pianure
ho trovato il tuo sogno;
sulla montagna
il tuo orgoglio;
nella valle
ho osservato la tua tranquillità;
nella pietra la tua risolutezza;
nelle grotte
la tua segretezza.
Sei debole e potente, umile e altera.
Docile e rigida,
chiara e segreta.
Ho sentito l’eternità parlare
nella tua alta e bassa marea;
ho sentito la vita
chiamare la vita
nei tuoi passi di montagna e lungo i pendii.
Notte calma e chiara:
ho aperto le finestre
e le porte dello spirito
e sono uscito a vederti,
teso di voglia e avidità.
E t’ho vista guardare le stelle
che ti ridevano.
Così ho gettato via le catene,
scoprendo
che è nei tuoi spazi la dimora dello spirito.
Una notte, mentre il cielo impallidiva,
l’anima oppressa da ansia e stanchezza,
sono uscito a vederti.
E mi sei apparsa come un gigante
armato di tempesta;
combattevi il passato con il presente,
sostituendo al vecchio il nuovo,
e lasciando che il forte
disperdesse il debole.
Ho imparato così
che chi non spezza i propri rami secchi
con la tempesta, morirà esaurendosi,
e chi non suscita una rivoluzione
per strapparsi di dosso le foglie morte
perirà in un lento declino.
Sei generosa, terra, e forte
è il tuo rimpianto
dei figli perduti
tra ciò che hanno ottenuto e ciò
che non sono riusciti a raggiungere.
Noi vociamo, tu sorridi;
prendiamo il volo, e tu rimani.
Dormiamo senza sogni, mentre tu sogni
nella tua eterna veglia.
Ti trapassiamo con le spade
e tu ci medichi con olio e balsamo.
Piantiamo nei tuoi campi ossa, crani,
e tu ne trai cipressi e salici;
estraiamo da te elementi per fabbricare cannoni e bombe,
e dai nostri elementi crei gigli e rose.
Sei una particella di polvere
sollevata dai piedi di Dio
mentre da est andava a ovest dell’universo?
O scintilla lanciata dalla fornace
dell’eternità?
Sei un seme gettato nel campo del firmamento
perché diventasse l’albero di Dio
elevando i rami
al di sopra dei cieli?
O sei una goccia di sangue
nelle vene del gigante dei giganti,
o una goccia di sudore sulla sua fronte?
Sei un frutto maturato dal sole?
Cresci dall’albero dell’Assoluta Conoscenza,
le cui radici si estendono
attraverso l’eternità
e i cui rami levati
spaziano per l’infinito?
Sei un gioiello posto dal Dio del Tempo
Sulla palma del Dio dello Spazio?
Tu sei me, terra!
Sei la mia vista
E il mio discernimento.
Sei la mia conoscenza e il mio sogno.
Sei la mia fame e la mia sete.
Sei il mio dolore e la mia gioia.
Sei la mia sbadataggine
E la mia vigile attenzione.
Sei la bellezza che vive nei miei occhi,
il desiderio del mio cuore,
la vita che è per sempre
nella mia anima.
Tu sei me, terra.
Non fosse stato per il mio essere,
tu stessa non saresti.
KAHLIL GIBRAN
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