Blog informativo sulla P4C

( philosophy for children)

di Lipman

Quando la filosofia dipinge il suo grigio su grigio, allora una figura della vita è invecchiata, e con grigio su grigio essa non si lascia ringiovanire, ma soltanto conoscere; la nottola di Minerva inizia il suo volo soltanto sul far del crepuscolo.


La parola "filosofia" ha come nella sua radice il significato "far crescere". Infatti, c'è solo una cosa che sa stupire e conquistare il nostro cuore: la parola di chi non si limita a inanellare frasi sensate e ben tornite, ma di chi ci porta più in alto o più in profondità.

Che cos'è la filosofia?

“La filosofia è la palingenesi obliterante dell'io subcosciente che si infutura nell'archetipo dell'antropomorfismo universale. “(Ignoto)

Perché la filosofia spiegata ai ragazzi?

I bambini imparano a conoscere e a gestire i propri ed altrui processi emozionali, affettivi e volitivi: imparano a conoscere se stessi e a relazionarsi con gli altri. Una scuola che intende fornire esperienze concrete e apprendimenti significativi, dove si vive in un clima carico di curiosità, affettività, giocosità e comunicazione, non può prescindere dal garantire una relazione umana significativa fra e con gli adulti di riferimento. Questa Scuola ad alto contenuto educativo, non può cadere nel terribile errore di preconizzare gli apprendimenti formali, errore spesso commesso dagli insegnanti che sono più attenti a formare un “bambino-campione”, piuttosto che un bambino sicuro e forte nell'affrontare la vita, o ancora un bambino che abbia acquisito la stima di sé, la fiducia nelle proprie capacità e la motivazione al passaggio dalla curiosità, caratterizzante la Scuola dell'Infanzia, alla ricerca. L'insegnante deve poter provare un “sentimento” per l'infanzia inteso come “sentire”, percepire e prendere consapevolezza dei bisogni reali, affettivi ed educativi propri del bambino che sono altro rispetto ai bisogni degli adulti. Il ruolo dei genitori, degli insegnanti è infatti quello di educare tutti e ciascuno alla consapevolezza di ciò che il bambino “sente” emotivamente e affettivamente, perché è proprio il passaggio dal sentire all'agire che consentirà al futuro uomo di compiere scelte autonome. Un compito importante dell'insegnante è quello di mediare i modi e i tempi di un dialogo strutturato su un piano paritario, in modo tale da consentire ad ogni interlocutore di far emergere il proprio pensiero e di metterlo in relazione con quello degli altri. E' una sfida, da parte dell'insegnate, a livello culturale, sociologica e civica ma che deve coinvolgere anche i più piccoli per dotarli di una propria capacità critica, che permetta loro di ragionare, di riflettere sulla realtà e di compiere in futuro scelte consapevoli Se la filosofia è "presa sul serio", se è misurata con i problemi reali, è davvero uno strumento di formazione della persona e di indirizzo della vita. La filosofia come felicità presente nell'attività del pensiero.

Incontrarsi è una grande avventura

“Non possiamo stare
e vivere da soli,
se così è,
la vita diventa
solitudine monotona.
Abbiamo bisogno dell’altro
per condividere sguardi
di albe e tramonti,
momenti di gioia e dolore.
Abbiamo bisogno dell’altro
che ci aiuta a vedere
e scoprire le cose che da soli
mai raggiungeremo.

Beati quelli che sono capaci
di correre il rischio dell’incontro,
permeandolo di affetto e passioni
che ci fanno sentire più persone
poiché così vivendo
anche gli scontri
saranno mezzi
di un vero incontro.”
(Testo di sr. Soeli Diogo).




Questo romanzo è rivolto, con la più grande speranza e fiducia, a tutte le persone di questa società e soprattutto a quei giovani che si muovono oggi, coi loro passi, senza esserne pienamente consapevoli, verso la scoperta della grande stanza di questo mondo poliedrico e complesso, dalle mille pareti ammaliatrici. Passi che, a dosi esagerate della conquista di una felicità che riempia la stanza del loro cuore, complementare a quella del mondo, lasciano dietro sé molte tracce superficiali che si spazzano via anche con il più debole vento della loro esistenza per poi trascinarli nel giogo del “vuoto”. Che questo romanzo “Un vuoto da decidere” sia loro di aiuto per guardare in faccia, riconoscere, combattere e vincere, con le sole armi dell’amore vero per se stessi e per il mondo, questa strana “malattia” dell’anima che colpisce chi non ha difese e che porta alla conquista di una libertà infedele e subdola.

Se la metto in pratica mi fa vivere tutta un'altra vita, straordinariamente più ricca di quella che avrei ideato fidandomi solo di me.

Solleviamoci, è ora

Noi siamo quelli
che se ne vanno
pieni di vento
e di sole
in deserti
affollati
di illusioni
e non tornano più
abbagliati
da spaccati di vita.

Siamo riflessi
di affetti
profondi.
Pensieri
di fresca rugiada
posata sulla notte
che non conosce
nuvole.

Siamo i sospesi
tra sogno e realtà,
quelli sul sottile confine
tracciato
dai meandri
dei desideri.

Siamo splendide bugie
di una terra
che fatica
ad alzarsi
sui marciapiedi
della vita.

Siamo polvere
di un tempo
inesorabile
che ci riporta
tra le caverne opache
dei ricordi.

Siamo l’urlo
di amici perduti
non ancora tornati,
che raccoglie
sogni lanciati
su nuvole rosa
gonfie di cuore
nel cielo sospeso
della gioventù.

Siamo parole
mai dette
intrappolate
tra i rami
scheggiati
di un inverno
che fatica
nel risveglio.

Siamo vita
che scoppia
nei focolai spenti
accesi dal giorno che nasce
a dispetto di tutto.

Preghiere
Strappate ai silenzi
concessi da un Dio
che non ama
piangersi addosso.

Siamo
l’andata e il ritorno
di noi stessi.

Solleviamoci.
E’ ora.

PAESE MIO

Paese mio
cinto a primavera
di riccioluti gorgheggi
affaccendati
come comari
nel via vai del giorno
ti vai combinando
tra nuvole ariose
all’orizzonte
e sogni fermi
dietro vetri antichi.

Tu non conosci gli anni.

Il tuo grembo
avrà sempre un vecchio
davanti ai tuoi tramonti
aggrappato
ai sapori di campagna
mentre torna stanco
con le zolle in mano
cantando
la fatica della terra.

E non conosci spazi.

Sei tutto lì
che vivi di germogli
seminati
nei cuori della gente
che s’adatta
all’ombra
dell’inverno
mentre fuori
è estate.

Per questo
non ti mancano
i sorrisi
strappati ai vicoli
intrecciati e bui
come strette di mano
nel bisogno
tra calde mura
di camini accesi.


Tra gli alberi d’ulivo
bagnati di sole
che lasciano un’impronta
tra le rughe
dei ricordi

che strada voltando
riporta
inesorabilmente
a te.



mostra di poesie

mostra di poesie
Solleviamoci, è ora


domenica 13 aprile 2008

Pensa di Fabrizio Moro

http://it.youtube.com/watch?v=OkgMnca-KmA

“PENSA”
FABRIZIO MORO
Testo presentato al festival di Sanremo - vincitore sezione giovani
Ci sono stati uomini che hanno scritto pagine Appunti di una vita dal valore inestimabile Insostituibili perché hanno denunciato il più corrotto dei sistemi troppo spesso ignorato Uomini o angeli mandati sulla terra per combattere una guerra di faide e di famiglie sparse come tante biglie su un isola di sangue che fra tante meraviglie fra limoni e fra conchiglie... massacra figli e figlie di una generazione costretta a non guardare a parlare a bassa voce a spegnere la luce a commentare in pace ogni pallottola nell'aria ogni cadavere in un fosso Ci sono stati uomini che passo dopo passo hanno lasciato un segno con coraggio e con impegno con dedizione contro un'istituzione organizzata cosa nostra... cosa vostra... cos'è vostro? è nostra... la libertà di dire che gli occhi sono fatti per guardare La bocca per parlare le orecchie ascoltano... Non solo musica non solo musica La testa si gira e aggiusta la mira ragiona A volte condanna a volte perdona Semplicemente Pensa prima di sparare Pensa prima di dire e di giudicare prova a pensare Pensa che puoi decidere tu Resta un attimo soltanto un attimo di più Con la testa fra le mani Ci sono stati uomini che sono morti giovani Ma consapevoli che le loro idee Sarebbero rimaste nei secoli come parole iperbole Intatte e reali come piccoli miracoli Idee di uguaglianza idee di educazione Contro ogni uomo che eserciti oppressione Contro ogni suo simile contro chi è più debole Contro chi sotterra la coscienza nel cemento Pensa prima di sparare Pensa prima di dire e di giudicare prova a pensare Pensa che puoi decidere tu Resta un attimo soltanto un attimo di più Con la testa fra le mani Ci sono stati uomini che hanno continuato Nonostante intorno fosse [tutto bruciato Perché in fondo questa vita non ha significato Se hai paura di una bomba o di un fucile puntato Gli uomini passano e passa una canzone Ma nessuno potrà fermare mai la convinzione Che la giustizia no... non è solo un'illusione Pensa prima di sparare Pensa prima dì dire e di giudicare prova a pensare Pensa che puoi decidere tu Resta un attimo soltanto un attimo di più Con la testa fra le mani Pensa.
Frasi al ritmo cadenzato e veloce, inarrestabile, incontenibile. Non basta una canzone soltanto ad esprimere il fiume di parole che si ha dentro, che vuole straripare perché la voglia di cambiare il mondo è tanta che le frasi traboccano, non riescono a starci nell’immenso desiderio di dire tutto e di gridarlo con parole iperbole che si prolunghino all’infinito perché non possono più tacere, non possono più far finta di niente. La mafia non pensa davvero, lo fa da mafia, e una canzone non è sufficiente; è troppo breve, prima o poi finirà come la mafia ma solo con l’impegno di tutti. E lo sapevano bene Borsellino e Falcone, che per paura furono abbandonati da tutti, poi barbaramente uccisi. BLAISE PASCAL afferma che “ Bisogna pensare, conoscere se stessi. E anche se questo non servisse a trovare la verità servirebbe almeno a regolare la propria vita; e non c’è niente di più giusto. Chi vive in modo sregolato dice a chi vive nella regola che è lui ad allontanarsi dalla natura, mentre egli è convinto di seguirla: simile in questo a coloro che si trovano su una nave e credono che quelli che sono a riva stiano fuggendo. Il linguaggio è uguale da tutti i lati. Bisogna avere un punto fisso per giudicare. Il porto giudica quelli che sono sulla nave ma dove troveremo noi un porto nella morale? Riesco facilmente a immaginarmi un uomo senza piedi e testa perché solo l’esperienza c’insegna che la testa è più necessaria dei piedi. Ma non riesco a immaginarmi l’uomo senza pensiero. Sarebbe una pietra o un bruto. L’uomo non è che una canna, la più fragile di tutta la natura ma è una canna pensante. Non c’è bisogno che l’universo intero si armi per schiacciarlo: un vapore, una goccia d’acqua basta a ucciderlo. Ma anche quando l’universo lo schiacciasse, l’uomo sarebbe ancora più nobile di chi lo uccide, perché sa di morire e conosce la superiorità che l’universo ha su di lui. L’universo al contrario non ne sa nulla. Tutta la nostra dignità consiste dunque nel pensiero. E’ con questo che dobbiamo nobilitarlo e non con lo spazio e il tempo che potremmo colmare. Sforziamo di pensar bene: questo è il principio della morale. Il pensiero fa la grandezza dell’uomo. L’uomo è nato per pensare e non c’è un solo momento che il pensiero lo abbandoni. Sta qui tutta la sua dignità e il suo merito e tutto il suo dovere consiste nel pensar come si deve. Ma a che cosa pensa il mondo? Non pensa a danzare, a suonare il liuto, a cantar a scriver versi ma a battersi a diventare re senza pensare che cos’è un re e che cos’è un uomo. Non si rassegna a fare una vita piatta, ha bisogno di novità e di azione ed i pensieri puri che lo renderebbero felice lo abbattono.”La mafia, nasce intorno al 1820. Per pensare davvero? Giammai! Per lucrare. Una vera e propria rete di piccoli centri di potere (le cosche), che mediante le minacce, i ricatti, la violenza organizzata mette sotto controllo le campagne della Sicilia centrale e occidentale, realizzando ampi profitti. L'attività delle cosche si estende poi dalle campagne alle città, investendo altri settori economici e anche quello politico e amministrativo. Nel secondo dopoguerra la mafia dilaga nei settori dei mercati ortofrutticoli e dell'edilizia espandendosi anche all’estero poiché la mafia viene difficilmente combattuta a causa dell’appoggio che essa gode da parte di diversi politici e dall’omertà degli abitanti dei paesi nei quali essa agisce. Leonardo Sciascia definisce la mafia “Un’associazione a delinquere con fini di illecito arricchimento dei propri associati e imposta con violenza tra cittadino e Stato.” Il mafioso ha estrema fiducia nel proprio coraggio ed è insofferente al coraggio altrui “Lunga è la notte e senza tempo. Il cielo gonfio di pioggia non consente agli occhi di vedere le stelle. Non sarà il gelido vento a riportare la luce, né il canto del gallo, né il pianto di un bimbo. Troppo lunga è la notte, senza tempo, infinita. “ La notte di Peppino Impastato non finiva perché tra la sua casa e quella di Tano Badalamenti c’erano cento passi, cento passi soltanto e suo padre finì per considerarlo uno come gli altri, la normalità che può appiattire, che giustifica tutto e così il tempo stagnava nel non agire. Peppino diventa il prototipo dell’eroe romantico dei nostri tempi; il disgusto della realtà in cui viveva, la coscienza della separazione da un sistema corrotto, ne fanno una vittima che vagheggia utopici mondi ideali e si esalta in gesti eroici, anticonformisti che si muovevano con la fretta di cambiare un sistema da lui stesso definito “Una montagna di merda” perché sapeva che non aveva tempo da perdere, anzi non ebbe proprio più tempo quando denunciò la corruzione del suo paese a gran voce, alla Radio in cui lavorava. Fu dilaniato dal tritolo affinché di lui non rimanesse traccia ma né il suo ricordo né il suo pensiero potranno mai cancellarsi sui binari della ferrovia di Cinisi. “Pensai a Peppino, con i pugni in tasca, tra quelle case, perduto con i suoi fantasmi. Infine pensai che è facile morire in fondo alla Sicilia.” (Claudio Fava, “Cinque delitti imperfetti”, Mondatori 1994) "La mafia non è affatto invincibile, è un fatto umano e come tutti i fatti umani ha un inizio e avrà anche una fine. Piuttosto bisogna rendersi conto che è un fenomeno terribilmente serio e molto grave e che si può vincere non pretendendo eroismo da inermi cittadini ma impegnando in questa battaglia tutte le forze migliori delle istituzioni". (Giovanni Falcone)

sabato 5 aprile 2008

Dolce è sentire Baglioni

http://it.youtube.com/watch?v=IBF4g_g-Hzg

Fratello Sole e Sorella Luna

http://it.youtube.com/watch?v=V2L200y_05k

Fratello sole e sorella luna Zeffirelli

http://it.youtube.com/watch?v=g07DEAXH4Dw

What a wonderful word -Amstrong

http://it.youtube.com/watch?v=8Jo29zxDaQ4
Vedo alberi verdi e anche rose rosse le vedo sbocciare per me e per te e penso dentro di me: che mondo meraviglioso.Vedo cieli azzurri e nuvole bianche, giorni di luce benedetta e notti di sacro buio e penso dentro di me: che mondo meraviglioso.I colori dell'arcobaleno così belli nel cielo sono anche sui volti della gente che passa,vedo amici darsi la mano e dirsi come stai ma in realtà vogliono dirsi: ti voglio bene.vedo bambini piangere e diventare grandi ,conosceranno più cose di quante potrò mai conoscere io e penso dentro di me: che mondo meraviglioso,sì, penso dentro di me: è proprio un mondo meraviglioso.
settembre 2005

Imagine Lennon

http://it.youtube.com/watch?v=jEOkxRLzBf0

Immagina non ci sia il Paradiso ,prova, è facileNessun inferno sotto i piedi,Sopra di noi solo il Cielo. Immagina che la gente viva al presente... Immagina non ci siano paesi,non è difficile.Niente per cui uccidere e morire e nessuna religione.Immagina che tutti vivano la loro vita in pace...Puoi dire che sono un sognatore ma non sono il solo Spero che ti unirai anche tu un giorno e che il mondo diventi uno.Immagina un mondo senza possessi,mi chiedo se ci riesci senza necessità di avidità o fame La fratellanza tra gli uomini Immagina tutta le gente condividere il mondo intero...

Puoi dire che sono un sognatore ma non sono il solo Spero che ti unirai anche tu un giorno

Il mio canto libero Battisti

http://it.youtube.com/watch?v=5E6ZOZzV9yY

Lo scriverò nel vento Zecchino d'oro

http://it.youtube.com/watch?v=8pUktUiepKM

Per Elisa di Beethoven

http://it.youtube.com/watch?v=EXVpIHIwYsA

L'autunno di Vivaldi

http://it.youtube.com/watch?v=mZ4Idsk_RYU

L'estate di Vivaldi

http://it.youtube.com/watch?v=O8GC6UkU8rc

l'inverno di Vivaldi

http://it.youtube.com/watch?v=bO5_poxJE-I

mercoledì 2 aprile 2008

LA "FILOSOFIA CRISTIANA"di Prof. D. Mauro Mantovani

Ogni fede ha una sua specifica formulazione e quindi non si può parlare più oltre del rapporto generico fede-filosofia, ma occorre riportarsi ad un campo di fede specifico, enucleato da un soggetto singolo o da un soggetto membro di una collettività specificata da una fede in comune.

In prospettiva cristiana, oggetto di fede il Dio Uni-Trino, creatore, provvidente, trascendente, personale (queste quattro caratteristiche escludono ogni prospettiva immanentistica, dualista, panteista, o deista) che si è rivelato prima indirettamente e poi direttamente in Cristo: questa è una fede trascendente che diventa metro per valutare ed eventualmente confutare altre “fedi” o concezioni del mondo e della vita, tenendo conto, come scrive FR, che “la verità che ci proviene dalla Rivelazione è, nello stesso tempo, una verità che va compresa alla luce della ragione”:
“ il rapporto tra la verità rivelata e la filosofia […] impone una duplice considerazione, in quanto la verità che ci proviene dalla Rivelazione è, nello stesso tempo, una verità che va compresa alla luce della ragione. Solo in questa duplice accezione, infatti, è possibile precisare la giusta relazione della verità rivelata con il sapere filosofico” (FR, n. 35).


Come si pone la filosofia di fronte alla Rivelazione (FR, 75-77)?

La differenza tra una filosofia “autonoma” e una filosofia “separata” (FR, n. 75)
“Si possono distinguere diversi stati della filosofia rispetto alla fede cristiana. Un primo è quello della filosofia totalmente indipendente dalla Rivelazione evangelica: è lo stato della filosofia quale si è storicamente concretizzata nelle epoche che hanno preceduto la nascita del Redentore e, dopo di essa, nelle regioni non ancora raggiunte dal Vangelo. In questa situazione, la filosofia manifesta la legittima aspirazione ad essere un’impresa autonoma, che procede cioè secondo le leggi sue proprie, avvalendosi delle sole forze della ragione. Pur nella consapevolezza dei gravi limiti dovuti alla congenita debolezza dell’umana ragione, questa aspirazione va sostenuta e rafforzata. L’impegno filosofico, infatti, quale ricerca della verità nell’ambito naturale, rimane almeno implicitamente aperto al soprannaturale.
Di più: anche quando è lo stesso discorso teologico ad avvalersi di concetti e argomenti filosofici, l’esigenza di corretta autonomia del pensiero va rispettata. L’argomentazione sviluppata secondo rigorosi criteri razionali, infatti, è garanzia del raggiungimento di risultati universalmente validi. Si verifica anche qui il principio secondo cui la grazia non distrugge, ma perfeziona la natura: l’assenso di fede, che impegna l’intelletto e la volontà, non distrugge ma perfeziona il libero arbitrio di ogni credente che accoglie in sé il dato rivelato.
Da questa corretta istanza si allontana in modo netto la teoria della cosiddetta filosofia «separata», perseguita da parecchi filosofi moderni. Più che l’affermazione della giusta autonomia del filosofare, essa costituisce la rivendicazione di una autosufficienza del pensiero che si rivela chiaramente illegittima: rifiutare gli apporti di verità derivanti dalla rivelazione divina significa infatti precludersi l’accesso a una più profonda conoscenza della verità, a danno della stessa filosofia” (FR, n. 75).

La filosofia cristiana e i suoi due aspetti: soggettivo e oggettivo (FR, n. 76)
“Un secondo stato della filosofia è quello che molti designano con l’espressione filosofia cristiana. La denominazione è di per sé legittima, ma non deve essere equivocata: non si intende con essa alludere ad una filosofia ufficiale della Chiesa, giacché la fede non è come tale una filosofia. Con questo appellativo si vuole piuttosto indicare un filosofare cristiano, una speculazione filosofica concepita in unione vitale con la fede. Non ci si riferisce quindi semplicemente ad una filosofia elaborata da filosofi cristiani, i quali nella loro ricerca non hanno voluto contraddire la fede. Parlando di filosofia cristiana si intendono abbracciare tutti quegli importanti sviluppi del pensiero filosofico che non si sarebbero realizzati senza l’apporto, diretto o indiretto, della fede cristiana.
Due sono, pertanto, gli aspetti della filosofia cristiana: uno soggettivo, che consiste nella purificazione della ragione da parte della fede. Come virtù teologale, essa libera la ragione dalla presunzione, tipica tentazione a cui i filosofi sono facilmente soggetti. Già san Paolo e i Padri della Chiesa e, più vicino a noi, filosofi come Pascal e Kierkegaard l’hanno stigmatizzata. Con l’umiltà, il filosofo acquista anche il coraggio di affrontare alcune questioni che difficilmente potrebbe risolvere senza prendere in considerazione i dati ricevuti dalla Rivelazione. Si pensi, ad esempio, ai problemi del male e della sofferenza, all’identità personale di Dio e alla domanda sul senso della vita o, più direttamente, alla domanda metafisica radicale: «Perché vi è qualcosa?».
Vi è poi l’aspetto oggettivo, riguardante i contenuti: la Rivelazione propone chiaramente alcune verità che, pur non essendo naturalmente inaccessibili alla ragione, forse non sarebbero mai state da essa scoperte, se fosse stata abbandonata a sé stessa. In questo orizzonte si situano questioni come il concetto di un Dio personale, libero e creatore, che tanto rilievo ha avuto per lo sviluppo del pensiero filosofico e, in particolare, per la filosofia dell’essere. A quest’ambito appartiene pure la realtà del peccato, così com’essa appare alla luce della fede, la quale aiuta a impostare filosoficamente in modo adeguato il problema del male. Anche la concezione della persona come essere spirituale è una peculiare originalità della fede: l’annuncio cristiano della dignità, dell’uguaglianza e della libertà degli uomini ha certamente influito sulla riflessione filosofica che i moderni hanno condotto. Più vicino a noi, si può menzionare la scoperta dell’importanza che ha anche per la filosofia l’evento storico, centro della Rivelazione cristiana. Non a caso, esso è diventato perno di una filosofia della storia, che si presenta come un nuovo capitolo della ricerca umana della verità.
Tra gli elementi oggettivi della filosofia cristiana rientra anche la necessità di esplorare la razionalità di alcune verità espresse dalla Sacra Scrittura, come la possibilità di una vocazione soprannaturale dell’uomo ed anche lo stesso peccato originale. Sono compiti che provocano la ragione a riconoscere che vi è del vero e del razionale ben oltre gli stretti confini entro i quali essa sarebbe portata a rinchiudersi. Queste tematiche allargano di fatto l’ambito del razionale.
Speculando su questi contenuti, i filosofi non sono diventati teologi, in quanto non hanno cercato di comprendere e di illustrare le verità della fede a partire dalla Rivelazione. Hanno continuato a lavorare sul loro proprio terreno e con la propria metodologia puramente razionale, ma allargando la loro indagine a nuovi ambiti del vero. Si può dire che, senza questo influsso stimolante della parola di Dio, buona parte della filosofia moderna e contemporanea non esisterebbe. Il dato conserva tutta la sua rilevanza, pur di fronte alla deludente costatazione dell’abbandono dell’ortodossia cristiana da parte di non pochi pensatori di questi ultimi secoli” (FR, n. 76).

La filosofia come “chiamata in causa dalla stessa teologia” (FR, n. 77)
“Un altro stato significativo della filosofia si ha quando è la stessa teologia a chiamare in causa la filosofia. In realtà, la teologia ha sempre avuto e continua ad avere bisogno dell’apporto filosofico. Essendo opera della ragione critica alla luce della fede, il lavoro teologico presuppone ed esige in tutto il suo indagare una ragione concettualmente e argomentativamente educata e formata. La teologia, inoltre, ha bisogno della filosofia come interlocutrice per verificare l’intelligibilità e la verità universale dei suoi asserti. Non a caso furono filosofie non cristiane ad essere assunte dai Padri della Chiesa e dai teologi medievali a tale funzione esplicativa. Questo fatto storico indica il valore dell’autonomia che la filosofia conserva anche in questo suo terzo stato, ma insieme mostra le trasformazioni necessarie e profonde che essa deve subire.
E proprio nel senso di un apporto indispensabile e nobile che la filosofia fu chiamata fin dall’età patristica ancilla theologiae. Il titolo non fu applicato per indicare una servile sottomissione o un ruolo puramente funzionale della filosofia nei confronti della teologia. Fu utilizzato piuttosto nel senso in cui Aristotele parlava delle scienze esperienziali quali «ancelle» della «filosofia prima». L’espressione, oggi difficilmente utilizzabile in forza dei principi di autonomia a cui si è fatto cenno, è servita nel corso della storia per indicare la necessità del rapporto tra le due scienze e l’impossibilità di una loro separazione.
Se il teologo si rifiutasse di avvalersi della filosofia, rischierebbe di far filosofia a sua insaputa e di rinchiudersi in strutture di pensiero poco adatte all’intelligenza della fede. Il filosofo, da parte sua, se escludesse ogni contatto con la teologia, si sentirebbe in dovere di impadronirsi per conto proprio dei contenuti della fede cristiana, come è avvenuto con alcuni filosofi moderni. In un caso come nell’altro, si profilerebbe il pericolo della distruzione dei principi basilari di autonomia che ogni scienza giustamente vuole garantiti”

CONOSCERE "FILOSOFICAMENTE"

Il desiderio di conoscere di tutti gli uomini è proclamato da Aristotele: “Tutti gli uomini desiderano per natura conoscere: ne è prova il diletto che provano per le sensazioni, che hanno indipendentemente da ogni vantaggio per se stesse” (Aristotele, Metafisica I [A], 980a).
Conoscere filosoficamente significa, in ogni problematica, porsi le domande che vanno agli aspetti più radicali e originari, coltivando le caratteristiche essenziali della criticità e della consapevolezza.
Si caratterizza quindi
- per la libertà dalla schiavitù dell’abitudine, del pregiudizio, della tradizione supinamente accettata (la tradizione in sé e per sé, e anche le abitudini possono aiutarci ad agire speditamente, a non dover ricominciare sempre da capo, ad essere previamente garantiti e orientati nel valutare e nel procedere), dalle affermazioni “dogmatiche” ingiustificate, assolutizzazioni ideologiche, dal puro egoismo;
- per il desiderio incessante di ricercare, esaminare, approfondire, selezionare, sintetizzare, essere logici e consequenziali;
- per la vigile ricerca nel cogliere la reale portata dei problemi, nel maturare l’importanza delle idee e della cultura per “osservare” bene la realtà in cui viviamo, diagnosticarne i mali, indirizzarne il cammino verso un futuro più “a misura d’uomo”.
Nella sua accezione più generale il desiderio di sapienza, la conoscenza filosofica, può intendersi dunque come - ricerca dei fondamenti dell’esperienza, - scoperta di una possibile realtà fondante gli accadimenti, - fondazione della inconfutabilità della conoscibilità del reale, - fondazione dell’agire.
Per questo nella sua definizione più generale la filosofia si pone come scienza che indaga sulle cause prime (dal punto di vista ontologico) e ultime (dal punto di vista gnoseologico) della realtà.


La filosofia potrebbe dunque essere definita, in modo più articolato, come:
- un “andare al di là” - che è al tempo stesso un andare “andare al fondo” - dell’orizzonte del quotidiano…
- che si attua mediante la ricerca razionale della verità…
- … dell’intero, vale a dire dell’ente in quanto ente e di ciò che, per il suo rapporto all’ente, costituisce una totalità…
- … così da consentire all’uomo di comprendere il senso della propria vita e di orientare le proprie scelte pratiche.

Il SIGNIFICATO DEL TERMINE FILO-SOFIA



“Uno dei punti su cui i filosofi non sono mai riusciti a raggiungere un accordo è in cosa consista la filosofia stessa”, scrivono R.H. Popkin e A. Stroll nella loro introduzione alla filosofia (Filosofia per tutti).
Per cogliere il significato della filosofia può risultare utile, anzitutto soffermarci sul significato etimologico del termine, che in qualche modo ci riporta all’assunto originario, alla sua esperienza primigenia. Nella sua etimologia, nel significato del nomen, la filosofia indica, come è noto, l’amore alla sapienza.
Il termine sophia (sapienza) almeno fino a Platone (Repubblica) aveva come significato soprattutto la prudenza, la saggezza pratica, l’arte del buon governo della propria vita e/o della vita pubblica. In Socrate indica la conoscenza fattiva del Bene, in Platone la conoscenza del mondo delle idee, la virtù politica di chi regge lo Stato.
Con la distinzione aristotelica tra virtù etiche e virtù dianoetiche, sophia è diventato via via il termine che connotava la “ragione teoretica”, la “conoscenza delle cose necessarie e immutabili”.
Il termine filìa (amore, da fileo) è una delle tre forme con le quali si indica in greco l’amore (eros - filìa - agape). Filìa denota l’amore di amicizia, segnato da una componente di razionalità, e indicante un bene di cui si gode ma che non si possiede ancora in pienezza, e che dunque è desiderabile.
L’uso del termine philosophia oscillò fin da subito tra due poli estremi: da una parte l’identificazione, nella lingua greca, con la cultura in generale, con il desiderio della cultura in generale (paideia: educazione, formazione); d’altra parte è stato usato con accezione specifica, secondo la tradizione, dai pitagorici (prima nel circolo pitagorico di Fliunte, l’attuale Fliuda); con costoro il termine è inteso come amore di un’unica saggezza che solo al divino compete e si espande nell’uomo come desiderio di contemplazione dello spettacolo del mondo; tale termine fu svolto già fin dall’inizio in una pluralità di interpretazioni.
Pitagora parla di sé come “filosofo” (amante del sapere). Gli dèi sono sapienti, e la saggezza compete solo al divino; i filosofi sono “amanti del sapere”, vivendo del desiderio di contemplare “lo spettacolo del mondo”. La vita “è un grande mercato”: c’è chi ci va per fare affari, altri per divertirsi… i filosofi vanno per osservare “disinteressatamente” quanto accade. Nell’opera di Platone riveste già il valore di ricerca metafisica, ma soprattutto come tensione morale: il filosofo a servizio della città. In Aristotele il termine filosofia indica più direttamente la contemplazione del cosmo, il metodo di ricerca scientifica, come insieme della scienza che si qualifica come filosofia prima e filosofia seconda. Via via, quindi, il termine ha assunto anche un significato più “tecnicamente” definito, indicando una specifica disciplina. Basti pensare alla “filosofia prima” aristotelica (i principi primi, le strutture più generali dell’essere, Dio) o a come lo stesso Eraclito, in vari frammenti, parli della contemplazione dei “principi più alti del reale”.
È assai interessante studiare le variazioni del termine nei filosofi antichi, fino agli stoici, e poi analizzare le considerazioni del termine al momento dell’incontro dell’ellenismo con il mondo prima giudaico e poi cristiano.

Lo stupore originario, inizio del filosofare

Se guardiamo alla storia delle culture nel corso dei secoli, sia in Oriente che in Occidente, l’uomo si è sempre interrogato sulla “verità delle cose”, a partire dall’esperienza del suo esistere e degli accadimenti che coinvolgevano la sua vita. Ovunque e in ogni tempo, mano a mano che l’uomo conosce sia la realtà e il mondo attorno a sé, sia se stesso nella sua unicità, gli diventa sempre più impellente la necessità di rispondere alla domanda sul “senso” delle cose e della sua stessa esistenza.
Non a caso sull’architrave del tempio di Delfi era scolpito il monito Conosci te stesso: se si è uomini si è anche “conoscitori di se stessi”, proprio perché ciò che costituisce l’oggetto della nostra conoscenza non rimane per noi un qualcosa di esclusivamente accessorio ed esterno, ma diventa anche - almeno in qualche modo - parte della nostra stessa vita. Basta considerare la storia antica per vedere che in ogni popolo e nelle differenti culture si trovano delle domande di fondo che caratterizzano il percorso individuale e collettivo dell’esistenza umana, che trovano espressione nella letteratura, nell’arte, nelle religioni: CHI SONO?, DA DOVE VENGO E DOVE VADO?, PERCHÉ LA PRESENZA DEL MALE?, CHE COSA CI SARA' DOPO QUESTA VITA?
Di questi interrogativi, che hanno la loro comune scaturigine nella domanda di senso che da sempre urge nel cuore dell’uomo e dalla cui risposta (esplicita o implicita) dipende l’orientamento da imprimere all’esistenza, si occupa - nelle modalità che le sono proprie - anche la filosofia.
Da dove nasce: dall’interrogazione radicale sul senso della vita e dell’esistenza; dalla coscienza della finitezza della nostra vita e della nostra destinazione verso la morte; dalla volontà di capire e di trasformare la realtà, ricercando nuove forme di unità e di sintesi nella conoscenza e nuove opportunità di azione sulla realtà; dal dubbio che ci assale, specie rispetto alle risposte “preconfezionate”; dall’esigenza di “dirigere” con saggezza le nostre scelte e il nostro “stare nel mondo”, affinché non sia prigioniero dell’immediato e del mero istintivo; dalla meraviglia, lo stupore, l’inquietudine e la curiosità che proviamo di fronte a tutto ciò che ci circonda e con cui siamo in rapporto.
Proprio i temi dello stupore e della meraviglia (theorein - thaumazein) sono stati i più comunemente messi in rilievo dai filosofi antichi parlando del sorgere della filosofia.
“Leonte, principe di Fliunte, chiese a Pitagora che cosa significasse «filosofo». Pitagora rispose che […] vi sono alcuni che non tengono in alcun conto il resto e studiano amorosamente la natura. Pitagora chiamava costoro «amanti della saggezza», cioè filosofi” (Cicerone, Tusc. Disp. V, 3, 9).
Platone, nel dialogo tra Teeteto e Socrate si richiama questo stupore originario: “[Teeteto] - In verità, o Socrate, io sono straordinariamente meravigliato di quel che siano queste «apparenze»; e talora se mi fisso a guardarle, realmente, ho le vertigini. [Socrate] - Amico mio, non mi pare che Teodoro abbia giudicato male della tua natura. Ed è proprio del filosofo questo che tu provi, di essere pieno di meraviglia: né altro inizio ha il filosofare che questo: e chi disse che Iride fu generata da Tarmante, non sbagliò, mi sembra nella genealogia” (Platone, Teeteto 155d).
“Spinto dal desiderio di scoprire la verità ultima dell’esistenza, l’uomo cerca di acquisire quelle conoscenze universali che gli consentono di comprendersi meglio e di progredire nella realizzazione di sé. Le conoscenze fondamentali scaturiscono dalla meraviglia suscitata in lui dalla contemplazione del creato: l’essere umano è colto dallo stupore nello scoprirsi inserito nel mondo, in relazione con altri suoi simili dei quali condivide il destino. Parte di qui il cammino che lo porterà poi alla scoperta di orizzonti di conoscenza sempre nuovi. Senza meraviglia l’uomo cadrebbe nella ripetitività e, poco alla volta, diventerebbe incapace di un’esistenza veramente personale” (Fides et ratio, n. 4).
by mondoglitter.it

Che pesce sei?

Un'insegnante spiegando alla classe che in spagnolo, contrariamente all'inglese, i nomi possono essere sia maschili che femminili. "Uno studente chiese: "Di che genere è la parola computer?" Anziché rispondere, l'insegnante divide la classe in due gruppi, maschi e femmine, e gli chiese di decidere tra loro se computer dovesse essere maschile o femminile.A ciascun gruppo chiese inoltre di motivare la scelta con 4 ragioni.Il gruppo degli uomini decise che "computer" dovesse essere decisamente femminile"la computadora"perchè:1.Nessuno tranne il loro creatore capisce la loro logicainterna.2.Il linguaggio che usano per comunicare tra computer èincomprensibile.3.Anche il più piccolo errore viene archiviato nella memoria a lungotermine per possibili recuperi futuri.4.Non appena decidi di comprarne uno, ti ritrovi a spendere metà del tuo salario in accessori.Il gruppo delle donne,invece, concluse che i computer dovessero essere maschili (el computador)perchè:1.Per farci qualunque cosa, bisogna accenderli.2.Hanno un sacco di dati ma non riescono a pensare da soli.3.Si suppone che ti debbano aiutare a risolvere i problemi, ma perla metà delle volte,il problema sono LORO;4.Non appena ne compri uno, ti rendi conto che se avessi aspettatoqualche tempo,avresti potuto avere un modello migliore.Le donne vinsero.