“Dammi tempo, o Signore! Lo so che non finirei mai, ma Signore ti chiedo solo 20 anni perché alcuni non hanno che me, tutto è sulle mie mani. Aspetta! Intanto imparano un mestiere. E il Signore mi ha risposto: “ Chiedi ai tuoi confratelli se sono disposti a restarci altrimenti non ha senso che ti dia tempo. Da solo non potresti farcela.” Nessuno mi ha risposto di no e tutti han dato la loro disponibilità.” Padre Paolino ha settant’anni circa e non ha tempo neanche per stancarsi nella sua terra d’Africa. La sua presenza lì è presenza di Dio. Fa da medico, maestro, sindaco, maresciallo in una terra bistrattata e dimenticata da tutti, in Uganda, più precisamente in una regione a 300 km dall’equatore, 3500 kmq di zona arida, fredda e piena di mosche del sonno, isolata, dove fu mandato dal Vescovo locale perché nessuno voleva rischiare. “ Prova per tre mesi, se non ti trovi bene te ne vai” Nel 2000 l’esplorazione, senza sapere dove dormire, ma con tanta esperienza sulle spalle da altre missioni, poi quasi in fin di vita una capanna, in cui per tutte le notti la lotta tra i topi di città e i topi di campagna diviene unica distrazione spettacolare. Padre Paolino svolge il suo programma come meglio può, celebrando la Santa Messa nella mattinata di domenica. Quando i pomeriggi piove molto sta dentro una stanzetta senza porte e senza finestre dove trascorrerà la notte al freddo e mentre cala l’oscurità zanzare e insetti si raccolgono intorno alla lampada. Qui si ammala di malaria ma, superata la malattia, decide di restare e di lottare per quei bambini da istruire, da sorreggere, da curare, da far diventare grandi, da amare. In totale 150 frazioni, 13000 ragazzi, 450 classi da gestire. In una terra che prima di appartenere ad un posto o ad un pezzo di terreno, senza nessuna assistenza sanitaria se non quella di qualche infermiera per curare le malattie più gravi, si chiede dove sarà ubicata la Chiesa per la messa domenicale. “ Signore, questa gente dove va, senza di noi missionari? Aspetta a portarmi via. Dammi tempo.” Su padre Paolino sono state dette tante cose gratificanti e certamente lodevoli. La sua opera missionaria, lontana da un mondo pieno di confort e perbenismo, dove fare volontariato spesso diventa, alla moda occidentale, un mettersi a posto con la coscienza, è stata pienamente descritta e prospettata già diverse volte; un’opera certamente strutturata alla base dalla visione di umiltà intellettuale del fare per non ricevere nulla in cambio, né lodi personali. La sua figura, centrata su una povertà pagata sulla propria pelle d’anima, si preannuncia senza strepiti, piena di gratitudine per tutti coloro che sostengono, non la sua persona, ma la sua Missione. Un piccolo grande uomo che fin dalla giovane età ha sentito dentro qualcosa che lo spingeva verso una vita diversa da quella che stava vivendo e dalle attività che pensava di svolgere. Gli piaceva fare l’insegnante ma, entrato nel Seminario di Catanzaro si accorse ben presto che cercava qualcos’altro e la via più giusta gli fu indicata da un altro. “Le sue parole penetrarono nel mio cuore” come egli stesso afferma, “come frecce e quando ebbe finito di parlare, avevo finito di cercare. E seguii la mia strada con caparbietà, senza dubbi o ripensamenti”. Lasciato il mio paese mi sentii soffocare perché sapevo che avrei lasciato tutto e tutti col cuore anche se fisicamente sarei tornato. Nel 1958 feci la mia prima promessa che avrei dedicato la mia vita all’Africa, il mio unico amore e per la quale avrei dato tutta la mia vita fino all’ultima goccia di sangue, se necessario. Nel 1960ritornai in Italia per gli studi teologici ed a Giugno dei 1964 il coronamento di tutti i miei sogni: sacerdote e missionario in Africa, in Uganda nella regione del Kigezi dove spesi 25 anni. Fu amore a prima vista. Sentivo di amare quella gente per sempre e così è stato fino ad oggi, e non mi sono ancora stancato, né è venuto meno l’entusiasmo di quel primo giorno, anzi col passare degli anni, tutto è aumentato a dismisura.” Le coordinatrici del volontariato, Elisa Cerchiaro e Donatella Villella da anni si occupano a Pianopoli del recupero delle offerte da inviare alle missioni, con un lodevole e sacrificato impegno condiviso da una grande parte della popolazione e, grazie alla loro ricerca silenziosa e assidua, ottengono ogni anno un numero sempre maggiore di aderenza al sostentamento dei bambini in Africa. Un’intera frazione africana è stata perciò denominata con l’omonimo nome di Pianopoli grazie al contribuito di circa 20.000 euro a partire dal 2001 fino ad oggi. La squadra di calcio degli “Amatori” di Pianopoli, ha promosso la spendida iniziativa con la stesura di un calendario, e la somma raccolta è stata devoluta interamente alla missione. “Con i fondi hanno dato 20 insegnanti alla scuola” sostiene felice Padre Paolino “nonché la possibilità di far studiare una classe intera fino al termine di un ciclo scolastico.” L'origine teologica del termine è la traduzione latina della parola greca apostolo. Un missionario è colui che si impegna a diffondere una religione in aree in cui non è ancora diffusa. Oggi pero' il missionario è anche colui che testimonia la Parola non solo nelle missioni ma anche nel proprio ambito sociale. Non sempre la diffusione della propria religione è il compito principale del missionario, specialmente quando questi operi in zone con elevata eterogeneità culturale. Molti di essi promuovono lo sviluppo economico, l'educazione, la letteratura, la medicina e la cura di orfani e vittime di guerre e conflitti. I missionari hanno inoltre favorito importanti e positivi cambiamenti culturali con l'abbandono di pratiche che sono comunemente considerate barbare o contrarie ai diritti umani, ad esempio forme di tortura, cannibalismo o sacrifici umani.Tuttavia la dottrina cristiana impone alle popolazioni evangelizzate una cultura prettamente 'occidentale', cioè essa non riconosce l'eterogeneità culturale, si impone su una cultura preesistente modificandone gli schemi mentali propri. Per questo atteggiamento etnocida il missionario vive un rapporto conflittuale con l'antropologo. Bisogna altrettanto citare che vi sono esempi di missionari che, talvolta in contrasto con l'apparato ecclesiastico centrale, fondono la cultura esistente nel luogo nel quale sono inviati con il concetto di amore universale proprio della religione (cattolica prevalentemente). Benché nell'accezione comune missionario riguardi prevalentemente il Cristianesimo anche altre religioni con vocazione universale formano missionari.
c.c.p.n°15521883
intestato a : Padre Paolino
presso parrocchia 88040 S. Pietro apostolo
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