“La filosofia è innanzitutto una forza di interrogazione e di riflessione che verte sui grandi problemi della conoscenza e della condizione umana. “
(Edgar Morin, La tete bien faite)
Secondo le ultime stime ufficiali uno studente su tre, con sempre maggiore frequenza tra i banchi di scuola, è stato vittima almeno una volta di atti di bullismo e non si contano più i filmati violenti o di cattivo gusto registrati in classe attraverso telefonini e riversati sui siti internet ma si manifestano anche episodi che arrivano a coinvolgere i professori. Una recente indagine in Italia sul ''bullismo'' nelle scuole superiori ha evidenziato che un ragazzo su due subisce episodi di violenza verbale, psicologica e fisica e il 33% è una vittima ricorrente di abusi. Dai risultati dell’indagine emerge che le prepotenze di natura verbale e psicologica prevalgano rispetto a quelle di tipo fisico: il 42% dei ragazzi afferma di essere stato preso in giro; il 30% ha subito delle offese e il 23,4% ha segnalato di aver subito calunnie; nelle violenze di tipo psicologico, il 3,4% denuncia l'isolamento di cui è stato oggetto, mentre l’11% dichiara di essere stato minacciato. Il termine bullismo è la traduzione italiana dall'inglese "bullying" ed è utilizzato per designare i comportamenti con i quali un singolo o un gruppo, tenta di umiliare o dominare una persona o un altro gruppo. Il termine "bullying" include sia i comportamenti del "persecutore" sia quelli della "vittima" ponendo al centro dell'attenzione la relazione nel suo insieme. "E' il "cyberbullying" - scrive Fioroni - "la nuova forma di prevaricazione, che non consente a chi la subisce di sfuggire o nascondersi e coinvolge un numero sempre più ampio di vittime, è in costante aumento e non ha ancora un contesto definito. Ciò che appare rilevante è che oggi non è più sufficiente educare a decodificare l'immagine perché i nuovi mezzi hanno dato la possibilità a chiunque non solo di registrare immagini ma anche di divulgarle. Di conseguenza la prevenzione ed il contrasto al bullismo sono azioni "di sistema" da ricondurre nell'ambito del quadro complessivo di interventi e di attività generali. Il fenomeno del bullismo si manifesta non solo con molestie fisiche e sessuali tra compagni, ma con violenze di giovani ultrà che trasformano gli stadi in campi di battaglia. Non bastano le misure repressive quali la sospensione dalle lezioni di soli 15 giorni o le multe da pagare, il bullismo è un fenomeno complesso che affonda le sue radici in un profondo disagio esistenziale tipico dell'età adolescenziale e pre-adolescenziale e che va affrontato sotto i differenti aspetti psicologici, sociali, scolastici. : qualsiasi azione di contrasto rischia di rimanere incompiuta se non la affiancheremo con una vera e propria offensiva educativa per i nostri giovani": è quanto ha dichiarato il ministro della Pubblica Istruzione Giuseppe Fioroni presentando al ministero la campagna nazionale contro il bullismo. Le linee di indirizzo del ministro sono contenute in una Direttiva di 13 pagine inviata a tutte le scuole ma che è anche il frutto del lavoro di proposta che le stesse scuole hanno fatto arrivare in questi mesi. "La scuola - scrive Fioroni - è il terminale ultimo su cui convergono tensioni e dinamiche che hanno origine complessa nel nostro sistema sociale, compreso il bullismo, e rappresenta una risorsa fondamentale, l'istituzione preposta a mantenere un contatto non episodico ed eticamente strutturato con i giovani" .L’ atteggiamento del bullo nei confronti del più debole o dei più deboli ha cause che spesso risiedono nell'invidia nei confronti delle vittime, invidia alimentata da un forte complesso adleriano d'inferiorità: il bullo prova piacere nel disturbare, insultare, picchiare o danneggiare nelle cose la "vittima" e continua anche quando è evidente che la vittima sta molto male ed è angosciata. Gli episodi di bullismo si consumano il più delle volte in gruppo di coetanei e diventa il principale punto di riferimento che fornisce ai ragazzi la possibilità di sentire colmato il vuoto lasciato dai legami infantili interni alla famiglia, di condividere conflitti e ansie proprie dell’età, di sperimentare un forte sentimento di appartenenza e di potere. I ragazzi, spesso soli e confusi cercano di difendersi dalla solitudine, dalla frustrazione, dalla “paura” della complessità del mondo che li circonda, rifugiandosi in questa dimensione collettiva in cui trova spazio l’espressione della propria personalità, verso l’indipendenza propria dell’età adulta con legami diversi all’interno della famiglia da quelli dell’infanzia. Tendenze individuali, che si manifestano in una situazione di scarso controllo degli impulsi aggressivi e sessuali messi in atto senza possibilità di elaborazione psichica dove la debolezza, la passività, la fragilità non vengono tollerate perché sono percepite come minaccia alla propria identità personale e per questo “devono” essere combattute con ogni mezzo. Purtroppo sono presenti già nella Scuola Primaria episodi in cui un bambino più forte o più grande o anche un gruppo, minaccia o intimorisce un altro bambino ritenuto più debole o in difficoltà. Ormai siamo abituati a vedere ragazzi e ragazze giovanissimi che sfoggiano comportamenti, abiti, apparecchi elettronici fino a qualche decennio fa riservati ai soli adulti. Il confine tra infanzia e adolescenza si fa sempre più sottile. I cambiamenti sono sempre più repentini e comprensibilmente destano preoccupazioni e timori negli adulti. Giovanissimi sempre più esposti che si troveranno da una parte nell’impossibilità di rivolgersi al mondo infantile ormai precluso, dall’altra di proseguire nel processo di crescita verso un mondo adulto che spaventa per diversi motivi: dalla sessualità alla separazione psicologica dai propri genitori. In quest’impasse l’adolescente può rimanere bloccato in uno stato d’animo di sospensione e di vuoto di pensiero. Quando la crisi si aggrava e non trova soluzione appaiono comportamenti patologici come: l’impossibilità di frequentare la scuola; le fughe; i tentativi di suicidio; i disturbi alimentari le condotte antisociali gli stati di dipendenza (droghe, alcool, abuso di sostanze, dipendenza da videogiochi). Numerosi fattori poi sono legati soprattutto alla sollecitazione da parte degli adulti di una precoce autonomia dei figli o ancora alla notevole influenza che possono avere i mass media in questo periodo che danno sempre più importanza agli aspetti esteriori, all’immagine idealizzata del corpo, all’apparire più che all’essere, al possesso di oggetti concreti anziché all’interiorizzazione di esperienze affettive e culturali. L’esposizione precoce e continuativa a immagini violente ed eccitanti, con la proposta di spettacoli, fiction, cartoni, film, fatti di cronaca, vanno a far leva su rappresentazioni che a questa età sono attive nel segreto del mondo interno dei ragazzi, ma che possono dar loro la sensazione che tutto sia possibile. Vengono sollecitati temi di magia, “poteri”, assenza di limiti, ambiguità sessuali. Tutto questo a scapito di quella regolazione degli affetti e degli impulsi. Talvolta nei genitori emerge la sensazione di “avere un estraneo in casa”: cambi repentini d’umore, diminuzione del proprio rendimento scolastico o chiusura sociale legata alle sole esperienze del gruppo di amici, che si esprimono spesso con il bisogno di imporre il proprio punto di vista e a volte con il rifiuto di tutto ciò che prima sembrava acquisito: valori, religione, abbigliamento. In questo periodo i genitori possono esacerbare le differenze tra il passato e il presente e il rapporto con i figli può essere ostacolato dalle recriminazioni e dalle ansie di controllo o, al contrario, da un atteggiamento eccessivamente permissivo. Non è affatto infrequente infatti, specialmente oggi, che i genitori per non sentirsi esclusi e sorpassati abdichino alle loro funzioni di orientamento e limite. Al contrario i ragazzi, sia pure con modalità ambivalenti, chiedono ai genitori di rimanere un punto di riferimento e di confronto. Nel nostro sistema sociale la scuola rappresenta il luogo non solo dell’apprendimento ma soprattutto l’ambiente in cui ogni bambino (e ragazzo) fa esperienze, amicizie, insomma si forma e cresce. Erroneamente si ha però spesso una sottovalutazione del bullismo: lo si confonde con la normale aggressività del vivere sociale. In realtà quando parliamo di bullismo parliamo di qualcosa di diverso dalla normale conflittualità fra coetanei e diverso anche dagli sporadici episodi di violenza che possono accadere in una comunità. E' vero che le prepotenze ci sono sempre state, ma questo non significa che non abbiano avuto e non abbiano conseguenze negative sulla vita delle persone coinvolte, sia per quanto riguarda le persone prepotenti sia per quanto riguarda chi le subisce. Bisognerebbe rivolgersi all’ équipe psico-medico-pedagogica molto in voga negli anni ’60 ma oggi quasi scomparsa e, anche se ci sono vari disegni di legge, non si è ancora arrivati a definire una legge istitutiva di questo servizio basato su un progetto di intervento teso a fornire consulenza, coordinamento e promozione del benessere per tutti i protagonisti della scuola: alunni al primo posto, ma anche genitori, insegnanti, dirigenti per affrontare tematiche relative alla prevenzione, all’individuazione di specifici bisogni degli alunni o anche per far fronte a situazioni di disagio. Fioroni sottolinea nella Direttiva che "per prevenire e contrastare efficacemente fenomeni di bullismo, di violenza fisica o psicologica che vedono protagonisti una parte dei bambini e degli adolescenti, si deve sostenere e valorizzare il ruolo degli insegnanti, dei dirigenti scolastici e di tutto il personale tecnico ed ausiliario che, quotidianamente e senza "fare notizia", svolgono un'azione meritoria ed impegnativa per la realizzazione della funzione educativa che ciascuna istituzione scolastica autonoma è chiamata ad assolvere nel tessuto sociale in coerenza ai principi ed ai valori comuni della Costituzione italiana. E' alla singola scuola che spetta ricercare la strategia più idonea ed efficace nell'azione di educazione alla cittadinanza e di prevenzione del disagio, che potrà trovare espressione nel Piano dell'Offerta Formativa, documento fondamentale delle scuole autonome. L’istituto comprensivo di Feroleto sta già attuando la Philosophy for Children come strumento insostituibile e centrale per affrontare questi fenomeni è lo studio delle materie curricolari che fornisce agli studenti le capacità per una decodifica approfondita della realtà insieme alla proposta di attività strutturate e coerenti con il percorso di formazione. Il valore educativo dell'esperienza scolastica, infatti, comprende e supera la sola acquisizione di conoscenze e competenze". In tutto questo quadro sociale incerto la filosofia, in particolar modo la P4C di Lipman, intesa come valorizzazione del dialogo in classe, già dai primissimi anni scolastici, a partire dalla scuola dell’Infanzia, può rappresentare un percorso validissimo attivo di prevenzione o addirittura di risoluzione del bullismo perché tiene in considerazione la componente emotivo – affettiva dei bambini/ragazzi i quali discutendo mettono a nudo se stessi, mentre portano nel gruppo paure, idee, emozioni e sentimenti vissuti in prima persona ed imparano a conoscere se stessi e a relazionarsi con gli altri nonché a gestire i propri ed altrui processi emozionali, affettivi e volitivi. Spinoza afferma che solo una seria ricerca filosofica costituisce una vita autentica, intesa come una sfida, da parte dell'insegnate, a livello culturale, sociologica e civica che deve coinvolgere anche i più piccoli per dotarli di una propria capacità critica, che permetta loro di ragionare, di riflettere sulla realtà e di compiere in futuro scelte consapevoli. Se la filosofia è misurata con i problemi reali, è davvero uno strumento di formazione della persona e di indirizzo della vita perché promuove negli alunni la consapevolezza di sé, una crescente autonomia personale, organizzativa, decisionale; il senso della responsabilità personale e collettiva, la capacità di rapportarsi in maniera corretta e collaborativa.
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