Blog informativo sulla P4C

( philosophy for children)

di Lipman

Quando la filosofia dipinge il suo grigio su grigio, allora una figura della vita è invecchiata, e con grigio su grigio essa non si lascia ringiovanire, ma soltanto conoscere; la nottola di Minerva inizia il suo volo soltanto sul far del crepuscolo.


La parola "filosofia" ha come nella sua radice il significato "far crescere". Infatti, c'è solo una cosa che sa stupire e conquistare il nostro cuore: la parola di chi non si limita a inanellare frasi sensate e ben tornite, ma di chi ci porta più in alto o più in profondità.

Che cos'è la filosofia?

“La filosofia è la palingenesi obliterante dell'io subcosciente che si infutura nell'archetipo dell'antropomorfismo universale. “(Ignoto)

Perché la filosofia spiegata ai ragazzi?

I bambini imparano a conoscere e a gestire i propri ed altrui processi emozionali, affettivi e volitivi: imparano a conoscere se stessi e a relazionarsi con gli altri. Una scuola che intende fornire esperienze concrete e apprendimenti significativi, dove si vive in un clima carico di curiosità, affettività, giocosità e comunicazione, non può prescindere dal garantire una relazione umana significativa fra e con gli adulti di riferimento. Questa Scuola ad alto contenuto educativo, non può cadere nel terribile errore di preconizzare gli apprendimenti formali, errore spesso commesso dagli insegnanti che sono più attenti a formare un “bambino-campione”, piuttosto che un bambino sicuro e forte nell'affrontare la vita, o ancora un bambino che abbia acquisito la stima di sé, la fiducia nelle proprie capacità e la motivazione al passaggio dalla curiosità, caratterizzante la Scuola dell'Infanzia, alla ricerca. L'insegnante deve poter provare un “sentimento” per l'infanzia inteso come “sentire”, percepire e prendere consapevolezza dei bisogni reali, affettivi ed educativi propri del bambino che sono altro rispetto ai bisogni degli adulti. Il ruolo dei genitori, degli insegnanti è infatti quello di educare tutti e ciascuno alla consapevolezza di ciò che il bambino “sente” emotivamente e affettivamente, perché è proprio il passaggio dal sentire all'agire che consentirà al futuro uomo di compiere scelte autonome. Un compito importante dell'insegnante è quello di mediare i modi e i tempi di un dialogo strutturato su un piano paritario, in modo tale da consentire ad ogni interlocutore di far emergere il proprio pensiero e di metterlo in relazione con quello degli altri. E' una sfida, da parte dell'insegnate, a livello culturale, sociologica e civica ma che deve coinvolgere anche i più piccoli per dotarli di una propria capacità critica, che permetta loro di ragionare, di riflettere sulla realtà e di compiere in futuro scelte consapevoli Se la filosofia è "presa sul serio", se è misurata con i problemi reali, è davvero uno strumento di formazione della persona e di indirizzo della vita. La filosofia come felicità presente nell'attività del pensiero.

Incontrarsi è una grande avventura

“Non possiamo stare
e vivere da soli,
se così è,
la vita diventa
solitudine monotona.
Abbiamo bisogno dell’altro
per condividere sguardi
di albe e tramonti,
momenti di gioia e dolore.
Abbiamo bisogno dell’altro
che ci aiuta a vedere
e scoprire le cose che da soli
mai raggiungeremo.

Beati quelli che sono capaci
di correre il rischio dell’incontro,
permeandolo di affetto e passioni
che ci fanno sentire più persone
poiché così vivendo
anche gli scontri
saranno mezzi
di un vero incontro.”
(Testo di sr. Soeli Diogo).




Questo romanzo è rivolto, con la più grande speranza e fiducia, a tutte le persone di questa società e soprattutto a quei giovani che si muovono oggi, coi loro passi, senza esserne pienamente consapevoli, verso la scoperta della grande stanza di questo mondo poliedrico e complesso, dalle mille pareti ammaliatrici. Passi che, a dosi esagerate della conquista di una felicità che riempia la stanza del loro cuore, complementare a quella del mondo, lasciano dietro sé molte tracce superficiali che si spazzano via anche con il più debole vento della loro esistenza per poi trascinarli nel giogo del “vuoto”. Che questo romanzo “Un vuoto da decidere” sia loro di aiuto per guardare in faccia, riconoscere, combattere e vincere, con le sole armi dell’amore vero per se stessi e per il mondo, questa strana “malattia” dell’anima che colpisce chi non ha difese e che porta alla conquista di una libertà infedele e subdola.

Se la metto in pratica mi fa vivere tutta un'altra vita, straordinariamente più ricca di quella che avrei ideato fidandomi solo di me.

Solleviamoci, è ora

Noi siamo quelli
che se ne vanno
pieni di vento
e di sole
in deserti
affollati
di illusioni
e non tornano più
abbagliati
da spaccati di vita.

Siamo riflessi
di affetti
profondi.
Pensieri
di fresca rugiada
posata sulla notte
che non conosce
nuvole.

Siamo i sospesi
tra sogno e realtà,
quelli sul sottile confine
tracciato
dai meandri
dei desideri.

Siamo splendide bugie
di una terra
che fatica
ad alzarsi
sui marciapiedi
della vita.

Siamo polvere
di un tempo
inesorabile
che ci riporta
tra le caverne opache
dei ricordi.

Siamo l’urlo
di amici perduti
non ancora tornati,
che raccoglie
sogni lanciati
su nuvole rosa
gonfie di cuore
nel cielo sospeso
della gioventù.

Siamo parole
mai dette
intrappolate
tra i rami
scheggiati
di un inverno
che fatica
nel risveglio.

Siamo vita
che scoppia
nei focolai spenti
accesi dal giorno che nasce
a dispetto di tutto.

Preghiere
Strappate ai silenzi
concessi da un Dio
che non ama
piangersi addosso.

Siamo
l’andata e il ritorno
di noi stessi.

Solleviamoci.
E’ ora.

PAESE MIO

Paese mio
cinto a primavera
di riccioluti gorgheggi
affaccendati
come comari
nel via vai del giorno
ti vai combinando
tra nuvole ariose
all’orizzonte
e sogni fermi
dietro vetri antichi.

Tu non conosci gli anni.

Il tuo grembo
avrà sempre un vecchio
davanti ai tuoi tramonti
aggrappato
ai sapori di campagna
mentre torna stanco
con le zolle in mano
cantando
la fatica della terra.

E non conosci spazi.

Sei tutto lì
che vivi di germogli
seminati
nei cuori della gente
che s’adatta
all’ombra
dell’inverno
mentre fuori
è estate.

Per questo
non ti mancano
i sorrisi
strappati ai vicoli
intrecciati e bui
come strette di mano
nel bisogno
tra calde mura
di camini accesi.


Tra gli alberi d’ulivo
bagnati di sole
che lasciano un’impronta
tra le rughe
dei ricordi

che strada voltando
riporta
inesorabilmente
a te.



mostra di poesie

mostra di poesie
Solleviamoci, è ora


domenica 29 marzo 2009

CALIMERO

http://www.youtube.com/watch?v=BlM--m-AELY

Il ritorno a casa di Ciuffettino( Girotondo)

http://www.youtube.com/watch?v=Qc1maa8iGrI
Nel corso dell’avventura, il ragazzo s’imbatte in strani personaggi e animali temibili come il Lupo Mannaro. Adottato da molti piccoli telespettatori del periodo, simbolo moderato dei fermenti giovanili di fine anni ’60, Ciuffettino rappresenta il personaggio più anticonformista di quegli anni insieme a Gianburrasca.
La sceneggiatura è firmata da Angelo D’Alessandro.
La colonna sonora è composta da Mario Pagano.
I pupazzi che il protagonista incontra nel suo girovagare sono stati ideati da Velia Mantegazza. Tra gli altri interpreti della serie si segnalano: Leonardo Severini, Enzo Guarini, Antonietta Lambroni, Vanna Nardi, Alberto Amato, Pino Cuomo, Federico Scrobogna, Gastone Pescucci, Dina Perbellini.
Nel corso della decima edizione del Festival il Direttore Artistico del Festival, giornalista Franco Mariani, ha recuperato presso l'archivio Rai i 6 episodi che compongono il telefilm, andato in onda nella storica Tv dei Ragazzi della Rai negli anni 70, e mai più riproposto dalla Rai, per proiettarlo a Firenze nello storico studio A della sede Rai della Toscana.
Alla serata del Gran Galà a Villa Basilica è poi intervenuto il mitico Ciuffettino, al secolo Maurizio Ancidoni.

Ciuffettino s'imbatte nel lupo mannaro

http://www.youtube.com/watch?v=bS-AgD44r9o
Nel corso dell’avventura, il ragazzo s’imbatte in strani personaggi e animali temibili come il Lupo Mannaro. Adottato da molti piccoli telespettatori del periodo, simbolo moderato dei fermenti giovanili di fine anni ’60, Ciuffettino rappresenta il personaggio più anticonformista di quegli anni insieme a Gianburrasca.
La sceneggiatura è firmata da Angelo D’Alessandro.
La colonna sonora è composta da Mario Pagano.
I pupazzi che il protagonista incontra nel suo girovagare sono stati ideati da Velia Mantegazza. Tra gli altri interpreti della serie si segnalano: Leonardo Severini, Enzo Guarini, Antonietta Lambroni, Vanna Nardi, Alberto Amato, Pino Cuomo, Federico Scrobogna, Gastone Pescucci, Dina Perbellini.
Nel corso della decima edizione del Festival il Direttore Artistico del Festival, giornalista Franco Mariani, ha recuperato presso l'archivio Rai i 6 episodi che compongono il telefilm, andato in onda nella storica Tv dei Ragazzi della Rai negli anni 70, e mai più riproposto dalla Rai, per proiettarlo a Firenze nello storico studio A della sede Rai della Toscana.
Alla serata del Gran Galà a Villa Basilica è poi intervenuto il mitico Ciuffettino, al secolo Maurizio Ancidoni.

I ragazzi di Padre Tobia film di 40 anni fa

http://www.youtube.com/watch?v=57iahRBqOos

Ciuffettino film di 40 anni fa

http://www.youtube.com/watch?v=s1BFPukWkZA

Nel corso dell’avventura, il ragazzo s’imbatte in strani personaggi e animali temibili come il Lupo Mannaro. Adottato da molti piccoli telespettatori del periodo, simbolo moderato dei fermenti giovanili di fine anni ’60, Ciuffettino rappresenta il personaggio più anticonformista di quegli anni insieme a Gianburrasca.
La sceneggiatura è firmata da Angelo D’Alessandro.
La colonna sonora è composta da Mario Pagano.
I pupazzi che il protagonista incontra nel suo girovagare sono stati ideati da Velia Mantegazza. Tra gli altri interpreti della serie si segnalano: Leonardo Severini, Enzo Guarini, Antonietta Lambroni, Vanna Nardi, Alberto Amato, Pino Cuomo, Federico Scrobogna, Gastone Pescucci, Dina Perbellini.
Nel corso della decima edizione del Festival il Direttore Artistico del Festival, giornalista Franco Mariani, ha recuperato presso l'archivio Rai i 6 episodi che compongono il telefilm, andato in onda nella storica Tv dei Ragazzi della Rai negli anni 70, e mai più riproposto dalla Rai, per proiettarlo a Firenze nello storico studio A della sede Rai della Toscana.
Alla serata del Gran Galà a Villa Basilica è poi intervenuto il mitico Ciuffettino, al secolo Maurizio Ancidoni.

martedì 17 marzo 2009

C'era un bambino che usciva W.Wihtman

http://www.youtube.com/watch?v=etgZ2lyUMF4

I versi di Walt Whitman colgono gran parte di ciò che sappiamo sui bambini e la creatività: per
loro, la vita stessa è un’avventura creativa.
Le esplorazioni più elementari compiute dal bambino nel suo mondo sono di per se stesse degli
esercizi creativi per risolvere dei problemi. In questa fase il bambino intraprende un processo di
invenzione di se stesso destinato a durare tutta la vita. In questo senso, ogni bambino reinventa laparola, il movimento, l’amore; riscopre l’arte, in quel suo primo scarabocchio che chiama
“cagnolino”; e quando scopre il piacere di plasmare un pezzo d’argilla dandogli la forma di un
serpente, eccolo fondare una nuova scultura.Il seme della creatività e già lì, nel bambino di pochi mesi, nel suo desiderio nel suo impulso adesplorare, a fare scoperte sulle cose, a provare e sperimentare modi diversi di manipolare e osservare gli oggetti. Quando crescono, poi, i bambini cominciano a creare, nel gioco, interiuniversi di realtà. Una lavatrice viene consegnata in un’enorme scatola di cartone. I bambini giocheranno con la scatola per settimane, strisciandoci dentro e fuori e continuando a reinventarla: oggi é la tana di unorso, domani una gondola, oppure una mongolfiera che si libra sulla campagna – in pratica qualunque cosa, fuorché l’imballaggio vuoto in cui hanno consegnato la lavatrice nuova. Le esperienze creative che facciamo durante l’infanzia modellano gran parte di ciò che faremo poi da adulti- dal lavoro alla vita familiare. La vitalità – a dire il vero - la stessa sopravvivenza della nostra società- dipende dalla sua capacità di educare giovani avventurosi in grado di risolvere i problemi in modo innovativo.
I genitori possono incoraggiare o sopprimere la creatività dei propri figli sia nell’ambiente
domestico, sia attraverso le aspettative e le pretese che hanno nei confronti della scuola.
Ma la naturale curiosità e il piacere tipici dell’infanzia sono solo una parte della storia. Quante più
cose impariamo sulla creatività, tanto più é chiaro che a preparare la strada ad una vita creativa é l’attrazione precoce del bambino per una particolare attività.
Se riusciamo ad evitare la concezione tradizionale, tanto limitata, dell’intelligenza e del profitto, ci
rendiamo conto che durante l’infanzia lo spirito creativo può essere alimentato in molti modi. Ma
per farlo dobbiamo partire da una comprensione elementare dello sviluppo umano.
Se non é necessario insegnare ai bambini ad essere creativi, é perché la creatività é un requisito
essenziale per la sopravvivenza umana.
[tratto da, Lo spirito creativo, ed. Mondolibri 1999]

martedì 10 marzo 2009

Luoghi di San Francesco di Paola




Francesco di Paola (Paola, 27 marzo 1416Tours, 2 aprile 1507) è stato un religioso italiano, proclamato santo da papa Leone X nel 1519. Eremita, è il fondatore dell'Ordine dei Minimi.
È il patrono principale della Calabria, dov'è venerato in innumerevoli santuari e chiese fra i quali, in particolare, quelli di Polistena (Reggio Calabria), Paterno Calabro (Cosenza), Corigliano Calabro (Cosenza) Marina Grande di Scilla, Catona di Reggio Calabria e Lamezia Terme-Sambiase (che custodisce la reliquia di un dito di san Francesco). Attualmente, parte delle sue reliquie si trovano presso il Santuario di San Francesco di Paola, meta di pellegrini devoti, provenienti da tutto il mondo.Francesco da Paola nacque a Paola (Cosenza), il 27 marzo 1416 da Giacomo Martolilla e Vienna da Fuscaldo, una coppia di coniugi dalla salda fede cattolica, devoti, in particolare, a San Francesco d'Assisi, all'intercessione del quale, pur trovandosi già in età avanzata, chiesero la grazia di un figlio. Nato, dunque, il primogenito, fu per loro spontaneo imporgli il nome di Francesco. Al primo si aggiunsero, presto, altri tre figli. Da bambino, Francesco contrasse una forma grave d'infezione ad un occhio, tanto che i genitori si rivolsero nuovamente in preghiera al "poverello d'Assisi", promettendogli, in caso di guarigione, che il piccolo avrebbe indossato per un anno intero (il cosiddetto famulato) l'abitino dell'ordine francescano. l decorso della malattia fu rapido.
Fin da piccolo, Francesco fu particolarmente attratto dalla pratica religiosa, denotando umiltà e docilità all'obbedienza.
All'età di tredici anni narrò della visione di un frate francescano che gli ricordava il voto fatto dai genitori. Accolto nel convento francescano di San Marco Argentano (Cosenza), vi rimase per un anno, adempiendo alla promessa dei genitori.
L'anno di famulato evidenziò le attitudini mistiche del giovane, compresi quei fenomeni soprannaturali che accompagneranno tutta la sua biografia, aumentandone la fama in vita ed il culto dopo la morte. Durante quest'anno di dedizione al convento, il piccolo Francesco si adoperò nell'osservanza regolare e nello sbrigare le mansioni umili della casa come la pulizia dei pavimenti, la cucina, il servizio della mensa e la questua, e praticava già molti digiuni e astinenze.
Concluso l'anno, i frati di San Marco Argentano avrebbero voluto trattenerlo, ma Francesco conservava il desiderio di conoscere anche altre modalità di vita consacrata prima di fare la sua scelta. Nel 1430 svolse, con la famiglia, un lungo pellegrinaggio che, avendo Assisi come mèta principale, coinvolse alcuni dei principali centri della spiritualità cattolica italiana: Loreto, Roma e Montecassino, toccando anche i romitori del Monte Luco.
Lo sfarzo della Città Eterna lo impressionò negativamente, spingendolo, sembra, a redarguire un cardinale, al quale fece notare che Gesù non aveva avuto abiti così sontuosi.
Rientrato a Paola, iniziò un periodo di vita eremitica, utilizzando un luogo impervio compreso nelle proprietà della famiglia e suscitando lo stupore dei paolani.
Nel 1435, altri si associarono a questa esperienza, riconoscendolo come guida spirituale.
Con i suoi, costruì una cappella e tre dormitori, dando, di fatto, inizio all'esperienza, tutt'ora in corso, dell'Ordine dei Minimi.
Alle prime adesioni, se ne aggiunsero molte altre, tanto che il 31 agosto 1452 il nuovo Arcivescovo di Cosenza, monsignor Pirro Caracciolo, concesse l'approvazione diocesana, atto che comportava la facoltà di istituire un oratorio, un monastero ed una chiesa.
E proprio l'edificazione del nuovo monastero fu l'occasione che i concittadini di Francesco utilizzarono per attestargli la loro profonda stima: persino i nobili paolani fecero da operai per affrettarne la costruzione.
La fama di santità di Francesco si diffuse rapidamente, tanto che nel 1467 Papa Paolo II inviò a Paola un suo emissario per avere notizie sull'eremita calabrese.
Rientrato a Roma, l'inviato pontificio, monsignor Baldassarre De Gutrossis, presentava un rapporto obiettivo sulla vita di preghiera ed austerità che pervadeva il monastero.
Il 4 luglio dello stesso anno, quattro cardinali firmarono la lettera che concedeva l'indulgenza a coloro che avrebbero contribuito alla costruzione della chiesa del monastero di Paola, nonché a coloro che l'avrebbero visitata.
Nel 1470 ebbe inizio il procedimento giuridico-canonico per l'approvazione definitiva del nuovo ordine di eremiti. La "causa paolana" fu patrocinata da monsignor Baldassarre da Spigno.
Il 17 maggio 1474, Papa Sisto IV riconosceva ufficialmente il nuovo ordine con la denominazione: Congregazione eremitica paolana di San Francesco d'Assisi.
Il riconoscimento della regola di estrema austerità venne invece con Papa Alessandro VI, in concomitanza col mutamento del nome in quello, ancora attuale, di Ordine dei Minimi.
Con l'approvazione, gli eremitaggi, sul modello di quello di Paola, fiorirono in Calabria e Sicilia.
Paterno Calabro, nel 1472, Spezzano della Sila, nel 1474, Corigliano Calabro, nel 1476, e Milazzo, nel 1480, furono gli apripista.
Francesco, che nel frattempo aveva trovato stabile dimora a Paterno Calabro, divenne, quindi, un punto di riferimento essenziale per la gente e per i poveri della sua terra.
A lui ci si rivolgeva per consigli di carattere spirituale ma anche per consigli più prettamente pratici. Fra i fenomeni soprannaturali attribuiti a Francesco vi è quello della guarigione di un ragazzo affetto da un'incurabile piaga ad un braccio, sanata con delle banali erbe comuni; lo sgorgare miracoloso dell'acqua della "Cucchiarella", che Francesco fece scaturire colpendo con il bastone una roccia presso il convento di Paola e che ancora è meta di pellegrinaggi; le pietre del miracolo che restarono in bilico mentre minacciavano di cadere sul convento ("Fermatevi, per carità"). Ma il "miracolo" più famoso è certamente quello noto come l'attraversamento dello Stretto di Messina sul suo mantello steso, dopo che il barcaiolo Padron Maso si era rifiutato di traghettare gratuitamente lui ed alcuni seguaci, che ha contribuito a determinarne la "nomina" a patrono della gente di mare d'Italia. Altro "carisma" attribuito al santo eremita fu la profezia, come quando previde che la città di Otranto sarebbe caduta in mano ai turchi nel 1480 e riconquistata dal re di Napoli.La notizia delle sue doti di santità e taumaturgia raggiunse anche la Francia, tramite i mercanti napoletani, arrivando al re Luigi XI il quale, ammalatosi gravemente, lo mandò a chiamare chiedendogli di visitarlo.
Francesco era molto restio all'idea di lasciare la sua gente bisognosa tanto da indurre il sovrano francese ad inviare un'ambasceria presso il Papa affinché ordinasse a Francesco di recarsi presso di lui. Il Papa e il re di Napoli colsero l'occasione per rinsaldare i fragili rapporti con l'allora potentissima Francia, intravvedendo, in prospettiva, la possibilità di raggiungere un accordo per abolire la Prammatica Sanzione di Bourges del 1438.
Ci vollero alcuni mesi però per convincere Francesco a lasciare la sua terra per attraversare le Alpi, e ad abbandonare il suo stile di vita austero, per passare a vivere in un palazzo reale.
Il 2 febbraio 1483, partendo da Paterno Calabro, Francesco lasciò la Calabria alla volta della Francia. Passò per Napoli dove fu accolto da una grande folla acclamante e dallo stesso re Ferdinando I. A Roma incontrò diverse volte Papa Sisto IV che gli affidò diversi incarichi. Si imbarcò quindi a Civitavecchia per la Francia.
Al suo arrivo presso la corte, nel Castello di Plessis-lez-Tours, Luigi XI gli si inginocchiò. Egli non lo guarì dal male ma l'azione di Francesco portò ad un miglioramento dei rapporti tra la Francia e il Papa.Francesco visse in Francia circa venticinque anni e seppe farsi apprezzare dal popolo semplice come dai dotti della Sorbona.
Molti religiosi francescani, benedettini ed eremiti, affascinati dal suo stile di vita, si aggregarono a lui anche in Francia, contribuendo all'universalizzazione del suo ordine.
Questo comportò gradualmente il passaggio da un puro eremitismo ad un vero e proprio cenobitismo, con la fondazione di un secondo ordine (per le suore) ed un terzo (per i laici). Le rispettive regole furono approvate da Papa Giulio II il 28 luglio 1506.
Il re Carlo VIII, successore di Luigi XI, stimò molto Francesco e contribuì alla fondazione di due monasteri dell'Ordine dei Minimi, uno a Plessis-les-Tours ed uno sul monte Pincio a Roma.
Nel 1498, alla morte di Carlo VIII, ascese al trono Luigi XII che, benché Francesco chiedesse di tornare in Italia, non lo concesse.Dopo aver trascorso gli ultimi anni in serena solitudine, morì in Francia a Plessis-les-Tours il 2 aprile 1507. Approssimandosi la sua fine, chiamò a sé i suoi confratelli sul letto di morte, esortandoli alla carità vicendevole e al mantenimento dell'austerità nella regola. Provvide alla nomina del vicario generale ed infine, dopo avere ricevuto i sacramenti, si fece leggere la Passione secondo Giovanni mentre la sua anima spirava.
Fu canonizzato nel 1519, a soli dodici anni dalla morte durante il pontificato di Papa Leone X (al quale predisse l'elezione al soglio pontificio quando questi era ancora bambino), evento molto raro per i suoi tempi.Nel 1562, degli ugonotti forzarono la sua tomba, trovarono il corpo incorrotto e vi diedero fuoco.
La sua festa si celebra il 2 aprile, giorno della sua nascita al Cielo. Tuttavia, non potendosi spesso celebrare come festa liturgica perché quasi sempre ricorre in Quaresima, la si festeggia ogni anno a Paola nell'anniversario della sua canonizzazione, che avvenne il 1 maggio del 1562. La notizia, però, arrivò a Paola tre giorni dopo; per questo i festeggiamenti si tengono dall'1 al 4 maggio.
Il 2 aprile 2007 ricorreva il quinto centenario della morte, ai festeggiamenti del quale il presidente della Giunta regionale della Calabria, Agazio Loiero, aveva ufficialmente invitato papa Benedetto XVI, il quale ha inviato a Paola un proprio rappresentante.Il 7 febbraio 2008 la cittadinanza di Paola, insieme alle gioiellerie della Città, alla presenza del nuovo Correttore Provinciale dell'Ordine e del maestro orafo Gerardo Sacco, hanno fuso insieme l'oro usato raccolto in beneficenza per omaggiare il Patrono della Calabria, con la nuova Chiave della Città, in segno di riconoscenza nell'Anno del V Centenario.Inoltre il paese di Longobardi ha offerto la custodia per la Chiave, come segno tangibile della vicinanza con Paola e con San Francesco. Il 2 aprile 2008 è stata sancita la chiusura ufficiale dei solenni festeggiamenti del Pio Transito del Santo, ed è stata offerta la Chiave con lo Scrigno, ed inoltre l'Amministrazione Comunale di Paola ha offerto il nuovo Bastone argenteo per il busto del Santo, sempre realizzato dal maestro Sacco.

domenica 8 marzo 2009

Fiaba filosofica

http://www.youtube.com/watch?v=NfNU30tzJzM

Luogo della Memoria Sambiase

http://www.youtube.com/watch?v=xtqpzpjHgLw


Luogo della Memoria
Museo delle genti lametine
Prof. Umberto Zaffina
Nei caratteristici vicoli di Sambiase, secolari spazi comuni in cui si estendevano di fatto le case e le botteghe artigiane, nasce Il Luogo della Memoria, creato 10 anni fa, con grande senso della storia ed amore per la propria terra e la sua cultura contadina, dal prof. Umberto Zaffina. Il museo rappresenta un recupero fondamentale della più tipica tradizione sambiasina. Foto, libri, arredi, ambienti domestici fedelmente ricostruiti, ridanno vita al passato, di una comunità che ha lasciato impronte indelebili nella evoluzione del paese affinchè Sambiase diventi un paese con una memoria dove chi è morto non è morto per sempre, chi è emigrato non è emigrato per sempre. A ricordarlo sono le ombre, metafora dell’esistenza, che sfilano lungo i muri del museo per rappresentare ogni persona che ha lasciato il suo paese. Il Luogo della Memoria non è una semplice esposizione di manufatti museali, ma una visione reale della vita di un tempo, la perfetta identificazione di quel modello di cultura. Risorsa preziosa e punto di riferimento per gli studiosi e per le scuole, il luogo della memoria è da considerare un bene comune. Umberto Zaffina, insegnante di inglese ormai in pensione da molti anni, è l’ ideatore e il proprietario in cui ha ritrovato il senso della sua quotidianità raccogliendo meticolosamente gli oggetti del passato, luogo dove l’antico e la leggenda si intrecciano con la credenza e l’arte, dove specchi consunti si riflettono con le macchine digitali degli alunni che scattano foto a loro volta fonti da interpretare nel percorso scolastico. Qui ha riunito in sette sale quasi mille oggetti propri dell'arredo familiare distinti per gruppi tematici (stanza da letto, cucina, lavori agricoli e artigianato) e una piccola biblioteca contenente archivi, fototeca e documenti cartacei ; nelle camere le classiche "casce" da corredo, un telaio, "stipi" e pignate; “Mediatori del passato con il presente gli oggetti sono anche materialmente della nostra speranza di sopravvivenza all’insidia del giorno”. (Satriani Luigi). Ogni oggetto è un oggetto da interrogare con umiltà nel silenzio del “magazzinu, da cambara e do tavulatu” i locali principali ."Il futuro ci sta alle spalle" (Hannah Arendt)e allo stesso modo <> è quanto il professore Zaffina ha spiegato ai bambini tra le stanze del museo dove risuona in modo altisonante anche la memoria del celebre poeta sambiasino Franco Costabile con i suoi testi originali “ La rosa nel bicchiere “ e “ La via degli Ulivi” poeta dalla calabresità avvolta in una sorta di nevrosi esistenziale che lo porterà alla morte. Ogni angolo, dunque, è dedicato agli strumenti per la lavorazione dell’olio, del ferro, della latta, della falce fienaia e granaia per mietere il grano e il fieno, del muratore con le carriole per la calce, del calzolaio dove ci sono le scarpe di cartone che i poveri indossavano nel passaggio del fiume Acheronte al regno dei morti, per abbellirsi e presentarsi in maniera elegante davanti al Padre, del falegname e del giogo dove attaccavano i buoi al carro. Ogni oggetto nel museo era ed è sacro, ogni strumento di lavoro apparteneva agli dei e maltrattare quell’arnese era peccato: il giogo ormai in disuso non bisognava bruciarlo o in punto di morte c’era la punizione degli dei e non si riusciva a morire in pace. Allora si andava alla ricerca di un giogo da mettere sul guanciale, sotto la testa del moribondo, per ridargli la serenità del viaggio senza ritorno e riscattarsi dal peccato commesso. In Quaresima si attaccavano le bambole di pezza che simboleggiavano le sette domeniche da Carnevale a Pasqua: Anna, Susanna, Rebecca, Diana, Lazzara, Parma, Santa e se ne toglieva una alla volta man mano che scorrevano le domeniche. I telai raccontano la trama delle mani pazienti che intrecciavano l’ordito del matassaro. I giochi del passato sono stati gli oggetti preferiti dalla fantasia dei bambini che ricostruiscono un passato agonizzante e anelante di spazi che non si riconoscono più, spazi del corpo, della mente della strada e della socialità in una nostalgia irrazionale di un qualcosa che si sa che non si può avere perché appartiene solo alla fiaba del tempo.
by mondoglitter.it

Che pesce sei?

Un'insegnante spiegando alla classe che in spagnolo, contrariamente all'inglese, i nomi possono essere sia maschili che femminili. "Uno studente chiese: "Di che genere è la parola computer?" Anziché rispondere, l'insegnante divide la classe in due gruppi, maschi e femmine, e gli chiese di decidere tra loro se computer dovesse essere maschile o femminile.A ciascun gruppo chiese inoltre di motivare la scelta con 4 ragioni.Il gruppo degli uomini decise che "computer" dovesse essere decisamente femminile"la computadora"perchè:1.Nessuno tranne il loro creatore capisce la loro logicainterna.2.Il linguaggio che usano per comunicare tra computer èincomprensibile.3.Anche il più piccolo errore viene archiviato nella memoria a lungotermine per possibili recuperi futuri.4.Non appena decidi di comprarne uno, ti ritrovi a spendere metà del tuo salario in accessori.Il gruppo delle donne,invece, concluse che i computer dovessero essere maschili (el computador)perchè:1.Per farci qualunque cosa, bisogna accenderli.2.Hanno un sacco di dati ma non riescono a pensare da soli.3.Si suppone che ti debbano aiutare a risolvere i problemi, ma perla metà delle volte,il problema sono LORO;4.Non appena ne compri uno, ti rendi conto che se avessi aspettatoqualche tempo,avresti potuto avere un modello migliore.Le donne vinsero.