Se la metto in pratica mi fa vivere tutta un'altra vita, straordinariamente più ricca di quella che avrei ideato fidandomi solo di me.
Solleviamoci, è ora
Noi siamo quelli
che se ne vanno
pieni di vento
e di sole
in deserti
affollati
di illusioni
e non tornano più
abbagliati
da spaccati di vita.
Siamo riflessi
di affetti
profondi.
Pensieri
di fresca rugiada
posata sulla notte
che non conosce
nuvole.
Siamo i sospesi
tra sogno e realtà,
quelli sul sottile confine
tracciato
dai meandri
dei desideri.
Siamo splendide bugie
di una terra
che fatica
ad alzarsi
sui marciapiedi
della vita.
Siamo polvere
di un tempo
inesorabile
che ci riporta
tra le caverne opache
dei ricordi.
Siamo l’urlo
di amici perduti
non ancora tornati,
che raccoglie
sogni lanciati
su nuvole rosa
gonfie di cuore
nel cielo sospeso
della gioventù.
Siamo parole
mai dette
intrappolate
tra i rami
scheggiati
di un inverno
che fatica
nel risveglio.
Siamo vita
che scoppia
nei focolai spenti
accesi dal giorno che nasce
a dispetto di tutto.
Preghiere
Strappate ai silenzi
concessi da un Dio
che non ama
piangersi addosso.
Siamo
l’andata e il ritorno
di noi stessi.
Solleviamoci.
E’ ora.
PAESE MIO
Paese mio
cinto a primavera
di riccioluti gorgheggi
affaccendati
come comari
nel via vai del giorno
ti vai combinando
tra nuvole ariose
all’orizzonte
e sogni fermi
dietro vetri antichi.
Tu non conosci gli anni.
Il tuo grembo
avrà sempre un vecchio
davanti ai tuoi tramonti
aggrappato
ai sapori di campagna
mentre torna stanco
con le zolle in mano
cantando
la fatica della terra.
E non conosci spazi.
Sei tutto lì
che vivi di germogli
seminati
nei cuori della gente
che s’adatta
all’ombra
dell’inverno
mentre fuori
è estate.
Per questo
non ti mancano
i sorrisi
strappati ai vicoli
intrecciati e bui
come strette di mano
nel bisogno
tra calde mura
di camini accesi.
Tra gli alberi d’ulivo
bagnati di sole
che lasciano un’impronta
tra le rughe
dei ricordi
che strada voltando
riporta
inesorabilmente
a te.
mostra di poesie
Solleviamoci, è ora
lunedì 24 settembre 2007
DANIEL DE FOE "Robinson Crusoe
“Che strana opera della Provvidenza dell’uomo! ….Io che avevo un unico motivo di rammarico e cioè la lontananza dal consorzio umano; io, che mi lamentavo d’esser solo, circondato dall’oceano infinito, perfettamente isolato dal mondo e condannato ad una vita silenziosa; io che il Cielo forse non credeva degno di far parte del genere umano; io che avrei creduto di resuscitare a nuova vita, se avessi incontrato un mio simile, e avrei considerato, questa grazia come una suprema benedizione di salvezza inviatami dal Cielo, io tremavo ora al solo pensiero d’incontrarmi con un altro uomo, e avrei preferito inabissarmi, piuttosto che vedere la sola ombra o la prova silenziosa della presenza d’un altro individuo sul suolo che calpestavo. Tale è l’incontentabilità del genere umano…Riflettei che se Dio giusto e onnipotente aveva creduto bene di punirmi, egli poteva anche salvarmi, e se non credeva di farlo io avevo l’assoluto dovere di rassegnarmi completamente alla sua volontà….rivolgergli le mie preghiere e attendere pazientemente…
DANIEL DE FOE
***
L’isola è separata dal resto del mondo. E’ un cosmo a sé. Sull’isola le lancette dell’orologio scorrono a modo loro. L’isola non si attiene a orari ma a stagioni, e il tempo a bassa e alta marea. Sull’isola si vive in sintonia con la natura, si scopre se stesso avulso dalla società, un Io che in sé infuria e riposa. A volte però l’isola è metafora della disperazione, di prigionia a prova di evasione. La fuga dal mondo diventa una sciagura se si dimentica il biglietto di ritorno. Ma la prima cosa che fa Robinson Crusoe, dopo essersi messo in salvo, è costruire una fortificazione di palizzate perché lui è un ottimista e, ad ogni circostanza sfortunata, riesce a contrapporre un’argomentazione confortante, secondo il metodo per eccellenza del contraddire (antirrhesis) che ha lo scopo di eliminare ciò che turba, adottato da molti monaci orientali. La sua disgrazia non gli impedisce di agire. Intraprende la lotta per la sopravvivenza, come una rana caduta nel vaso della panna. Si crea una famiglia di animali, addirittura un hobby per il tempo libero e una routine di lavoro. Vince l’isolamento non combattendolo, ma accettandolo e dandogli un senso. Si costruisce un nuovo sistema di valori, adeguato alla situazione tanto che dice di sé “ ero il signore di tutto quel territorio e potevo eleggermi re e imperatore dell’intera isola”. Il naufragio gli appare, dopo la lettura della Bibbia che aveva trovato sulla nave, frutto di un disegno divino per sottrarsi dall’influsso negativo della società e potersi redimere. Coltiva la sua solitudine per trarne forza e un nuovo Sé. Vince il suo isolamento procedendo verso la trascendenza tanto che, quando Robinson arriva in Europa, dichiara di sentirsi meno sicuro tra la "gente civile" e molto meno felice di quando viveva sull'isola, nonostante le peripezie e la terribile solitudine. Ciò dimostra che l’essere umano non ha soltanto un’indole sociale e le relazioni non sono l’unica panacea. L’essere umano non è solo pane ed orgasmo ma è molto di più e vuole di più. In solitudine l’uomo si abbandona al silenzio cosmico e abbraccia l’eternità come ci hanno dimostrato Buddha, Gesù, i Padri del deserto, Rousseau, Nietzsche, Wittgenstein ed altri che hanno ritrovato un tesoro spirituale nel silenzio, con lo stupore su un viso sereno. Nell'affrontare la natura, che non sempre gli è favorevole, Robinson si pone i grossi problemi dell'anima, dell'essere e del non essere, della vanità del mondo e del valore della meditazione e della solitudine. Robinson, per trascorrere il tempo, mette su carta il male e il bene della sua posizione, concludendo che il bene è superiore al male.. Con il suo romanzo Defoe riesce a cogliere, come motivo universale, il problema dell'uomo solo, davanti alla natura e a Dio, nobilitandolo con la ragione che può, secondo i ricordi cristiani o biblici della creazione, dargli il dominio sulle cose. Il carattere di Robinson a volte ci appare piatto e un po' calcolatore forse perché manca della spontaneità e delle emozioni di Venerdì., archetipo del buon selvaggio il quale fu preso a modello dallo stesso Jean-Jacques Rousseau a cui ispirò in parte le teorie pedagogiche dell'Emilio. Il romanzo prende ispirazione da un fatto vero accaduto ad un certo Alexander Selkirk che aveva trascorso quattro anni e quattro mesi su un'isola deserta in solitudine. Robinson Crusoe, pubblicato nel 1719, è considerato il capostipite del moderno romanzo d'avventura.. Daniel Defoe nacque in un sobborgo londinese, nei pressi di Cripplegate.; Daniel modificò il proprio cognome da "Foe" al più aristocratico "Defoe" Defoe non era in realtà interessato a creare o sviluppare il romanzo a fini letterari. Egli era soprattutto un giornalista e un saggista: quando scrive il suo capolavoro, il Robinson, aveva già 58 anni. Inoltre, pubblicò i suoi romanzi cercando, in generale, di farli passare per storie vere (memoriali e autobiografie) per renderli più appetibili al pubblico dell'epoca (non si deve dimenticare che il motivo principale per cui Defoe scriveva era, a quanto pare, la necessità di pagare i propri debiti).
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