Se la metto in pratica mi fa vivere tutta un'altra vita, straordinariamente più ricca di quella che avrei ideato fidandomi solo di me.
Solleviamoci, è ora
Noi siamo quelli
che se ne vanno
pieni di vento
e di sole
in deserti
affollati
di illusioni
e non tornano più
abbagliati
da spaccati di vita.
Siamo riflessi
di affetti
profondi.
Pensieri
di fresca rugiada
posata sulla notte
che non conosce
nuvole.
Siamo i sospesi
tra sogno e realtà,
quelli sul sottile confine
tracciato
dai meandri
dei desideri.
Siamo splendide bugie
di una terra
che fatica
ad alzarsi
sui marciapiedi
della vita.
Siamo polvere
di un tempo
inesorabile
che ci riporta
tra le caverne opache
dei ricordi.
Siamo l’urlo
di amici perduti
non ancora tornati,
che raccoglie
sogni lanciati
su nuvole rosa
gonfie di cuore
nel cielo sospeso
della gioventù.
Siamo parole
mai dette
intrappolate
tra i rami
scheggiati
di un inverno
che fatica
nel risveglio.
Siamo vita
che scoppia
nei focolai spenti
accesi dal giorno che nasce
a dispetto di tutto.
Preghiere
Strappate ai silenzi
concessi da un Dio
che non ama
piangersi addosso.
Siamo
l’andata e il ritorno
di noi stessi.
Solleviamoci.
E’ ora.
PAESE MIO
Paese mio
cinto a primavera
di riccioluti gorgheggi
affaccendati
come comari
nel via vai del giorno
ti vai combinando
tra nuvole ariose
all’orizzonte
e sogni fermi
dietro vetri antichi.
Tu non conosci gli anni.
Il tuo grembo
avrà sempre un vecchio
davanti ai tuoi tramonti
aggrappato
ai sapori di campagna
mentre torna stanco
con le zolle in mano
cantando
la fatica della terra.
E non conosci spazi.
Sei tutto lì
che vivi di germogli
seminati
nei cuori della gente
che s’adatta
all’ombra
dell’inverno
mentre fuori
è estate.
Per questo
non ti mancano
i sorrisi
strappati ai vicoli
intrecciati e bui
come strette di mano
nel bisogno
tra calde mura
di camini accesi.
Tra gli alberi d’ulivo
bagnati di sole
che lasciano un’impronta
tra le rughe
dei ricordi
che strada voltando
riporta
inesorabilmente
a te.
mostra di poesie
Solleviamoci, è ora
giovedì 6 settembre 2007
Parole come.....Gabriele D’Annunzio
sono profonde
come le radici terrene,
altre serene
come i firmamenti,
nette come i cristalli
del monte,
tremule come le fronde
del pioppo,
tumide come le narici
dei cavalli
al galoppo,
pieghevoli come i salici
dello stagno,
tenui come i teli
che fra due steli tesse il ragno. "
G. D’Annunzio
Il poeta per farci comprendere meglio come sono le sue parole, le ha paragonate a delle cose che si possono vedere molto chiaramente intorno a noi. Ha usato cioè delle figure retoriche quali la similitudine e il parallelismo. Le parole come mezzo di sospensione, attenzione e comunicazione soprattutto. Ascoltare è il segreto per comunicare, sia quando si tratta di persone, sia quando si tratta di dialogare con la natura. L'attenzione è sulle piccole cose, sull'ambiente più prossimo: le radici, gli alberi le ragnatele, le stelle, tutti elementi che tocchiamo con lo sguardo ogni giorno proprio come le parole che usiamo costantemente e che ci coinvolgono nella quotidianità. Parole che possiamo scegliere, che ci liberano come i cavalli al galoppo o che ci ingabbiano come i fili di una ragnatela, parole che stanno sul confine dell’indecisione: hanno timore di essere pronunciate, non sanno se fanno male quindi è meglio tacere o salvano, quindi è meglio che il problema si affronti una volta per tutte. Scelgono di tremare come le fronde sotto il vento dell’ipocrisia o della verità ma non si risolvono restando impigliate in mezzo ai teli delle due ragnatele evanescenti e fragili: tutte le cose indecise durano quanto il tempo della rugiada sotto il sole del mattino; fresca rugiada, una freschezza che porti un rinnovamento, ma anche l’antica ciclicità della natura. Le parole possono dar luogo a gravi equivoci specie se non si è a conoscenza della loro convenzionalità. Con d’Annunzio il confine tra natura e uomo si assottiglia: le parole sembrano radici che scendono in profondità, penetrano nelle viscere dell’amore, della pace e della fratellanza, abbattono barriere, sollevano ponti e cancellano confini, camminano sempre più giù, diventano fondamenta solide per case sulla roccia, scavano montagne e si inabissano nei mari portando luce a remote esistenze. Le parole sembrano stelle che cantano melodie serene vicino al talamo della vita, che portano gioia a chi è oppresso dalla fatica di vivere e non ascolta che canti stonati, che calmano perché sanno dare fiducia valorizzando le idee altrui, che avvicinano senza trattenere e lasciano andare senza allontanare, parole pieghevoli come i salici che si adattano senza assalire, che umilmente si accostano al silenzio di chi di quella voce ha fatto la sua vita, che asciugano il pianto di chi è piegato sull’acqua dello stagno e lo aiutano a non rimanere per sempre in quelle acque brulicanti sì di splendide libellule alate, ma pur sempre acque sporche. Parole pulite come cristalli lucidi, bianchi, che brillano alla luce e riflettono nuova vita futura sulle vette che toccano il cielo, non si mimetizzano dietro idee false e perbeniste per paura di essere giudicate ma spiccano in saggezza ed eternità. Sono parole duttili che si piegano al suono e alla veemenza degli elementi. Ecco il punto. Costruire una parola che pur “tenue”, sappia tessere, come un ragno, una geometrica tela di versi e suoni. Oggi trascuriamo la forza delle parole, ma non dobbiamo dimenticare che a volte paghiamo a caro prezzo le conseguenze di un loro sproporzionato o inadeguato uso. Non dobbiamo mai dimenticare che tutti noi siamo “ portatori sani “ di parole malate, che orientano impercettibilmente tutto il nostro vivere, motivano le nostre scelte, ci fanno prendere determinate posizioni rispetto a cosa sia bene e a cosa sia male, a cosa sia importante ed a cosa sia irrilevante. La "radice del pensiero è il cuore. Nel libro dei Proverbi troviamo: "Custodisci il tuo cuore con ogni cura poiché da esso sgorga la vita". Jovanotti canta così: “Quello che io penso come albero parlante è che la vita sia questione di radici, più sono profonde più ti puoi portar lontano incontrando gente, conquistando amici, perché io ho scoperto che le mie radici in fondo sono lì per procurarmi le risorse …” Dio creò tutto con la Parola e la Parola è davar. Nel momento in cui dice, la Parola diviene.”Sia luce” e luce fu. La Parola di Dio ha in sé lo spirito di vita, dunque il soffio di Dio su di noi, nel momento in cui ci creò, è la sua Parola nell’uomo, saggezza che salva e le parole tornano nel mistero del Suo silenzio.
Articolo pubblicato da Sina Mazzei su "Settimana di Calabria"
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