Io non sono io.
Sono colui
che cammina accanto a me
senza che io lo veda;
che, a volte, sto per vedere
e che, a volte, dimentico.
Colui che tace sereno
quando parlo,
colui che perdona, dolce, quando odio,
colui che passeggia là dove non sono,
colui che resterà qui quando morirò.
Da Eternidades
Chi c’è dentro di noi? Chi mettiamo dietro, a fianco, davanti, sopra e sotto di noi? Dov’ è la nostra anima quando non siamo presenti nell’attimo? Cosa vorremmo veramente dire quando ci nascondiamo dietro le parole? Come stiamo decidendo chi voler essere? Cosa gli altri ricorderanno di noi quando moriremo, un Nome o ci dimenticheranno presto? “Io non sono io”. Un poeta che vuole “uscire da sé”. Ansia di eternità come il poeta stesso definì la sua opera riferendosi a quel vivo desiderio quasi ossessione di identificarsi con il bello dell’oggetto contemplato per essere libero come lui, al di fuori del tempo e della natura dell’uomo. La sua poesia si distingue per la squisita delicatezza del sentimento al fine di raggiungere la “purezza” intesa come astrazione delle realtà corporee che riflette sulla solitudine e sofferenza. Da principio il poeta non ha che vagamente il senso del nulla che lo circonda e le cose appaiono in una luce melanconica, irrimediabilmente perdute, eliminando in partenza il rapporto intimo e profondo con esse:il nulla è incapace di elevarsi alla contemplazione del mondo. Conquistato poi l’amore che gli mancava, grazie alla moglie Zenobia, si distacca dal nulla per raggiungere quella stagione totale, piena, al limite di quell’assoluto in cui potrà raccogliere il frutto della sua fede. Scopo della sua vita e della sua poesia diviene quello di cantare se stesso, fino a trovare poi il modo di andare aoltre la sua oggettività per rendere oggettiva la sua soggettività, liberando così la sua esistenza limitata dall’incubo della morte, a favore dell’eternità. Jimenez intravede nella bellezza d’animo, che sa cogliere il bello in ogni cosa, quella luce intesa come coinvolgimento emotivo spirituale che porta alla gioia, per la quale si possono sublimare i propri sentimenti quotidiani e che fa della nostra vita un capolavoro. Il suo fu, dunque, un continuo anelito di anni verso la latitudine spirituale” Chi canta la bellezza, anche solo in mezzo al deserto, avrà un pubblico” dice Gibran. Quel pubblico è l’ Io che si congiunge all’universo visto con occhi nuovi che ci porterà a scoprire in noi stessi la presenza di Dio. Il tema della morte così ricorrente nella poesia di Jimenez, sta a significare la fugacità dell’uomo. Ma l’attardarsi è anche un tentativo per comprenderla ed accettarla. Questa poesia nasce dallo sdoppiamento dell’Io, dalla lacerazione dell’essere che non vuole rinunciare a niente ed implica la necessità di risolversi per potersi poi relazionare col mondo intero. Chi sono io? Sono un animale perchè respiro, mangio, posso riprodurmi come tutti gli animali. Le piante non si riproducono anche loro? L’uomo può decidere di non mangiare? L’uomo vive soltanto per respirare, nutrirsi e riprodursi? Una volta eravamo scimmie. Le scimmie di oggi diventeranno uomini? Mi posso sposare con una scimmia? Sappiamo davvero ciò che c’era milioni di anni fa?No, io non sono un animale perché sono intelligente. Sono sempre intelligente? Basta essere intelligente per non essere un animale? Se uno non è intelligente allora è un animale? Gli animali non parlano io sì. Siamo più umani se chiacchieriamo tanto? E un bimbo nella pancia della mamma lui è un animale? Gli uomini costruiscono il mondo. E quando lo distruggono?Quando muoio mi seppelliranno. Questo rende la mia morte diversa da quella di un animale? Quindi lasciare il proprio corpo alla scienza non è umano? Chi sono io? “A volte ti vedi piccolo ed inutile, altre sembra che il mondo non possa fare a meno di te. Per alcuni diventi la persona più importante della loro vita, per altri persino un fastidio a vedersi, brillante o addirittura squallida. Si vive nei continui contrasti; gli altri ti danno cento volti ed infine, ti ritrovi ad avere anche cento cuori e li sfrutti tutti per come ti rende comodo. Sei docile con chi è docile, aggressivo e ti difendi con ti assale; profondo, se hai il mare davanti, superficiale se non ti serve scendere con chi non ne ha voglia. Ognuno ti conosce per ciò che hai trasmesso di te, riflesso nello specchio del volto che hai davanti. E la gente si meraviglia quando sente dare un giudizio su di te che non corrisponde al suo. Ma è così. Non c’è mai una fine perché la verità non sta in un solo volto né in un cuore solamente. La verità è ciò che provi in quell’attimo davanti a te stesso e gli attimi non finiscono mai. Neanche tu lo sai come potresti reagire in una situazione nuova e nessuno saprà giudicarti mai in nessun tempo.””tratto dal romanzo “Un vuoto da decidere”. Scelgo ciò che sono per sfuggire a me stesso, per essere semplice spettatore della vita o aprirmi al mondo, capirlo e fare delle scelte importanti per il mio bene e quello della collettività? Una cosa è certa faccio parte del grande cerchio della vita, ho la consapevolezza di essere mortale e mi assumo delle responsabilità pur avendo gli stessi bisogni degli animali. Ho libertà di scegliere ma la libertà “buona” non ha confini, la libertà “cattiva” sì perché ci rende schiavi delle nostre paure. Jimenez nasce a MGUER, Andalusia, nel 1881. Nel 1956 viene insignito del premio Nobel per la letteratura. Esiliato dalla Spagna da generale Franco, allo scoppio della guerra civile, visse a lungo negli Stati Uniti, a Cuba e a Puerto Rico. Le principali raccolte delle sue poesie sono: anima di violetta, Arie tristi, Giardini lontani. Dimenticanze. L’opera più nota è forse Platero e io, tutte scritte dal 1900 al 1917. Muore a San Juan de Puerto Rico nel 1958. Il romanticismo domina la prima parte della poesia di Jiménez. In Arias tristes vi è una immagine di grande dolcezza e di mesta elegia che si farà sentire in tutto il primo Jiménez. In Arias tristes il poeta elabora un lessico ristretto che costituisce un paradigma di simboli intorno alle immagini della notte, della luna, del giardino.,La comunione con la natura si fa sentire nella percezione magica di un tempo che non ha tempo, di uno spazio lontano, quello del villaggio e quindi quello di una infanzia salvatrice. Nei suoi paesaggi risuonano le cadenze della poesia di Verlaine con il ritmo di una solitudine crepuscolare. Ma in Eternidades il poeta esordisce dichiarando il proprio disaccordo con tutta la sua precedente poesia troppo soffocata dalle immagini. In Eternidades e nelle raccolte successive, Piedra y cielo, Poesia e Bellezza, la parola acquisisce maggiore arricchimento e diventa sempre più profonda nel significato per la conoscenza delle cose designate al di là della loro apparenza. Il punto di arrivo della ricerca di Jimenèz si trova in La estacìon total. Ora, anche la morte, come fine del tempo, acquista un senso positivo e il poeta impara il linguaggio dell'universo nelle manifestazioni della natura accettando così l'ascendenza platonica e romantica. La poesia di Jiménez segue un percorso ben preciso che va dal simbolismo ai miti della perfezione formale passando dalla musicalità esteriore ad una musica sottile che nasce dall'interno. Vladimir Weidlé definisce la poesia di Jimènez "Mistero in piena luce" e la definizione è perfetta per disegnare i contorni di una poesia tesa tra intelligenza e passione, tra estasi e domanda, tra natura e spirito. Una poesia che ha il valore di simbolo nel paesaggio così diverso della lirica novecentesca, la lirica di un solitario, instancabile ricercatore di emozioni.
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