“ Hume avrebbe detto che il bambino non è ancora diventato schiavo delle aspettative causate dall’abitudine. Il piccolo quindi è il più libero da pregiudizi, forse è addirittura il più grande filosofo: infatti non ha prevenzioni e questa è la virtù più alta della filosofia. Il bambino percepisce il mondo così com’è, senza aggiungere niente a ciò che vive.” (Dal MONDO DI SOPHIA) . Il bambino è un soggetto filosofico. Non nel senso che possa essere suscettibile di discorso filosofico (ogni cosa è tale), ma nel senso che il bambino, ne sia consapevole o no, genera discorsi filosofici. Egli è il vivente rovesciamento del discorso socratico sulla sapienza. Perché per Socrate il sapiente è chi sa di non sapere. Mentre il bambino è un sapiente che non sa di sapere. Egli domanda, osserva, afferma, racconta cose paradossali e stranianti che ci aprono mondi impensati o a cui avevamo cessato di pensare. La condizione di adulto si raggiunge al prezzo di una grave mutilazione necessaria, che è quella per cui ci abituiamo a non domandarci più certe cose. La consuetudine al consueto c’ingessa in una condizione mentale che è capace di concentrare grandi energie mentali sulle cose a condizione di risparmiarne la dissipazione su altre. Il bambino rompe in modo irrimediabile questa consuetudine mentale al risparmio. Rompe con un filo d’erba il cemento armato. Squarcia con un dito ogni solitudine blindata nel mondo del possibile. Egli fa erompere un geyser di domande originarie a cui avevamo perso l’abitudine e nelle quali ci sentiremmo di perdere anche il pudore. Il bambino è un soggetto filosofico perché fa l’azione: domanda. E, domandando, rompe la crosta dell’ovvio: spaesa. La sua domanda ci arriva da un mondo che l’abita nel fondo – e che è il mondo del possibile, da cui è mosso, di cui è il custode inconsapevole e che lo spingerà nella vita come un’energia invisibile che tende a un polo magnetico di cui è l’ago, il suo, e che mai avrà tutto il tempo e i modi per rivelarsi nella sua storia futura.
Solleviamoci, è ora
Noi siamo quelli
che se ne vanno
pieni di vento
e di sole
in deserti
affollati
di illusioni
e non tornano più
abbagliati
da spaccati di vita.
Siamo riflessi
di affetti
profondi.
Pensieri
di fresca rugiada
posata sulla notte
che non conosce
nuvole.
Siamo i sospesi
tra sogno e realtà,
quelli sul sottile confine
tracciato
dai meandri
dei desideri.
Siamo splendide bugie
di una terra
che fatica
ad alzarsi
sui marciapiedi
della vita.
Siamo polvere
di un tempo
inesorabile
che ci riporta
tra le caverne opache
dei ricordi.
Siamo l’urlo
di amici perduti
non ancora tornati,
che raccoglie
sogni lanciati
su nuvole rosa
gonfie di cuore
nel cielo sospeso
della gioventù.
Siamo parole
mai dette
intrappolate
tra i rami
scheggiati
di un inverno
che fatica
nel risveglio.
Siamo vita
che scoppia
nei focolai spenti
accesi dal giorno che nasce
a dispetto di tutto.
Preghiere
Strappate ai silenzi
concessi da un Dio
che non ama
piangersi addosso.
Siamo
l’andata e il ritorno
di noi stessi.
Solleviamoci.
E’ ora.
PAESE MIO
Paese mio
cinto a primavera
di riccioluti gorgheggi
affaccendati
come comari
nel via vai del giorno
ti vai combinando
tra nuvole ariose
all’orizzonte
e sogni fermi
dietro vetri antichi.
Tu non conosci gli anni.
Il tuo grembo
avrà sempre un vecchio
davanti ai tuoi tramonti
aggrappato
ai sapori di campagna
mentre torna stanco
con le zolle in mano
cantando
la fatica della terra.
E non conosci spazi.
Sei tutto lì
che vivi di germogli
seminati
nei cuori della gente
che s’adatta
all’ombra
dell’inverno
mentre fuori
è estate.
Per questo
non ti mancano
i sorrisi
strappati ai vicoli
intrecciati e bui
come strette di mano
nel bisogno
tra calde mura
di camini accesi.
Tra gli alberi d’ulivo
bagnati di sole
che lasciano un’impronta
tra le rughe
dei ricordi
che strada voltando
riporta
inesorabilmente
a te.
mostra di poesie
lunedì 2 luglio 2007
Il bambino soggetto pensante
“ Hume avrebbe detto che il bambino non è ancora diventato schiavo delle aspettative causate dall’abitudine. Il piccolo quindi è il più libero da pregiudizi, forse è addirittura il più grande filosofo: infatti non ha prevenzioni e questa è la virtù più alta della filosofia. Il bambino percepisce il mondo così com’è, senza aggiungere niente a ciò che vive.” (Dal MONDO DI SOPHIA) . Il bambino è un soggetto filosofico. Non nel senso che possa essere suscettibile di discorso filosofico (ogni cosa è tale), ma nel senso che il bambino, ne sia consapevole o no, genera discorsi filosofici. Egli è il vivente rovesciamento del discorso socratico sulla sapienza. Perché per Socrate il sapiente è chi sa di non sapere. Mentre il bambino è un sapiente che non sa di sapere. Egli domanda, osserva, afferma, racconta cose paradossali e stranianti che ci aprono mondi impensati o a cui avevamo cessato di pensare. La condizione di adulto si raggiunge al prezzo di una grave mutilazione necessaria, che è quella per cui ci abituiamo a non domandarci più certe cose. La consuetudine al consueto c’ingessa in una condizione mentale che è capace di concentrare grandi energie mentali sulle cose a condizione di risparmiarne la dissipazione su altre. Il bambino rompe in modo irrimediabile questa consuetudine mentale al risparmio. Rompe con un filo d’erba il cemento armato. Squarcia con un dito ogni solitudine blindata nel mondo del possibile. Egli fa erompere un geyser di domande originarie a cui avevamo perso l’abitudine e nelle quali ci sentiremmo di perdere anche il pudore. Il bambino è un soggetto filosofico perché fa l’azione: domanda. E, domandando, rompe la crosta dell’ovvio: spaesa. La sua domanda ci arriva da un mondo che l’abita nel fondo – e che è il mondo del possibile, da cui è mosso, di cui è il custode inconsapevole e che lo spingerà nella vita come un’energia invisibile che tende a un polo magnetico di cui è l’ago, il suo, e che mai avrà tutto il tempo e i modi per rivelarsi nella sua storia futura.
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