19 maggio 2005, gita d’istruzione con i bambini di terza, II C.D. ”G.Mazzini” – Frattamaggiore (Napoli).
Raggiungiamo col pulman un agriturismo a valle e poi giù insieme a camminare in un viottolo di campagna che porta alla fattoria.
“Come si fa la marmellata”: la contadina spiega alla scolaresca che per fare una buona marmellata occorre che le mele siano buone. E poco importa se sulla buccia ci sono dei segni che ne rovinano il colore. Le mele belle, quelle che al supermercato vengono esposte tutte della stessa grandezza, dai colori lucenti che quasi ci si può specchiare nella buccia, è bene sapere che vengono coltivate con pesticidi vari e infine tirate a lustro con la cera, che l’acqua scivola giù e non le bagna e anche il sapore finisce per essere altro.
Luca: «Se una cosa è bella può anche non essere buona».
Simone:«Ma se è buona allora è anche bella».
Valeria: «Come le persone».
Il bello come manifestazione del bene: la teoria platonica del bello. Il tema è di grande rilievo.
Le domande dei bambini sono dotate di grande forza filosofica.
Certi motivi sono più espliciti, altri meno; alcuni più evidenti, altri meno. Importa saperli ascoltare come i naviganti che sanno ascoltare e capire le voci del mare.
L’a priori di ogni relazione pedagogica è l’"ascoltare-la-voce-del-discepolo", la sua nuova storia, la sua rivelazione, ciò che porta la generazione senza possibile ripetizione, perché è unica. L’adulto liberatore (padre, madre, maestro) permette che al bambino gli si tagli il cordone ombelicale (prima autonomia), superi l’allattamento con lo svezzamento, esca dalla casa per andare a giocare e alla scuola, ma non a partire dal pro-getto paterno-materno, bensì a partire dal pro-getto filiale, meta-fisico, che si è rivelato nel silenzio del maestro.
Il maestro deve ascoltare la voce dell’infanzia, “lasciarla essere”, darle tempo.
Si dice che diamo all’infanzia uno spazio per dire ciò che le appartiene, ma se i loro pensieri non accogliamo, se a quelli non rivolgiamo lo sguardo, se non ci lasciamo accompagnare dai loro perchè come il vento del mare che accompagna sulla rotta i naviganti, se le cose dette non le accogliamo come una domanda culturale dei bambini, allora tutto è vano.
Si tratta di vivere la prospettiva del bambino come un lasciarsi fermare/intrattenere, una battuta d’arresto per ripensare il mondo…con gli occhi di un bambino.
Noi educatori dovremmo assumere l’atteggiamento di “Naviganti in ascolto”. Metterci in ascolto del mare, del nuovo, dei bambini. Parlo di un ascolto di noi grandi che sia capace di rintracciare nel pensiero dei piccoli piccole verità per gli adulti. Parlo di un'attenzione per ciò che il bambino ha da dire, per le sue ipotesi sul mondo, per le possibili soluzioni che egli dà. Sguardo pulito, non ancora calati nelle logiche interessate degli adulti e dei potenti, i bambini, come i poveri, hanno da dire qualcosa di importante su questa nostra vita in questo mondo. Walter Omar Kohan, a conclusione di un suo recente intervento, invitava : «E se ascoltassimo un po’ di più coloro che pensiamo non hanno niente da dirci?»
La valutazione è nel cammino, nel mentre si va…
La valutazione è da considerarsi, in ottica metacognitiva, come componente del processo di insegnamento-apprendimento, utile al riconoscimento e alla valorizzazione delle capacità di dare senso agli eventi e agli oggetti del mondo circostante.
Chiedo ai bambini, a conclusione di ogni sessione di lavoro a scuola, se l’ascolto, la partecipazione, l’approfondimento e la mia “presenza” sono un sole che splende oppure si nasconde dietro le nuvole.
Ritengo importante anche avviare i bambini alla riflessione sulle attività metacognitive di controllo attraverso una Check-list della discussione che li accompagna a ripensare il momento di vita scolastica vissuto.
Prestare attenzione
Estrapolare le idee principali
Mostrare rispetto per il compagno che parla
Comprendere quello che gli altri dicono
Dare risposte di valore originale
Fornire ragioni
Attenersi all’argomento
Riconoscere che il proprio pensiero è già stato espresso
Difendere una posizione
Accettare una critica
I bambini sanno pronunciarsi chiaramente in ordine all’attenzione prestata, oppure al rispetto del compagno mentre parla, o anche al saper accettare una critica.
La difficoltà riguarda, invece, la voce “attenersi all’argomento”.
I bambini, nel dialogo, non sanno vivere il confine.
Mi va di rintracciare, in questa che potrebbe sembrare una difficoltà, la voglia di spaziare oltre ogni confine stabilito; l’andare oltre sa di libertà.
Nel difendere le proprie posizioni, spesso i bambini assumono atteggiamenti di dichiarata ostilità e di prevaricazione verso gli altri. Esserne consapevoli è già un passo avanti.
«In un certo villaggio c’è un uomo, così dice il paradosso, che è un barbiere; questo barbiere sbarba tutti e soltanto quegli uomini che non si sanno sbarbare da soli. Quesito: il barbiere sbarba se stesso? Ogni uomo in questo villaggio è sbarbato dal barbiere se, e solo se, non si sa radere da solo. In particolare, quindi, il barbiere sbarba se stesso se, e solo se, non sa sbarbarsi. Siamo in difficoltà se affermiamo che il barbiere si sbarba, e altrettanto se affermiamo il contrario».
La domanda è: «Chi rade il barbiere?»
Trasformo la domanda in
«Chi valuta il docente?»
«Chi valuta la scuola?»
La parola ai bambini.
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