E invece no.Proviamo a partire dal pensare,
dalla capacità di pensare di ognuno,
e dall’idea che i pensieri difficili vadano
fatti proprio perché difficili. Facciamo
credito a noi stessi e a ognuno
che siamo in grado di pensare, capire,
e questa è una delle migliori risorse per
vivere e per vivere insieme.Confidiamo
nella capacità di pensare. Riconosciamo
che le capacità di pensare sono tante
e diverse. Alimentiamole. Facciamole
crescere.Mettiamole alla prova.Alleniamole.
Usiamole. Conoscere non è non-sbagliare ma
sbagliare e riprovare, per sbagliare meglio
(non meno) e imparare qualcosa.E
se imparare a fare, manualmente, vuol
dire ridurre i gesti, diminuire la dispersione
per un risultato rapido,
adeguato ed efficace,
imparare a pensare e a capire
vuol dire piuttosto allargare,
aggiungere significati,
volgere lo sguardo su
un campo sempre più vasto:
la costruzione di senso
è ad aggiungere,ad ampliare,
a tenere insieme, a non
trascurare nessun passaggio,
a non considerare irrilevante
quasi niente, neppure
il non-senso, il dissenso
e il controsenso.
Le domande dei bambini nelle mani e
nelle teste dei bambini, dunque,“non
per escludere le risposte dei genitori,
ma per insegnare ai bambini a pensare,
raggiungere una propria autonomia
e responsabilizzarsi, per aprire nuove
piste; per restare svegli”, come scrive
l’autore nella presentazione a ciascun
volume.“Il dubbio viene dopo la certezza”,
diceva Ludwig Wittgenstein, filosofo
del linguaggio. Cinque domande a Oscar Brenifier
Dottore in filosofia e formatore.
Oscar Brenifier è nato
a Oran (Algeria) nel 1954, ma è cittadino canadese
e francese. Ha lavorato in molti Paesi per
promuovere laboratori di filosofia per adulti e ragazzi.
Quando e come è nato il progetto della collana?
Avevo già scritto una collana per adolescenti, sempre per le Edizioni Nathan.
Si intitolava "L’apprendista filosofo" e si ispirava al modello dei "dialoghi socratici".
Volevo adattare quell’approccio ai bambini, poiché conducevo dei
laboratori di filosofia alla Scuola primaria e gli insegnanti mi chiedevano dei
libri da utilizzare. Ma mi sembrava anche importante dimostrare che si può
fare filosofia fin da piccoli.
In che modo si sono svolti gli incontri con i bambini?
Ho visitato classi con bambini dai 9 agli 11 anni e ho distribuito foglietti sui quali
dovevano scrivere le loro “domande fondamentali”. Poi le ho valutate e ho
chiesto ai bambini di rispondere alle domande più frequenti. Infine, ho incrociato
il loro lavoro con la storia della filosofia, per verificare che fossero stati davvero
affrontati i temi principali e i grandi problemi tradizionali.
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