• Avete un soprannome voi?
• Mamma mi chiama come vuole lei, a volte pulcino,
• perché vorreste cambiare nome voi?
• Io no!
• A me invece non piace..
• Io non lo vorrei cambiare…perché il mio nome mi piace perché è mio
• È proprio
• Ma è solo tuo?
• Vittoria: No però anche se non mi piacesse…a me non piacerebbe cambiarlo perché poi non sei più tu…io non mi sentirei più io
• Non si può cambiare il nome
• Sì che puoi cambiarlo quando sei grande: puoi scegliere il nome che vuoi, ma se lo cambi non sei più tu…però è tuo
• Però cambiando nome capita quello che diceva vittoria prima?
• Adesso ho capito…è tuo, è personale, anche se gli altri ce l’hanno è comunque tuo…
• Se io lo cambio non divento un altro, io rimango lo stesso…
• Se io mi chiamo Alex, mica mi trasformo in un’altra persona
• No ma magari…
• Se poi ti stufi vai un’altra volta all’anagrafe e lo cambi
• Rivai all’anagrafe e lo ricambi ma tu chi rimani…allora il nome a cosa serve
• A identificarsi. Ad avere una cosa propria per distinguersi dagli altri…
• Ci sono alcune persone che si chiamano con altri nomi..
• Mia nonna è così..
• Però tua nonna è sempre tua nonna, sia che si chiami in un modo sia in un altro
Quando questo atteggiamento entrerà nelle nostre scuole? Se ciò non dovesse accadere dovremo dire che nelle nostre scuole, quando va bene, si impartisce solo istruzione, e non educazione della mente, con tutte le conseguenze disastrose in età adulta, come ogni giorno ci è dato constatare.“Dispiace, e non poco, che Galimberti, che nel lunghissimo articolo dichiara la quasi totale mancanza di materiale didattico filosofico per bambini in Italia, non abbia fatto un velocissimo giro in Internet, cercando sotto la voce "filosofia per bambini". Ci saremo stati noi, al primo posto. Imparare l'italiano, l'aritmetica, le scienze, richiede l'esercizio del pensiero, ma solitamente si dà per scontato che per l'uso di questa facoltà non ci sia nulla da imparare. Il pensiero sarebbe una "dote naturale" che si sviluppa spontaneamente imparando, appunto, l'italiano, l'aritmetica, o, come sostengono alcuni, il latino o l'informatica.Le cose purtroppo non stanno cosi. I nostri ragazzi immagazzinano una grande quantità di informazioni, ma hanno difficoltà ad avvalersi delle proprie conoscenze in maniera creativa, critica e argomentativa. Da più parti si afferma che la nostra epoca richiede giovani capaci di pensiero complesso e che il pensare "bene" dovrebbe essere una priorità intenzionale del processo educativo, già dalla scuola dell'infanzia.Ma come educare il pensiero? La ricerca psicopedagogica, negli ultimi anni, ha aperto nuove strade interessanti, ma un valido contributo proviene da una disciplina vecchia di 2500 anni, la filosofia, che del pensiero fa la sua ragion d'essere e del dialogo socratico un potente strumento per promuovere il pensiero nelle nuove generazioni.Quello della filosofia insegnata ai bambini delle scuole elementari è un metodo anglosassone. Io credo che i bambini siano molto adatti alla filosofia, perché hanno la meraviglia di fronte alle cose, lo “stupore” che deve essere proprio del filosofo di fronte al mondo. E’ una tradizione di pensiero che affonda lontano le sue radici, addirittura al Platone del “Teeteto".
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