Blog informativo sulla P4C

( philosophy for children)

di Lipman

Quando la filosofia dipinge il suo grigio su grigio, allora una figura della vita è invecchiata, e con grigio su grigio essa non si lascia ringiovanire, ma soltanto conoscere; la nottola di Minerva inizia il suo volo soltanto sul far del crepuscolo.


La parola "filosofia" ha come nella sua radice il significato "far crescere". Infatti, c'è solo una cosa che sa stupire e conquistare il nostro cuore: la parola di chi non si limita a inanellare frasi sensate e ben tornite, ma di chi ci porta più in alto o più in profondità.

Che cos'è la filosofia?

“La filosofia è la palingenesi obliterante dell'io subcosciente che si infutura nell'archetipo dell'antropomorfismo universale. “(Ignoto)

Perché la filosofia spiegata ai ragazzi?

I bambini imparano a conoscere e a gestire i propri ed altrui processi emozionali, affettivi e volitivi: imparano a conoscere se stessi e a relazionarsi con gli altri. Una scuola che intende fornire esperienze concrete e apprendimenti significativi, dove si vive in un clima carico di curiosità, affettività, giocosità e comunicazione, non può prescindere dal garantire una relazione umana significativa fra e con gli adulti di riferimento. Questa Scuola ad alto contenuto educativo, non può cadere nel terribile errore di preconizzare gli apprendimenti formali, errore spesso commesso dagli insegnanti che sono più attenti a formare un “bambino-campione”, piuttosto che un bambino sicuro e forte nell'affrontare la vita, o ancora un bambino che abbia acquisito la stima di sé, la fiducia nelle proprie capacità e la motivazione al passaggio dalla curiosità, caratterizzante la Scuola dell'Infanzia, alla ricerca. L'insegnante deve poter provare un “sentimento” per l'infanzia inteso come “sentire”, percepire e prendere consapevolezza dei bisogni reali, affettivi ed educativi propri del bambino che sono altro rispetto ai bisogni degli adulti. Il ruolo dei genitori, degli insegnanti è infatti quello di educare tutti e ciascuno alla consapevolezza di ciò che il bambino “sente” emotivamente e affettivamente, perché è proprio il passaggio dal sentire all'agire che consentirà al futuro uomo di compiere scelte autonome. Un compito importante dell'insegnante è quello di mediare i modi e i tempi di un dialogo strutturato su un piano paritario, in modo tale da consentire ad ogni interlocutore di far emergere il proprio pensiero e di metterlo in relazione con quello degli altri. E' una sfida, da parte dell'insegnate, a livello culturale, sociologica e civica ma che deve coinvolgere anche i più piccoli per dotarli di una propria capacità critica, che permetta loro di ragionare, di riflettere sulla realtà e di compiere in futuro scelte consapevoli Se la filosofia è "presa sul serio", se è misurata con i problemi reali, è davvero uno strumento di formazione della persona e di indirizzo della vita. La filosofia come felicità presente nell'attività del pensiero.

Incontrarsi è una grande avventura

“Non possiamo stare
e vivere da soli,
se così è,
la vita diventa
solitudine monotona.
Abbiamo bisogno dell’altro
per condividere sguardi
di albe e tramonti,
momenti di gioia e dolore.
Abbiamo bisogno dell’altro
che ci aiuta a vedere
e scoprire le cose che da soli
mai raggiungeremo.

Beati quelli che sono capaci
di correre il rischio dell’incontro,
permeandolo di affetto e passioni
che ci fanno sentire più persone
poiché così vivendo
anche gli scontri
saranno mezzi
di un vero incontro.”
(Testo di sr. Soeli Diogo).




Questo romanzo è rivolto, con la più grande speranza e fiducia, a tutte le persone di questa società e soprattutto a quei giovani che si muovono oggi, coi loro passi, senza esserne pienamente consapevoli, verso la scoperta della grande stanza di questo mondo poliedrico e complesso, dalle mille pareti ammaliatrici. Passi che, a dosi esagerate della conquista di una felicità che riempia la stanza del loro cuore, complementare a quella del mondo, lasciano dietro sé molte tracce superficiali che si spazzano via anche con il più debole vento della loro esistenza per poi trascinarli nel giogo del “vuoto”. Che questo romanzo “Un vuoto da decidere” sia loro di aiuto per guardare in faccia, riconoscere, combattere e vincere, con le sole armi dell’amore vero per se stessi e per il mondo, questa strana “malattia” dell’anima che colpisce chi non ha difese e che porta alla conquista di una libertà infedele e subdola.

Se la metto in pratica mi fa vivere tutta un'altra vita, straordinariamente più ricca di quella che avrei ideato fidandomi solo di me.

Solleviamoci, è ora

Noi siamo quelli
che se ne vanno
pieni di vento
e di sole
in deserti
affollati
di illusioni
e non tornano più
abbagliati
da spaccati di vita.

Siamo riflessi
di affetti
profondi.
Pensieri
di fresca rugiada
posata sulla notte
che non conosce
nuvole.

Siamo i sospesi
tra sogno e realtà,
quelli sul sottile confine
tracciato
dai meandri
dei desideri.

Siamo splendide bugie
di una terra
che fatica
ad alzarsi
sui marciapiedi
della vita.

Siamo polvere
di un tempo
inesorabile
che ci riporta
tra le caverne opache
dei ricordi.

Siamo l’urlo
di amici perduti
non ancora tornati,
che raccoglie
sogni lanciati
su nuvole rosa
gonfie di cuore
nel cielo sospeso
della gioventù.

Siamo parole
mai dette
intrappolate
tra i rami
scheggiati
di un inverno
che fatica
nel risveglio.

Siamo vita
che scoppia
nei focolai spenti
accesi dal giorno che nasce
a dispetto di tutto.

Preghiere
Strappate ai silenzi
concessi da un Dio
che non ama
piangersi addosso.

Siamo
l’andata e il ritorno
di noi stessi.

Solleviamoci.
E’ ora.

PAESE MIO

Paese mio
cinto a primavera
di riccioluti gorgheggi
affaccendati
come comari
nel via vai del giorno
ti vai combinando
tra nuvole ariose
all’orizzonte
e sogni fermi
dietro vetri antichi.

Tu non conosci gli anni.

Il tuo grembo
avrà sempre un vecchio
davanti ai tuoi tramonti
aggrappato
ai sapori di campagna
mentre torna stanco
con le zolle in mano
cantando
la fatica della terra.

E non conosci spazi.

Sei tutto lì
che vivi di germogli
seminati
nei cuori della gente
che s’adatta
all’ombra
dell’inverno
mentre fuori
è estate.

Per questo
non ti mancano
i sorrisi
strappati ai vicoli
intrecciati e bui
come strette di mano
nel bisogno
tra calde mura
di camini accesi.


Tra gli alberi d’ulivo
bagnati di sole
che lasciano un’impronta
tra le rughe
dei ricordi

che strada voltando
riporta
inesorabilmente
a te.



mostra di poesie

mostra di poesie
Solleviamoci, è ora


venerdì 20 luglio 2007

I TRE SETACCI (apologo del filosofo greco Socrate)


Un giorno,un uomo andò a trovare Socrate e gli disse:
" Ascolta, devo raccontarti quel che ha fatto un tuo amico."
"Ti interrompo subito" -rispose Socrate-"Hai filtrato quello che mi devi dire attraverso tre setacci?" Visto che l' uomo lo guardava perplesso aggiunse:
"Prima di parlare bisogna sempre passare quello che si vuole dire attraverso tre setacci. Il primo è quello della verità: hai verificato s'è vero?"
"No. l'ho sentito dire e...."
"Bene, suppongo che tu l'abbia fatto passare almeno attraverso il secondo setaccio, quello della bontà. Ciò che vuoi raccontare è buono?"
L'uomo esitò poi rispose:
"No, purtroppo non è una cosa bella, anzi..."
"Mmmm"- disse Socrate-Vediamo comunque il terzo setaccio: è utile che tu mi racconti questa cosa?"
"Utile? Non esattamente..."
"Allora non parliamone più. Se quello che hai da dirmi non è nè vero, nè buono, nè utile, preferisco non saperlo. E ti consiglio di dimenticarlo anche tu..."

giovedì 19 luglio 2007

I più importanti come

-Come faccio a diventare grande?
-Come pensare in una lingua diversa?-
-Come posso sapere se sono felice?
-Come faccio a evitare le arrabbiature?
- Come si diventa un genio?
-Come incontrare il principe azzurro?
-Come avere successo nella vita?
-Come vengono le idee?
-Come sapere se Dio ci ascolta?

I più importanti perchè

-Perchè i pianeti sono rotondi?
-A che cosa serve morire?
-Perchè non siamo tutti uguali?
-Perchè i piccoli vogliono sempre fare come i grandi?
-Perchè a scuola impariamo cose che non servono a nulla?
-Perchè si dice che i morti vanno in cielo se si seppelliscono a terra?
-Perchè sogniamo?
-Le piante si parlano tra loro?
-Perchè quando siamo dall'altra parte della Terra non camminiamo a testa in giù?
-Perchè non possiamo fare a meno di mentire?
-Quando dormo possono rubarmi l'anima?
Questi ed altri importanti nel libro " I più importanti perché" che ogni bambino si pone "

mercoledì 18 luglio 2007

LA SCUOLA DEL NUOVO SCENARIO

A proposito delle nuove (?) Indicazioni Nazionali

di Cosimo De Nitto

1. La scuola nel nuovo scenario - Qualche iniziale considerazione

“…Oggi l’apprendimento scolastico è solo una delle tante esperienze di formazione che i bambini e gli adolescenti vivono e per acquisire competenze specifiche spesso non vi è bisogno dei contesti scolastici. Ma proprio per questo la scuola non può e non deve abdicare al compito di scoprire la capacità degli studenti di dare senso alla varietà delle loro esperienze, al fine di ridurre la frammentazione e il carattere episodico che rischiano di caratterizzare la vita dei bambini e degli adolescenti”

Ormai questo pensiero sembra essere entrato definitivamente nell’immaginario scolastico degli estensori dei documenti ministeriali quando vogliono definire il quadro ed i contesti in cui si trova oggi ad operare la scuola. Da Berlinguer, alla Moratti, a Fioroni.

1)La scuola è solo una delle tante esperienze di formazione.
2)Compito della scuola è scoprire la capacità degli studenti di dare senso alla varietà delle loro esperienze (formative);
3)Finalità è ridurre la frammentazione e il carattere episodico (delle esperienze formative).

Ritorna sempre la storia della scuola come una delle tante “agenzie formative”! Mi domando: cui prodest far passare questa idea come verità di fatto scontata buona a far senso comune? Non dovrebbe convenire certo al Ministero della Pubblica Istruzione che invece, anche con enfasi ed orgoglio, deve affermare e rivendicare l’unicità ed insostituibilità della scuola pubblica nel raggiungimento di quei fini che, qui in modo ambiguo e confuso, poi in modo un po’ più comprensibile, ma ugualmente generico, il documento richiama.

E’ possibile che non riusciamo a dichiarare, urlare se occorre, che la scuola non è una delle tante agenzie ma è l’istituzione dello Stato che realizza il compito assegnatole dalla Costituzione Repubblicana relativamente all’istruzione ed alla formazione dei cittadini italiani?

Allora perché in un documento così solenne lasciare il compito di marcare le differenze tra l’istituzione scolastica e le altre agenzie formative private solo ad alcune finalità? (“In tale scenario, alla scuola spettano alcune finalità specifiche…”).

La scuola pubblica è altro ed incommensurabilmente di più rispetto alla altre “agenzie” non solo per “alcune finalità specifiche”, ma per ciò che essa è e per ciò che essa fa.

Occupa troppo spazio nel documento, può essere dato per sottinteso, o, peggio ancora, per scontato che l’istituzione scolastica, a differenza di tutte le altre agenzie, è caratterizzata per la sua specificità ed insostituibilità nel compito che costituzionalmente e quotidianamente svolge, per cui in essa e per essa l’apprendimento-insegnamento è:
1. intenzionale;
2. sistematico;
3. propedeutico;
4. formativo;
5. attento al bambino-ragazzo-adolescente-giovane che apprende crescendo e cresce apprendendo;
6. volto al perseguimento dell’autonomia critica e della divergenza;
7. usa e tende ad elaborare-costruire-ricostruire un sistema di conoscenze ed esperienze strutturate;
8. volto a “produrre” cittadinanza?

Quale altra agenzia pubblica o privata può svolgere i compiti della scuola pubblica? Quale altra “lavora” con i bambini-ragazzi-adolescenti-giovani dai 3 ai 18 anni dalle 5 alle 8 ore al giorno?

Se un documento ministeriale come questo non contiene con molta più forza e chiarezza ciò che la scuola pubblica è in quanto:
realizza il dettato costituzionale;
è insostituibile da qualsivoglia “agenzia”;
è motore primario di sviluppo e civiltà,
come si farà a costruire una mentalità diffusa che la consideri per la sua importanza fondamentale e non per gli episodi di bullismo di qualche ragazzotto o debolezza professionale di qualche insegnante?
Come si potrà impedire il “massacro” e il pubblico disprezzo degli insegnanti e della scuola pubblica perpetrati con cinismo, ignoranza e malafede da parte dei media che amplificano episodi che, sia pur spiacevoli e degni di riflessione critica, restano tuttavia sempre degli episodi?

Cominci magari da qui l’orgoglio di essere scuola pubblica, non dalla giornata nazionale decisa dal ministro che lascia il tempo che trova.

2. La centralità della persona (o della quasi continuità con la Moratti )
Il secondo capitolo del documento è dedicato alla centralità della persona. Qui si riprende il Moratti-Bertagna-pensiero e lo si ripropone pari passo per 20 righe. Poi nelle altre 20 si parla di gruppo, socializzazione, classe.
Accortisi gli estensori della giustapposizione e timorosi che si indulga troppo alla importanza della "socializzazione", e che ci si contraddica con quanto affermato nelle prime 20 righe, recuperano in questo modo:
" La formazione di importanti legami di gruppo non contraddice la scelta di porre la persona al centro dell'azione educativa, ma è al contrario condizione indispensabile per lo sviluppo della personalità di ognuno".
Insomma, si potrebbe dedurre, l'essere sociale dell'uomo se si potesse si negherebbe del tutto (Moratti-Bertagna), ma non potendosi ignorare una dimensione così importante e fondamentale dell'essere umano che lo fa stare con gli altri e lo connota in tutti gli aspetti del suo esistere, allora la si limita ad " importanti legami di gruppo " importanti in quanto " condizione indispensabile per lo sviluppo della personalità di ognuno ".
Vivere, giocare, cooperare, fraternizzare, scontrarsi, prevaricare, subire, mediare, negoziare, pattuire, aiutare ed essere aiutati, apprendere insieme, discutere, sintetizzare pensieri, costruire conoscenze insieme agli altri, provare sentimenti come amicizia, stima, amore, simpatia, antipatia, gelosia, invidia ecc, ecc.
Come si fa a ridurre la dimensione sociale del bambino-ragazzo-adolescente alla nozione di "legami di gruppo" importanti in quanto strumentali allo sviluppo della persona? Troppe semplificazioni e banalizzazioni su questo terreno rendono pressoché inutili scienze (umane) come la sociologia, la psicologia, l'antropologia.
Nelle buone intenzioni degli estensori si vogliono evitare astrazioni ed astrattismi. Ma allora, perché il cardine di tutto il discorso è la nozione di persona così astratta che più astratta non si può?
Il libricino del Ministero titola " Cultura Scuola Persona " e come sottotitolo recita " verso le indicazioni nazionali per la scuola dell'infanzia e per il primo ciclo di istruzione".
Allora perché non si è cercato di rendere concreta la nozione metastorica ed astratta, metafisica direi, di persona dicendo: parliamo dei bambini di oggi 2007 anno del Signore presi nella fascia di età dai 3 ai 5 anni e nella fascia dai 6 agli 11 anni.
Nella fascia dai 3 ai 5 e dai 6 agli 11 anni come si manifestano i bambini nei comportamenti, negli apprendimenti, nelle relazioni con i pari e con gli adulti di riferimento?
Quale percezione essi hanno di se stessi e degli altri?
Quali bisogni essi avvertono, quali disagi svelano, come si sviluppano in essi dimensione cognitiva, comportamentale, socio-affettiva?
Come crescono "questi" bambini, figli di "queste" famiglie, in "questi" contesti socio-culturali e relazionali?
Dire che è "persona" basta a connotare Marco, che ha problemi fisici, Lin che non dice e non capisce una parola di italiano, Andrea che è un bambino figlio di tossici ed alcolizzati dato in affido ad una famiglia che non sa come prenderlo, Gianni che è aggressivo e violento, Marta che si chiude in sé, non dice una parola e se ne sta sempre sola, Lucia che se ne sta attaccata alle gonne della maestra tutto il tempo, Luca che ha sempre gli occhi ed il pensiero da un'altra parte, Anna che piange ad ogni minimo contrattempo?
Ci sono forse insegnanti che per andare dietro alle loro conoscenze astratte non si occupano di questi bambini reali, in carne ed ossa?
Mi chiedo, nella commissione ministeriale, c'era qualche insegnante di scuola dell'infanzia o elementare che dicesse agli altri: "Ma signori miei di quali bambini parliamo, di quali insegnanti parliamo, di quale scuola stiamo parlando?"
Anche se l'insegnante volesse, perché (sciagurato!) ama più le nozioni parcellizzate ed astratte(?) dei suoi bambini, potrebbe mai lasciare Marta al suo mutismo, Gianni alla sua aggressività, Luca ai suoi pensieri che sono sempre da qualche altra parte, Andrea alla sua carenza di genitorialità, Lucia alle sua carenze affettive, Anna alla sua gracilità emotiva, Lin a pensare alla Cina e al perché si trova in questo mondo strano e qualche volta ostile?
Assolutamente no.
L'insegnante si occupa prevalentemente e prioritariamente delle "persone" sempre, da quando entrano i bambini in classe a quando escono, quando dialogano, o cercano di dialogare con i genitori, quando si riuniscono tra di loro, quando devono inventarsi soluzioni per colmare la carenza di strutture specialistiche di assistenza, supporto psicologico e sociale nel territorio, quando devono supplire all'assenza degli insegnanti di sostegno che il Ministro ha ritenuto inutili ed ha tagliato.
Ben strana cosa è che il ministro Fioroni, come prima di lui la Moratti , canta il peana della "persona" e poi aumenta i bambini per classe, taglia il sostegno e gli organici, rende impossibili interventi, questi sì, "personalizzati".
Ma allora, se gli insegnanti si occupano quotidianamente, a volte ne hanno persino gli incubi notturni, dei bambini-ragazzi-persone umani che hanno una loro fisicità, psicologia, comportamenti, capacità apprenditive, hanno una loro storia, loro vissuti, mondi interiori, quale bisogno c'era e c'è di martellare con la centralità della persona e traslare così dal livello antropologico, psicologico, sociologico, pedagogico, a quello ideologico, teleologico e persino teologico?
Alla faccia del nuovo umanesimo!
Mi sembra che sia stato messo un cappello sul sistema formativo pubblico e nazionale. Un cappello inutile per certi aspetti, dannoso per altri. Un cappello che non unisce, non "legge" la realtà, non interpreta il presente (valore ermeneutico), ignora la storia, non indica strade e percorsi lungo cui cercare, sperimentare, trovare, inventare soluzioni sempre adattabili e perfezionabili ai veri e reali problemi del nostro sistema formativo.
Manca la storia, ridateci la storia dell'istituzione scolastica; dateci le coordinate spazio-temporali per capire il cammino che la scuola italiana ha fatto per giungere sin qui, le diverse stagioni, le cose bellissime ed originali che ha fatto, gli errori, le difficoltà e le sfide di oggi .
Dateci la storia affinché gli insegnanti (soprattutto gli anziani esperti reduci da tanti cambiamenti) possano guardare il loro passato, anche personale, e trovarci il continuum, il filo conduttore che li ha fatti navigare nelle diverse stagioni, con successi, errori, intuizioni, entusiasmi, ricerche e sperimentazioni, infatuazioni pedagogiche e didattiche, sempre comunque al servizio dei bambini-ragazzi e delle loro persone.
Dateci la storia per non cadere nel vuoto della disperazione e del pentimento per non aver mai messo in tutta la nostra vita professionale al centro la persona, anzi "la centralità della persona".
Che delusione!
Quanto sono arretrate queste nuove(?) Indicazioni!
E poi, diciamocelo chiaramente: alla Chiesa non è riuscito di mettere il cappello delle "radici cristiane dell'Europa" alla Costituzione Europea, riesce bene invece metterlo come ispirazione centrale alle Indicazioni Nazionali, Moratti-Fioroni imperanti.
E' mai possibile, oggi, con la cultura pedagogica e didattica che gli insegnanti hanno maturato in decenni di professione, di trincea direbbe una mia collega, parlare di "centralità", qualsivoglia essa sia? Se proprio si vuole, si può parlare di centralità al plurale.
Centrale è l'allievo, centrale è il docente, centrale è l'ambiente di apprendimento, centrali, anzi centralistiche, sono le politiche ministeriali, centrali sono le risorse che diminuiscono, centrale è il territorio, centrali sono le relazioni tra tutte queste centralità.
Lo so che non è troppo neo-umanista fare ricorso alla Sistemica, ma penso che tutte queste centralità "facciano sistema" e come tale esse vadano considerate.
Allora non parliamo solo della complessità del mondo globalizzato, parliamo anche delle complessità della scuola. Per capire, pensare, elaborare strategie, operare per il suo miglioramento.
Ci dicano qualcosa a questo livello le Indicazioni, non si esauriscano nel teleologismo, altrimenti si potrebbe dire che sono Indicazioni che indicano poco, perché ad alcuni possono sembrare scontate, ad altri non dire niente, ad altri ancora risultare un'occasione perduta per dire qualcosa di significativo ed efficace sulla scuola di oggi (e quella di domani).

La Metafisica dei bambini paragonata a quella degli adulti (storia dell'arte)

di Guido Davide Neri (Università di Verona)
Lo spunto di queste riflessioni mi viene dall’essere genitore e aver dovuto confrontarmi con le domande dei bambini; inoltre dall’essere educatore e aver dovuto parlare con gli adolescenti e i giovani. Ma la cosa non è poi tanto diversa quando si parla con gli adulti o quando si parla con se stessi. In definitiva lo spunto mi viene dall’essere stato bambino e adolescente e dall’aver cominciato presto a farmi delle domande che, per il mio bene o per il mio male, non hanno mai cessato di occupare la mia mente.
I bambini, a un certo momento della loro crescita, vogliono sapere di tutto, da dove vengono loro e da dove veniamo noi tutti, come è nato il mondo, cosa avviene di quelli che muoiono. Per lo più i loro interlocutori adulti hanno delle risposte preparate, che essi stessi sentono a volte come convenzionali, prefabbricate, ma che ritengono necessarie e adeguate appunto per dei bambini. Anziché lasciarsi raggiungere personalmente dalle domande, le dirottano su quella che passa per l’opinione corrente, con lo svantaggio però che di opinioni ne corree più d’una, ciò che sgonfia ben presto le risposte di tutta la loro perentorietà agli occhi (spesso piuttosto svegli) dei destinatari.
Ciò che mi chiedo è se si trovano le parole per dire questa semplice verità (e se possiamo consentirci di dirla ai bambini): che non sappiamo con certezza “da dove” e “perché”, che su tutte queste cose gli uomini tramandano da tempi immemorabili dei racconti straordinari, e che questi racconti sono molti e diversi tra i diversi popoli della terra. Non dico che il genitore o l’educatore debba escludersi da tutto questo, come se una risposta valesse l’altra e si dovesse solo registrare la relatività dei punti di vista. Al contrario, motiverà le convinzioni (se ne ha) che gli derivano dalla sua fede religiosa e dalla sua cultura scientifica e filosofica, dalle sue personali riflessioni. Ma nello stesso tempo farà partecipe anche il bambino della nostra comune condizione di uomini, a cui lo spettacolo del mondo è stato assegnato senza accompagnamento di didascalie.
Si dice giustamente che i bambini esigono certezze: se le daranno, si schiereranno, nella nostra cultura non potranno evitare il conflitto tra le storie della religione e quelle della scienza, così prenderanno posizione, salvo poi ridiscutere tutto daccapo con se stessi, i loro coetanei e i loro educatori. Così impareranno a convivere con una certa inquietudine mentale, con le domande. E’ così che si cresce.
Ma in realtà il problema è degli adulti e della loro metafisica. I bambini sollevano la domanda, ma gli adulti non reggono il problema. Non sanno cosa dire perché non sanno cosa pensare, perché da tempo hanno scansato per se stessi le domande. Le hanno lasciate al prete oppure alla scienza, o a quelle “filosofie” totali che svolgono una funzione analoga. I bambini crescono e imparano a fare lo stesso, a non fare più domande. Così, da adulti, si comportano come i bambini, che cercano risposte rassicuranti dal genitori o dai maestri. Adesso le cercano (ma le cercano ancora? o se le lasciano solo ricordare?) da adulti qualificati.
Tutti abbiamo bisogno di certezze e c’è una fede dei cosiddetti “non credenti”. Ma si tratta di una fede spontanea, non verbalizzata, fede nel mondo e nelle abitudini della natura e delle cose, nel loro perseverare entro un certo ritmo, un certo stile di quiete e di movimento; ma anche fede profonda, spesso immotivabile, nella realtà e nella differenza del bene e del male, nelle ragioni della nostra fedeltà o infedeltà alle nostre tradizioni o delle nostre aspettative in chi ci seguirà. Questa fede ci è necessaria per vivere. La fede-dottrina è un’altra cosa.
La fede-dottrina è caratterizzata dal fatto che – essendo un prodotto di pensieri già da gran tempo pensati e riciclati – si impone ai bambini e agli adulti come una “risposta che precede Ia domanda”, una risposta autoritaria che consolida i propri contenuti con la solennità arcaica del contesto rituale e con una implicita minaccia per chi si esclude e verrà lasciato al suo destino. Quando i contrasti della vita mettono in crisi le certezze e costringono a modifIcarle o a scegliere, spesso gli adulti hanno disagio a dare motivazioni verbali, cioè in fondo a pensare e a formulare le domande. Provano ritegno come verso atteggiamenti adolescenziali, immaturi, come chi sa cosa sono le cose che contano; o provano inquietudine, come chi si ritrova da solo. In un paese come il nostro, abituato alla gestione monopolistica di quello che si deve credere, mettere in discussione “la fede” sembra un atteggiamento troppo fatuo o troppo superbo. Di ciò di cui solo gli autorizzati possono parlare si deve tacere. Nasce anche di qui quell’indifferentismo religioso e metafisico che caratterizza tutto un popolo che si considera cristiano per diritto di nascita, soddisfatto di liberare cosi il proprio animo per le “cose concrete”.
Tutti viviamo e ci lasciamo vivere in quello che chiameremo il “mondo naturale” della fede spontanea, ma i bambini e gli adolescenti sono freschi di meraviglia per il mondo che scoprono e non hanno ritegno a porre domande a tutto campo, a contestare anche, quando i diversi racconti che ascoltano a casa e a scuola si contraddicono. E’ su questa anarchia che la “dottrina” viene a mettere ordine, allo stesso modo in cui le vecchie maestre mettevano giustamente in riga e nei quadretti le catene ondeggianti e caotiche delle nostre prime lettere e parole scritte. E’ vero che i bambini hanno bisogno di certezze e che nelle loro domande, fino a una certa età almeno, esprimono più che altro il bisogno di essere rassicurati. Ma questo bisogno è più la conferma di un mondo amico e protettivo che non di verità metafIsiche. Più che di adulti “credenti” hanno bisogno di adulti presenti, compartecipi di quell’avventura che anche per loro è incominciata. In un certo senso i bambini, che domandano di tutto, che prorompono di emozioni, non si stupiscono di niente e trovano del tutto “naturale” crescere circondati da galline e da quadrupedi o invece, in città, da meccanismi semoventi a quattro ruote. Questa ovvietà del mondo naturale si preserva in certa misura lungo tutta la vita e solo l’esercizio “spaesante” di una cultura problematica ci sollecita a guardare l’ovvio come singolare e stupefacente, a scoprire il mondo in cui viviamo come del tutto logico e al tempo stesso strano. Non è forse il caso di bloccare questo sentimento nel bambino che cresce. Nel frattempo però può avvenire a chiunque di guardare senza stupore alle cose più strane di tutte, come la luna e le stelle, che si confondono con l’illuminazione cittadina. Di questa specie di usura caratteristica del diventare adulti non è responsabile principalmente la dottrina, quanto piuttosto la prassi della vita quotidiana che ci sollecita a selezionare o a “scaricare” ciò che serve o non serve alla conduzione ordinaria della vita. Gli antichi fIlosofi contrapponevano perciò le attività rivolte ai bisogni elementari o anche la saggezza pratica e politica del vivere da cittadini alla contemplazione ammirata di ciò che sovrasta il mondo umano e in cui vedevano manifestarsi l’eternità.
La metafisica antica e moderna ha sempre cercato di dare risposte razionali alle domande sull’origine e il senso di tutto ciò che è, di esaltare il mondo esistente nella pienezza delle sue motivazioni, dei suoi fondamenti e della sua causa prima. Ma la filosofia ha anche scavato nel rovescio di questa pienezza, nel vuoto aperto dallo stupore più originario, quello che ci rende palpabile il negativo di ogni positività, e che si formula nella domanda “perché l’ente piuttosto che il nulla”.
Da sempre la metafisica degli adulti (intendo qui quella dei filosofi e dei teologi), come metafisica della positività, ha voluto spegnere in anticipo questa domanda (insieme a tutte le altre) che tuttavia – verbalizzata in molti modi – percorre le pagine non solo di molti filosofi, ma dei poeti e forse anche degli uomini che coltivano una religiosità autentica. Anche di certi scienziati, quando si domandano se si debba necessariamente dare una “causa” del tutto, come la si cerca per tutti i singoli enti (Barrow).
Anche noi non ci proponiamo di cercare una risposta a queste domande ma vogliamo capire se la trasmissione dei nostri interrogativi e delle nostre inquietudini non debba accompagnare quella trasmissione del sapere e delle credenze che appartiene alla nostra funzione di educatori; se cioè la coltivazione della domanda prima che l’amministrazione e la somministrazione della risposta non debba costituire il nucleo stesso dell’educazione.

LA METAFISICA ATTRAVERSO GLI OCCHI DEI BAMBINI (storia dell’arte)

Il primo passo è leggere il quadro: i bambini alzano la mano, sono impazienti, ognuno vuole dire la sua, ognuno ha una sua teoria sul perché, nel quadro “Il viaggio emozionante” (1913) di De Chirico, c’è un treno che sembra stia andando a sbattere contro un muro. L’operatrice li guida nel dibattito, approfittando degli interventi più acuti. A volte i bambini non hanno bisogno di troppe spiegazioni: i più grandi capiscono subito che “Metafisica” non può voler dire altro se non “qualcosa a metà tra fantasia e realtà”, mentre i più piccoli, intimiditi, spalancano la bocca davanti al variopinto e gigantesco quadro “Storia naturale” (1923) di Max Ernst, e cominciano a notare che ci sono strane piante, tipo carciofi azzurri, più grandi di una casa senza tetto e dalla cui finestra si vede il cielo, dentro la stanza, mentre uno strano insetto verde si arrampica su un palo trascinando una pallina rossa. Non può essere reale, lo dicono subito. Infatti, si tratta di un sogno.“Giorgio De Chirico ha viaggiato molto nella sua vita” spiega l’operatrice ai bambini “secondo voi una persona che viaggia molto ha molti amici?” Ecco spiegato perché nelle celebri Piazze d’Italia, come quella de “La Torre Rossa” (1913), non c’è nessuno. E’ deserta, malinconica. E le ombre si moltiplicano in modo strano. “Ma qui ci sono due soli!” esordisce uno dei piccoli visitatori. Esatto. Bravissimo.Tutto ciò per confondere lo spettatore, ma soprattutto per parlare di un mondo che solo Giorgio De Chirico poteva vedere, un mondo magico e misterioso. Non sapremo mai perché, nei suoi quadri d’oggetti, ha messo insieme un guanto, la torre del Castello Estense di Ferrara e dei rocchetti di filo.A coronare l’esperienza della visita c’è il Laboratorio Didattico, in cui i bambini mettono in pratica ciò che hanno imparato nella mostra: composizioni ispirate alla Metafisica con gli oggetti tridimensionali o con il collage, che esprimono la loro visione della realtà.I bambini ed il museo. Ho il piacere di parlare di quest’argomento con la Dottoressa Paola Vassalli, curatrice di mostre e responsabile del Laboratorio Didattico all’interno delle Scuderie.“E’ stato difficile introdurre la Didattica per i bambini in un museo rivolto al grande pubblico come questo?” è la prima domanda. “Senz’altro”, mi risponde, “primo perché non c’erano spazi creati appositamente per la Didattica come invece accadeva a Palazzo delle Esposizioni, dove sono nati i primi Laboratori. Essendo il Palazzo ora in ristrutturazione e non volendo interrompere assolutamente la Didattica, abbiamo adattato la Sala Moncavallo delle Scuderie, dove si svolgevano conferenze, a Laboratorio d’Arte. Secondo, perché la visita in un museo è ancora vista in modo molto tradizionale: se guidata, con una persona che parla e le altre che ascoltano senza interagire; se fatta per proprio conto, in assoluto silenzio e concentrazione. E’ da circa cinque o sei anni che in Italia si svolgono laboratori didattici rivolti ai più piccoli, soprattutto alla Galleria d’Arte Moderna di Bologna. L’importante novità è la visita “animata”, che prevede una figura di operatrice od operatore che sia aperto ad imparare e conoscere soprattutto attraverso il proprio lavoro ed il contatto con i bambini. E’ un’esperienza continua che spesso va oltre la Pedagogia, certo si lavora molto sul linguaggio, che deve essere appropriato e comprensibile al bambino, ma quando si progetta un Laboratorio ogni partecipante, che siano storici dell’arte, pedagoghi od operatrici museali, mette la propria idea e svolge visita e laboratorio con un’impronta personale.”In effetti, fin’ora l’educazione artistica dei bambini è avvenuta solo nelle scuole, raramente così a stretto contatto ed in dialogo con opere a volte complesse “Poi”, continua la Dottoressa Vassalli, “la Didattica non rimane nei confini del Museo: il corso “Educare all’Arte” prevede il coinvolgimento degli insegnanti, che imparano ad organizzare Laboratori Didattici nelle scuole sulla base delle più aggiornate esperienze pedagogiche legate all’arte.” Tornando per un momento, invece, all’interno del Museo, apprendo che ogni prima domenica del mese si svolge “Leggere l’Arte”, un incontro dedicato ai libri per bambini che raccontano in modo semplice le idee degli artisti più famosi, mentre “Fare arte” si svolge ogni venerdì pomeriggio e mette alla prova le capacità artistiche dei ragazzi, sempre sotto la guida delle operatrici, in costante riferimento ai più famosi fenomeni dell’arte contemporanea.Lo scopo di tutto questo è fare del museo non solo un luogo di conservazione, ma di educazione, per capire meglio che cos’è un’opera avvicinandosi ad essa in maniera creativa attraverso la discussione ed il confronto, capire che ci possono essere più livelli di lettura, arrivarci assieme ai bambini. Il passo successivo sarà coinvolgere gli artisti stessi e gli adulti in confronti e riflessioni di questo tipo.Un calderone di esperienze, dunque, valorizzato ancora di più dalla possibilità di svolgere uno Stage all’interno della struttura, per poter toccare con mano cosa significa poter guardare ancora il mondo, (e l’arte), con gli occhi di un bambino.


DI QUANTA FILOSOFIA HA BISOGNO LA TECNOLOGIA

L’originale incipit della conferenza di K. Popper, al Convegno di Filosofia Politica a Torino 1983, mette in evidenza l’innegabile creatività della mente umana che non potrà mai essere superata da una macchina.
E’ propria dell’uomo e della sua vita anche e soprattutto la tensione verso la ricerca, la problematizzazione di sé, del reale.
La diffusione delle moderne tecnologie, che vengono sempre più estesamente applicate al mondo della formazione (scolastica, universitaria e professionale), porta con sé il rischio di privilegiare, enfatizzandoli, gli aspetti tecnologici a scapito degli aspetti pedagogici e della qualità didattica.
Mi interessa qui definire il tipo di approccio che l’alunno ha rispetto alle tecnologie informatiche, ricordando un punto importante da non trascurare mai, e cioè che è l’uomo a dotare di senso e significato ciò che vive, le relazioni che stabilisce, il ruolo che egli ha in questa parte di mondo.
La ricerca di senso accompagna l’uomo durante tutto il corso della sua vita. L’esperienza filosofica si configura come esperienza di vita presente nel bambino già nei primi anni di vita. Per i bambini tutto è nuovo, dentro e fuori di sé, tutto sorprende e meraviglia.
Vittorio Hosle ricordava, a questo proposito, che per il bambino il mondo non è ancora ovvio, esso è, anzi, la fonte di ogni curiosità.
[1][1]
Per l’adulto non è più così: una sorta di assuefazione nei confronti di persone, sentimenti, eventi, lo avvolge, gradatamente nel tempo. La vita e i suoi accadimenti continuano ad essere sorprendenti, i suoi mutamenti sono temuti o previsti ma, essendo in qualche modo attesi, non suscitano più stupore. E così, alla vastità di esperienze e conoscenze fa spesso riscontro una capacità di non meravigliarsi più di nulla.
Dovremmo chiederci, a questo punto, perché le domande ingenue dell’infanzia diventano fragili anziché rafforzarsi nell’età adulta.
Che cosa le soffoca e le disperde?
Che cosa indebolisce il coraggio dell’interrogazione esistenziale?
Pigrizia e conformismo, da sempre ostacoli all’esercizio del pensiero critico, sono rafforzati oggi dalla sovrabbondanza di soluzioni facili e garantite che, non essendo frutto di confronto critico, né di efficace esercizio del dubbio, restano circoscritte alla superficie delle cose.
E così, ciò che è proprio dell’uomo e della sua vita (il pensiero che problematizza, ricerca, confronta, ipotizza), affinché continui a vivere, necessita di educazione e cura.
“Chi siamo? Da dove veniamo? Dove andiamo?”… Sono questi gli interrogativi con cui di solito si riassume, in modo sbrigativo, il compito del domandare filosofico. A volte si ripetono le celeberrime “tre domande” kantiane:
· Che cosa posso conoscere?
· Che cosa devo fare?
· Che cosa mi è lecito sperare?
Ma pensiamo a quelle “domande nascoste” che si celano dietro o dentro tali interrogativi.
Ossia quelle domande che potremmo definire “domande metanoetiche”.
Quelle “domande”, che spesso restano nascoste dietro gli interrogativi filosofici tradizionali:
· Come siamo giunti a pensare in questo modo?
· Cosa ci permette di pensare in questo modo e di porre queste stesse domande?
· In base a quali pratiche di espressione del pensiero ci chiediamo “chi siamo?”
· Quali strade abbiamo battuto, quali pratiche ci hanno orientato ad assumere questo paradigma di pensiero piuttosto che un altro?
· Quali sono i paradigmi di pensiero che strutturano il nostro pensato?
· Che relazione c’è tra il pensiero e le pratiche espressive e di elaborazione dell’informazione o di comunicazione che abbiamo adottato?
Le nuove tecnologie, lungi dall’essere semplici “sussidi”, si rivelano sempre più luoghi in cui si affermano nuovi modi di conoscere, apprendere, dialogare: esse rappresentano i nuovi “anfiteatri della conoscenza”.
Come si ridefiniscono quindi gli assetti e i paradigmi epistemologici della conoscenza all’interno di questo nuovo “universo”?
Si afferma il paradigma della- complessità e della multidimensionalità dei saperi, con la relativa tendenza all’a-centrismo e/o al pluricentrismo Si manifesta una crisi delle- gerarchie dei saperi (scienza e arte, saperi colti e mondani ecc.), affiancata da una apertura alla contaminazione transdisciplinare ed alla trasversalità.
Complessità e multidimensionalità della conoscenza conoscenza come attraversamento pluriprospettico, per dirla con Wittgenstein.
E lo specifico del pensare filosofico è solo la prospettiva critica, tesa a costruire riflessioni, è la “fatica del concetto”, l’attenzione al significare aperto, a porre domande e dubbi, a offrire prospettive e risposte su cui continuare a dialogare, discutere e ri-discutere. Lo specifico del pensare filosofico è l’interrogare radicale.
Come non basta “leggere” o “imparare” un libro di filosofia per filosofare, così non è sufficiente un ipermedia di contenuto filosofico o la navigazione tra siti di filosofia per filosofare: ciò che è cruciale non è ovviamente il contenuto, né il media in uso, quanto lo stile e la prospettiva della pratica.
La pratica filosofica è racchiusa integralmente nel “domandare tutto e tutto domandare”. Nell’interrogare radicale, che mette in discussione, senza fermarsi, i presupposti stessi del suo operare, le sue stesse pratiche e le sue modalità di espressione, formazione del pensiero e comunicazione.
Far filosofia è incontrare la situazione “critica” così come accenna Kant nel celebre passo della Fondazione della metafisica dei costumi in cui egli, per definire in che cosa consista la “posizione critica” e la “genuinità” della filosofia, sostiene che essa consista proprio nel non poter “agganciare” la sua posizione «a nulla nel cielo, o ad appoggiarla a nulla sulla terra» : l’esperienza del filosofare fa perno sull’autonomia della sua stessa “posizione critica”, il fatto che essa stia «salda, senza poter tuttavia trovare né appoggio, né appiglio in qualcosa che stia in cielo o in terra».
Come il filosofo è qualcuno che “sa tutto, senza aver imparato niente” (il gentiluomo-filosofo, come dice Molière, Les femmes savantes): il filosofo ricerca, ma la sua verità non poggia da nessuna parte. Proprio per questo non rifugge da alcuna tecnica espressiva, e le pratica, a sua convenienza, tutte, senza identificarsi in nessuna.
Platone è uno dei protagonisti proprio della conquista della consapevolezza profonda del legame fra tecnologia della scrittura e pensiero. Nella Lettera settima, e in altri luoghi dei dialoghi, Platone ci testimonia che la Filosofia è fatta di un lungo, rigoroso, duro esercizio dialettico, faticosissimo, ma che essa non si identifica con questo “controllo del discorso”, con questa “tecnica” della dialettica, del dialogare; la Filosofia è qualcosa di più. Ci dice che la Filosofia «non è una scienza come le altre», «non si può in alcun modo comunicare», è come «una fiamma che si accende da un fuoco che balza, nasce d’improvviso nell’anima».

Ipertesti per pensare e ragionare
Ragionando sugli usi correnti degli ipertesti osserviamo che la tendenza ad accentuare l’aspetto automatico dell’interazione favorisce un uso sbrigativo e poco motivante, mentre può essere desiderabile valorizzare le potenzialità in possesso del soggetto, attivando un protagonismo, un movimento del pensiero ed una motivazione che rischiano alcune volte di rimanere inespressi.
In questo quadro si inserisce la proposta degli ipertesti educativi, e si osservano non poche differenze quanto a capacità di saper generare curiosità, pensieri e ragionamenti, cioè capacità di rendere possibile l'educazione al movimento autonomo e attivo del pensiero. Gli ipertesti che permettono tutto ciò sono formati da blocchi che si connettono in un sistema di relazioni e permettono la molteplicità di sensi; sono quindi costituiti da una struttura reticolare che rappresenta le molteplici connessioni tra eterogenei contenuti di conoscenza.
Un ipertesto costituito da un testo che viene direttamente costruito su supporto elettronico in forma reticolare, strutturato in un insieme di blocchi legati in un sistema di relazioni, che sappia produrre sempre nuovi significati e generare il piacere della navigazione, può essere utile ad allenare il pensiero ad un movimento flessibile e continuo tra ciò che di volta in volta si porta in figura e ciò che rimane temporaneamente sullo sfondo, abituando il fruitore ad una osservazione e ad una analisi attenta che lo aiuti a vedere una parte come parte di un tutto e a creare delle relazioni fra le varie parti a disposizione, abituandosi così a dare un senso a queste ultime.
Un simile allenamento permette lo sviluppo di quella parte della nostra intelligenza che Gardner definisce filosofica, predisponendo il soggetto ad un atteggiamento filosofico verso il sapere, ovvero di creare quella tensione intellettuale che attiva la ricerca filosofica autentica, quella per dirla con J. Gardner che non si inchina mai alle risposte ma solo alle domande, perché “una risposta è il tratto di strada che ti sei lasciato alle spalle. Solo una domanda può puntare oltre.”
Walter Ong
[2][2] sostiene che «L’esistenza stessa della filosofia e di tutte le scienze e le “arti” (…) dipende dalla scrittura» e che ciò significa che essa è prodotta «non dalla mente umana senza aiuti, ma dalla mente che usa una tecnologia profondamente interiorizzata, incorporata nei processi mentali stessi».
L’ethos del filosofare, in conclusione, può avere un suo “statuto”, ma esso, come tale, perviene al vivere più che al sapere.
Non c’è, credo, altra possibilità per chi pratica il filosofare se non quella di rischiare di “immergersi” nelle nuove tecnologie, nel farne pratiche di comunicazione, senza dismettere il proprio habitus, che è quello di praticare la “soglia” delle tecnologie della comunicazione.
Il vero ipertesto è quello che, oltre alla lettura multisequenziale, offre la possibilità di intervento sul testo con la creazione di nuovi link.
L'ipertesto è come qualsiasi forma di testualità - parole, immagini, suoni - che si presenti in blocchi o unità di lettura collegati da link. Si tratta, essenzialmente, di una forma di testo che permette al lettore di abbracciare o di percorrere una grande quantità di informazione in modi scelti dal lettore stesso, e, nel contempo, in modi previsti dall'autore.
Il grande valore educativo dell'ipertesto sta nell'offrire a chi impara ciò che desidera imparare quando vuole impararlo; esso è rivolto a chi impara. L'ipertesto didattico e le cose migliori dei nuovi media didattici sono ambienti di apprendimento, non di insegnamento.
10 maggio 2005

La marmellata spiegata ai bambini

Pina Montesarchio
Un agriturismo a valle e bambini di terza elementare insieme alle maestre, a camminare un viottolo di campagna che porta alla fattoria. “Come si fa la marmellata”, ecco il tema della lezione del giorno. La contadina spiega alla scolaresca che per fare una buona marmellata occorre che le mele siano buone. E poco importa se sulla buccia ci sono dei segni che ne rovinano il colore. Le mele belle, quelle che al supermercato vengono esposte tutte della stessa grandezza, dai colori lucenti che quasi ci si può specchiare nella buccia, è bene sapere che vengono coltivate con pesticidi vari e infine tirate a lustro con la cera, che l’acqua scivola giù e non le bagna e anche il sapore finisce per essere altro. Luca: Se una cosa è bella può anche non essere buona. Simone: Ma se è buona allora è anche bella. Valeria: Come le persone. Il bello come manifestazione del bene: la teoria platonica del bello. Il tema è di grande rilievo. I temi emersi dal dialogo, che è filosofico perché alimenta le suggestioni filosofiche dei bambini, costituiscono la domanda culturale/filosofica dei bambini. Che ne facciamo dei temi emersi? Di quanta forza li facciamo vivere? Dove far vivere questa interrogazione? L’importanza esistenziale della filosofia, non più intesa come un sapere rivolto a pochi ma come prerogativa di ogni essere raziocinante, è oramai largamente riconosciuta e i luoghi della scuola devono accogliere questa esigenza. Secondo quali modalità? Secondo la modalità Lipman, non importa approfondire le questioni affrontate, il tutto è visto come un pretesto, occasione per un esercizio del pensiero e un vivere il dialogo. C’è bisogno di una nuova impostazione, i temi emersi vanno riconsegnati all’alunno perché ancora se ne possa dibattere. Si tratta di accettare come legittima l’esigenza del bambino di interrogarsi su questioni di ordine ontologico o esistenziale. Si tratta, altresì, di accettare la prospettiva di un bambino e il suo invito a riconvertire lo sguardo dell'uomo sul mondo, perché la bellezza è nell’essere e non nell’apparire. Importa la prospettiva che il bambino ha del mondo, come pensa il mondo, in fondo la differenza del come pensa il mondo un adulto e un bambino è una differenza di qualità, i bambini hanno da insegnarci, da dirci verità. E noi educatori dovremmo assumere l’atteggiamento di “Naviganti in ascolto”. Mettersi in ascolto del mare, del nuovo, dei bambini. Dunque, parlo di un ascolto di noi grandi che sia capace di rintracciare nel pensiero dei piccoli, piccole verità per gli adulti. Parlo di un'attenzione per ciò che il bambino ha da dire, per le sue ipotesi sul mondo, per le possibili soluzioni che egli dà. Sguardo pulito, non ancora calati nelle logiche interessate degli adulti e dei potenti, i bambini, come i poveri, hanno da dire qualcosa di importante su questa nostra vita in questo mondo.

Educazione e disagio esistenziale

Domandare per rispondere: il valore della domanda nel processo di apprendimento
Traccia della conferenza tenuta presso il II° Convegno Nazionale promosso dalla CNY (Confederazione Nazionale Yoga) sul tema "Il gusto dell’apprendimento", Roma, 9 novembre 2002.
L’argomento di cui vorrei parlare è il ruolo, e il valore – vedremo perché valore, dopo averne chiarito per quanto possibile il ruolo – della domanda nel processo d’apprendimento.
· Innanzitutto, chi è il soggetto dell’apprendimento? Di “cosa” è fatto?
Se ci chiediamo chi sia il soggetto del conoscere cadiamo facilmente preda del “tic oggettivante”, ossia ci dimentichiamo facilmente del conoscere in atto, e per questo la concezione di noi stessi precipita sempre un po’ a valle, quanto basta per identificarci con ciò che ci troviamo davanti.
Ma se ci stiamo chiedendo veramente del soggetto, evitiamo l’errore di chiedercelo un po’ più in là, e chiediamocelo davvero, restando nella domanda e assaporandola: chi sta facendo esperienza adesso?
Ecco che ci possiamo cogliere innanzitutto come domanda in atto.
E la domanda segue sempre un’osservazione, presuppone qualcosa che abbiamo notato, e su cui poi ci chiediamo. Quindi prima della domanda c’è sempre un accorgersi.
Questo accorgersi è una rottura di indifferenza di uno stato precedente, che è solo apertura indifferenziata su un campo percettivo.
Dunque 1) c’è un’apertura sul mondo; 2) ci accorgiamo di qualcosa; 3) ci chiediamo su questo; 4) ci rispondiamo: sono i quattro tempi della coscienza, i nostri mattoni fondamentali che in genere non vediamo perché li stiamo usando.
I cicli di apertura-accorgersi-domandarsi-rispondersi si susseguono rapidamente, ma a volte è possibile sostare più a lungo nel primo atto, il permanere nell’apertura cosciente senza particolari percezioni, e nel terzo, la sospensione della domanda propria dello sguardo estetico. L’accorgersi e la risposta invece sono i momenti veloci del processo.
La domanda è uno stato di sospensione che è possibile assaporare: ciò di cui ci siamo accorti non è ancora stato qualificato; è lo stadio in cui, pur investiti dallo stimolo sensoriale, non l’abbiamo ancora riconosciuto e aspettiamo di trovargli un posto all’interno dei nostri schemi cognitivi. A questo segue il momento veloce in cui lo collochiamo, lo riconosciamo, ed ecco la risposta.
Già si possono intuire le potenzialità risvegliate dallo stato di dubbio, di domanda, di apertura, di contro alla risposta, che è conclusione e chiusura. La risposta è un punto, un sollievo, una strada che è finita, uno slancio che ha trovato riposo.
In ogni esperienza dunque, se guardiamo bene, possiamo distinguere questi quattro atti semplici, non ulteriormente scomponibili.
· Passando dalla “fisiologia sottile” all’ambito dei significati, osserviamo che la struttura coscienziale è sempre accompagnata da un coinvolgimento: ne va di me. Il solo supporre di coglierci coincidenti con il “meccanismo” coscienziale non ci lascia indifferenti, e per questo anzi mostra la nostra natura di non-meccanismo. Sarebbe se non altro uno strano meccanismo, un meccanismo che sa di sé e che si stupisce di sé.
Ciò che distingue la coscienza umana da un processore elettronico è la consapevolezza, che è un sapere non-neutrale, cioè un sapere con un sapore. La nostra esperienza è sempre accompagnata – anzi costituita – dalle tonalità emotive: non si può parlare di esperienza senza rottura di indifferenza, e la rottura di indifferenza è rilevata tramite una sensazione significante per noi, per la quale l’esperienza diventa la mia esperienza, l’esperienza che mi riguarda.
Questo particolare sapore del “mi riguarda” accompagna ogni ciclo dei quattro tempi della coscienza: non è un meccanismo là davanti, sono io! E se sono questo meccanismo, in questo meccanismo ne va di me.
Noi non sentiamo e basta, ma ci domandiamo su cosa abbiamo sentito, perché sentire è cogliere le implicazioni del sentire.
Se prendiamo una forma di vita elementare, vediamo che tutto è regolato dalla biologia, e l’organismo non ha altro da perseguire che un ottimale funzionamento fisiologico. Ma l’uomo non è appagato solo dalla soddisfazione delle richieste biologiche; ha fame di significati, e la biologia non ci sazia di significati.
L’uomo si fa domande, ha dei dubbi, si annoia: neanche nel massimo relax si sente compiuto! Attraverso la pratica dello yoga si può notare come talvolta proprio durante il rilassamento emergano inquietudini, insofferenze e dubbi. Questo è in pratica il “non bastarsi” che caratterizza l’essere umano – tutti l’avremmo provato, per esempio in un momento di noia profonda –; è un sentire che è già una forma di domanda, alla quale dobbiamo prestare attenzione e “tradurre” da un linguaggio solo viscerale alla consapevolezza.
Da che cosa possiamo partire per ascoltare e decifrare la domanda?
La domanda si sente nel silenzio e nel tempo protratto dell’ascolto, e la sua prima voce è il nostro sentire. Ma non basta sentire: dobbiamo anche capire il significato delle sensazioni.
· Nessuno resta indifferente a se stesso: essere coscienti è innanzitutto sapere di esserci, e questo sapere di sé non avviene in una fredda constatazione, ma in un sussulto di stupore che è innanzitutto domanda, domanda non verbalizzata ma viscerale, una domanda sentita che è aspettativa di un senso, di una ragione, di spiegabilità e comprensione.
Io, proprio io, ci sono. E questo fatto giustifica e alimenta la meraviglia.
Secondo gli antichi lo stupore è l’anima della conoscenza, perché è l’atteggiamento alla radice del dubbio, della domanda, della ricerca; è essere consapevoli di non comprendere ciò che si ha davanti quando, da familiare e ordinario, a un certo punto ci si rivela inspiegabile e meraviglioso: non mi meraviglio perché il cielo è azzurro invece che in di un altro colore, ma comunque esso sia, mi stupisco per il fatto che c’è.
Perché c’è qualcosa invece che nulla?
Non c’è risposta.
E questo “non c’è risposta” non può mai diventare una risposta, non è la fine del nostro cercare, ma anzi ne costituisce la scaturigine stessa. L’abisso della non-risposta alla più scandalosa delle domande ci chiama costantemente al tentativo di riempire quel vuoto incolmabile, intrinsecamente incolmabile, e questo diventa spinta di comprensione, diventa ricerca, domanda.
Nessuno resta indifferente a se stesso, al proprio esserci: il fatto che mi trovo ad esistere mi riguarda, nel fatto che esisto ne va di me. Questo “andarne di me” spinge fino a concretizzarsi nella domanda che i bambini ripetono più spesso: “perché?”
Il “perché?” dei bambini ci denuda, perché il bambino, insieme al filosofo, non sta chiedendo un elenco di descrizioni o di sinonimi, o una concatenazione di spiegazioni, ma va dritto al cuore della nostra condizione originaria di “gettatezza” nell’esistenza: perché c’è tutto questo? Cos’è?
Dall’atteggiamento di genitori ed educatori il bambino capisce in fretta se sia opportuno o meno continuare a fare domande. Così la domanda originaria prende la via dell’oblio: imparerà dagli adulti a far finta che tutto sia normale, giustificato, ovvio; imparerà a destreggiarsi all’interno di quelle “parentesi di usabilità” del mondo, che sembra spesso l’unico requisito richiesto dalla società per vivere.
Ma vivere non è solo fare delle esperienze, riempirsi di sensazioni: vivere da essere umano significa innanzitutto trovare un riscontro alle nostre domande.
Insieme alle domande fondamentali della nostra esistenza, espresse con grande candore e altrettanta lucidità dai bambini, si “archiviano” anche la meraviglia, la stranezza, lo stupore, la curiosità, il gusto della scoperta, che motivano e accompagnano le domande.
· Domanda, stupore, coinvolgimento sono intimamente connessi e formano il substrato stesso del processo d’apprendimento. Perdendo il contatto con il nucleo originario del nostro domandare, piano piano diminuisce il coinvolgimento, diminuiscono l’interesse e la motivazione ad apprendere, perché si perde il nucleo “sapiente” dell’apprendimento, “sapiente” nel senso che sa e che ha sapore.
Così accade che ciò che mi viene insegnato mi riguarda sempre meno, non ha più il potere di coinvolgermi perché non parla di me, in sostanza non mi riguarda. Non mi coinvolge perché non suscita in me lo stupore che, solo, ci tiene vivi.
Nell’ambito dell’insegnamento, si tratta di valorizzare la domanda evitando di considerarla un negativo, imbarazzante stato di indecisione dal quale uscire al più presto.
Questo è il senso del “domandare per rispondere” – rispondere con una domanda – invece che spegnere il processo con una risposta: su ogni risposta è possibile applicare una nuova domanda.
Jostein Gaarder, l’autore de Il mondo di Sophia, ha scritto un bel racconto, C’è nessuno?, in cui gli abitanti del pianeta Elio si inchinano ad ogni domanda profonda e non si piegano mai davanti a una risposta, perché – scrive – «una risposta è il tratto di strada che ti sei lasciato alle spalle: solo una domanda può puntare oltre».
L’educazione così può essere intesa come una continua scoperta che cresce sul terreno della domanda, perché non c’è nulla che ci riguarda e ci fa crescere di più delle nostre domande: qualsiasi apprendimento passa attraverso la domanda e attraverso le emozioni ad essa collegate.
Per questo è necessario prima di tutto essere in grado di reggere la sospensione che lo stato di domanda porta con sé, e saper nutrire quel domandarsi con osservazioni e nuove domande, in modo tale che possa avere uno sviluppo e che si possano creare percorsi di pensiero autentico.
Il pensiero oggi sembra avere rare occasioni per essere stimolato, e valorizzato, nell’ambito delle sue funzioni più vive, più originarie, che sono quelle del dubbio, della perplessità, del domandare e domandarsi, dell’indagine in prima persona, della scoperta e della meraviglia.
Credo che solo ritornando alla domanda più autentica possa essere recuperato, insieme al gusto dell’apprendimento, il senso profondo dell’educare. Le sue tracce ci portano là dove il domandare stesso sorge - in noi stessi -, dove abita la domanda che riguarda il nostro stesso esserci, e dove nasce la meraviglia.
Concludo ringraziando il Maestro Franco Bertossa – senza l’insegnamento del quale non avrei avuto gli strumenti per fare queste osservazioni fenomenologiche (cioè in prima persona), oltre che riconoscerne il valore – e in generale la scuola di A.S.I.A., il luogo per eccellenza dove le (mie) domande sono state e continuano ad essere accolte.
Il lavoro sul quale si è basato l’intervento è frutto dell’attività di ricerca fenomenologica in atto presso il Centro Studi A.S.I.A. sotto la guida del Maestro Franco Bertossa.
In particolare, fa riferimento al confronto costante con le persone che fanno parte del gruppo di studio, e ai preziosi spunti di riflessione offerti dai documenti (alcuni pubblicati sulle riviste di A.S.I.A. o della CNY, altri inediti) di Franco Bertossa, Beatrice Benfenati, Laura Podda, Alessandra Ielli, Roberto Ferrari, Giulio di Furia, Letizia Magenti, Paola Basile, Paolo Pendenza, Chiara Teneggi, Marco Besa.

martedì 17 luglio 2007

I Porcospini (racconto filosofico tratto da "Storie per apprendisti saggi"

In una fredda giornata d'inverno,
alcuni porcospini si stringevano
gli uni agli altri per tenersi caldi.
Ben presto, a forza di avvicinarsi,
avvertirono le punture degli aculei
e dovettero allontanarsi un pò.
Quando sentirono nuovamente freddo, però,
l'istinto li portò ad avvicinarsi ancora...
Ma di nuovo avvertirono le punture degli aculei.
Compirono queste azioni diverse volte,
finchè non trovarono la giusta distanza. (Schopenhauer)
Per comunicare coi bambini è necessario spiegare i concetti astratti, come quello di libertà o di giustizia, con un supporto narrativo che ne faciliti la comprensione, partendo da un apologo verso spunti di riflessione veri e propri.

giovedì 12 luglio 2007

IL MONDO DI SOFIA (percorso di storia della filosofia) rielaborazione da J. Gaarder

Filosofia a teatro

PersonaggiSofiaLa mamma di Sofia/HildeL'amica JorunnPrimo pensatoreSecondo pensatoreTerzo pensatore Quarto pensatore Quinto pensatore Sesto pensatore Settimo pensatore Ottavo pensatoreNono pensatore Decimo pensatorePlatoneAristoteleAlbertoHildeEbenezer ScroogeLa piccola fiammiferaiaNoèIl padre di Hilde
"Colui che non è in grado di darsi conto di tremila annirimane al buio e vive alla giornata."(Johan Wolfgang Goethe)
L'attività teatrale è parte integrante del Piano dell'Offerta Formativa, si svolge all'interno delle attività integrative del tempo prolungato in forma elettiva e in moduli trasversali determinati dalla flessibilità oraria nelle altre tipologie di scuola.Generalmente il lavoro dura un anno scolastico, prevede un gruppo fisso formato a classi aperte sia orizzontali che verticali e gli alunni svolgono un lavoro di tipo integrato nel senso che si occupano sia della parte recitativa/interpretativa, sia dei materiali di scena e fondali, sia della musica di scena.Prof.ssa Tiziana Cavedoni tiziana@adriacom.it
IL GIARDINO DELL'EDEN
(…insomma, qualcosa doveva essere stato creato una prima volta dal nulla…)(fondale paesaggio nordico; Sofia e l'amica passeggiano.)NARRATORE: Sofia Amundsen stava tornando da scuola. Aveva percorso il primo tratto di strada assieme a Jorunn e avevano parlato di robot.JORUNN: Secondo me il cervello degli esseri umani a paragonabile ad un computer assai sofisticato.SOFIA: Non sono molto d'accordo; per me l'uomo è qualcosa di più semplice di una macchina.NARRATORE: Era l'inizio di maggio: in alcuni giardini i narcisi formavano corone di fiori sotto gli alberi da frutto e le betulle cominciavano a coprirsi di foglioline verdi. Sofia osservava attentamente…SOFIA: (attenta) Perché chili di materia spuntano dalla terra inanimata solo quando l'aria diventa più calda e si sciolgono le ultime tracce di neve?NARRATORE: Sofia guardò nella cassetta delle lettere: era sempre lei che raccoglieva la posta, gettava i volantini pubblicitari sempre abbondanti e predisponeva il resto in cucina in ordine per la mamma. Il papà di Sofia era via per la maggior parte dell'anno perché era capitano di una grande petroliera. Quel giorno trovò solamente una minuscola lettera per lei…SOFIA: (leggendo la lettera) Sofia Amundsen, Kloverveien 3…mmm…non c'è né mittente, né francobollo! Adesso la apro…solo un piccolo foglietto e c'è scritto: "Chi sei tu?"NARRATORE: Sofia si affrettò ad entrare in casa: diede da mangiare al micio Sherekan, ai pesciolini Oro, Cappuccetto Rosso e Fuliggine, a Briciola e Briciolo le due cocorite ed infine a Govinda la tartaruga. Quando era arrabbiata, la mamma di Sofia riteneva che la casa fosse un serraglio. Sofia pensò ancora alla misteriosa frase…SOFIA: Io sono Sofia Amundsen naturalmente, ma non sono riuscita a scoprirlo ancora del tutto. Adesso prendo uno specchio…ecco…io sono Sofia Amundsen e tu chi sei?NARRATORE: Non ricevette alcuna risposta tanto che per una frazione di secondo si chiese se era stata lei o l'immagine a porre la domanda.SOFIA: Tu sei me! Io sono te! Che cosa strana: io non sono molto contenta del mio aspetto, però esso è arrivato bello e pronto; io posso scegliermi gli amici, ma non posso scegliere me stessa…non ho nemmeno scelto di essere un essere umano…ma che cos'è un essere umano? Forse è meglio che vada a fare i compiti di scienze.NARRATORE: Quella lettera aveva cambiato le sensazioni di Sofia: le sembrava strano che si trovasse al mondo proprio in quel momento, ma non solo, la stessa idea della vita le fece ricordare la morte.SOFIA: È come una moneta con due facce: tanto più nitido è un lato, tanto più chiaro diventa anche l'altro.NARRATORE: Sofia tornò a controllare che non ci fosse ancora posta nella cassetta: stupita, trovò una seconda lettera con il suo nome.SOFIA: (leggendo) Ancora un piccolo foglio di carta…"Da dove viene il mondo?" Non lo so proprio…forse qualcuno lo sa…tuttavia per la prima volta penso che non sia possibile vivere in un mondo senza chiedersi da dove viene. Io so che la Terra è un piccolo pianeta nell'immensità del Cosmo…e il Cosmo da dove viene? Probabilmente il Cosmo è sempre esistito!NARRATORE: Con questa risposta Sofia aveva creduto di risolvere il problema, tuttavia si accorse molto presto che l'aveva solo rimandato: anche il Cosmo doveva essere nato da qualche cosa e, quindi, era assurdo credere che fosse sempre esistito.SOFIA: Che domande terribili! Chi mi ha strappato alla vita di tutti i giorni per mettermi faccia a faccia con i grandi misteri dell'universo?NARRATORE: Andando a controllare la cassetta della posta per la terza volta, Sofia trovò una cartolina con il timbro del contingente ONU…SOFIA: (leggendo, sempre più stupita) Cara Hilde, tanti auguri di buon compleanno per i tuoi quindici anni. Come avrai capito voglio farti un regalo che ti aiuterà a crescere. Perdonami se mando questa cartolina a Sofia. Era la soluzione più semplice. Affettuosi saluti, papà. Adesso ho un altro problema su cui riflettere e così sono tre: chi è la persona che mi manda le lettere, le difficili domande delle lettere, chi è Hilde Moller Knag.NARRATORE: Era sicura che i misteri fossero collegati anche se, fino al quel momento, aveva trascorso un'esistenza del tutto normale.
IL CAPPELLO A CILINDRO(…l'unica cosa di cui abbiamo bisogno per diventare buoni filosofi è la capacità di stupirci…)
(in un angolo un banco per la scuola)NARRATORE: Sofia dava per scontato che chi le aveva scritto quelle lettere si sarebbe messo in contatto con lei prima o poi e decise di non dire niente e nessuno. A scuola faceva fatica a concentrarsi perché le sembrava che i professori si occupassero solo di cose insignificanti: perché non parlavano di che cos'è un essere umano, che cos'è il mondo e del modo in cui è stato creato?SOFIA: Mi sembra che la gente si occupi solo di cose futili qui a scuola, mentre, invece, esistono domande più grandi, più complesse e che richiedono una risposta. NARRATORE: Terminata l'ultima ora di lezione uscì velocemente da scuola e Jorunn la rincorse…(Fondale paesaggio nordico e qualche albero)JORUNN: Aspettami…giochiamo a carte stasera?SOFIA: Non so se giocare a carte mi interessi più come prima.JORUNN: Allora possiamo giocare a badminton…SOFIA: Nemmeno il badminton mi sembra importante.JORUNN: (un po' seccata) Almeno potresti dirmi che cosa è importante?SOFIA: (misteriosa) È un segreto!JORUNN: Ho capito, sei innamorata…allora ti saluto…io taglio giù per qua.NARRATORE: Sofia era avvilita perché sapeva di aver ferito l'amica…ma che cosa poteva dirle? Che di colpo era impegnata a capire chi era, da dove viene il mondo e che non aveva tempo per giocare? Jorunn forse non avrebbe capito…SOFIA: (pensierosa) Ma perché è così difficile occuparsi di domande che sono così importanti e allo stesso tempo le più normali di questo mondo?NARRATORE: Quando arrivò a casa aprì la cassetta delle lettere e vi trovò una busta più voluminosa del solito perché conteneva tre fogli scritti a macchina tenuti insieme da un fermaglio. Così Sofia con il cuore che le batteva forte forte cominciò a leggere.(Entra leggendo parzialmente il primo pensatore)PRIMO PENSATORE: Molte persone hanno hobby diversi: c'è chi colleziona francobolli, chi monete antiche, chi si dedica alla pratica sportiva; ad alcuni piace leggere e anche in questo caso ci sono notevoli differenze perché c'è chi ama i romanzi, chi i gialli, chi libri che trattano di animali, astronomia…Ma esiste qualcosa che dovrebbe interessare tutti, cara Sofia: ci sono domande che dovrebbero coinvolgere tutti gli uomini. È vero che per chi non ha da mangiare è importante un pezzo di pane, per chi ha sete è fondamentale avere dell'acqua, ma c'è qualcosa di cui tutti gli esseri umani hanno bisogno, ovvero chiedersi e rispondere a due domande: "Chi siamo?" e "Perché viviamo?".SOFIA: Le stesse domande che ho trovato nelle lettere ricevute: fino a tempo fa mi sembravano pensieri sciocchi, ma ora sento il bisogno di sapere come la storia abbia cercato di rispondere a questi quesiti perché, se non ricordo male, tutte le civiltà hanno cercato di trovare la possibile risposta. Anche oggi ognuno deve provare a dare la propria risposta, non esiste un'enciclopedia da consultare.PRIMO PENSATORE: Molti misteri sono stati risolti dalla scienza: per esempio tanto tempo fa non si sapeva com'era la luna, mentre oggi la conosciamo molto bene perché l'uomo ci è arrivato in prima persona. Secondo un filosofo greco che visse più di duemila anni fa la filosofia nacque grazie alla capacità, peculiare degli esseri umani, di stupirsi; spesso ci meraviglia ciò che riesce a fare un prestigiatore con il suo cappello a cilindro, ma in quel caso noi sappiamo che c'è una specie di imbroglio. Il mondo non è un inganno e noi, sentendoci coinvolti in qualcosa di misterioso, vogliamo scoprire come tutto sia collegato.(Esce il Primo Pensatore)SOFIA: Mi sento molto stanca, come se non avessi respirato durante tutta la lettura. Adesso vado a vedere se c'è ancora qualcosa per me nella cassetta, già tanto la mamma tornerà solo tra due ore.NARRATORE: Sofia trovò un'altra lettera e, dopo averla aperta, scoprì che conteneva molte pagine scritte a macchina. Decise di cominciare subito a leggere.(Entra il Secondo Pensatore)SECONDO PENSATORE: Tutti i bambini piccoli hanno la capacità di stupirsi per fortuna: dopo pochi mesi di vita cominciano a percepire una realtà nuova fiammante.Eppure, mano a mano che crescono, questa capacità sembra affievolirsi e questo è il vero problema: sarà mio compito impedire che tu diventi una di quelle persone che danno il mondo per scontato. Per esempio, immagina una stanza con mamma, papà e il piccolo Thomas mentre fanno colazione. La mamma si alza e volta le spalle per controllare i fornelli e, in quello stesso istante, papà spicca il volo.(Azione mimica della scena seguente; angolo di cucina)SOFIA: Thomas punterebbe il dito verso il padre dicendo: "Papà vola!!"SECONDO PENSATORE: Certamente, Thomas è piccolo e si stupisce quando vede un adulto che compie qualche operazione, tutto per Thomas è strano, quindi anche il volo di papà.SOFIA: Forse la mamma non reagirebbe così: potrebbe essere spaventata e lasciar cadere il barattolo della marmellata…forse avrebbe bisogno del medico…SECONDO PENSATORE: Proprio così, la mamma sa che gli uomini non possono volare, Thomas ancora no. C'è chi pensa di sapere già tutto e chi deve ancora imparare e così noi ci abituiamo non solo alla forza di gravità, ma anche al mondo così com'è. È una perdita grave a cui i filosofi cercano di porre rimedio.SOFIA: Per i bambini tutto è nuovo e stupefacente, ma non è così per gli adulti, la maggior parte dei quali percepisce il mondo come un fatto quasi ordinario.SECONDO PENSATORE: I filosofi sono una felice eccezione, un filosofo conserva la delicata pelle di un bambino per tutta la vita. Tu hai una grande occasione: diventare un filosofo per non appartenere alla categoria degli apatici e degli indifferenti, per vivere la tua vita in modo consapevole.(Esce il Secondo Pensatore ed entra il Terzo)TERZO PENSATORE: Un coniglio bianco viene estratto da un cilindro vuoto in miliardi di anni perché è un animale molto grosso. Sulla punta dei suoi peli nascono i bambini, ma invecchiando scivolano nella pelliccia del coniglio; alcuni si trovano a loro agio e non cercano più di risalire, mentre molti altri non stanno bene e cercano di arrampicarsi sui peli sottili.SOFIA: Questi saranno i filosofi!TERZO PENSATORE: Certamente, e gridano agli uomini "Signori e signore, siamo sospesi nel vuoto!", ma gli esseri umani sono disinteressati e rispondono "Uffa, che scocciatori!", "Mi passi il sale?", "Come va oggi in borsa?", "Hai sentito che quell'attrice da quattro soldi sarà pagata come una stella di prima grandezza?"NARRATORE: Sofia dovette interrompere la lettura perché sentì…LA MAMMA: Sofia sono arrivata…scendi per aiutarmi a preparare la cena!SOFIA: Mamma, secondo te è strano vivere?LA MAMMA: Beh, a volte penso di sì.SOFIA: Per te il mondo è perfettamente normale?LA MAMMA: Nella maggior parte dei casi direi di sì.SOFIA: Che schifo! Il mondo ti è diventato così familiare che non ti stupisce più…sei completamente rimbecillita!LA MAMMA: (arrabbiata) Non ti permetto di parlarmi in questo modo!SOFIA: Ti sei trovata un posticino comodo nella pelliccia del coniglio che proprio in questo momento viene tirato fuori dal cilindro nero dell'universo: tra un attimo andrai a far bollire le patate, poi leggerai il giornale e dopo un pisolino di mezz'ora guarderai il telegiornale.NARRATORE: Sofia vide il volto della mamma piuttosto preoccupato e per tutto il resto della giornata non parlò più di conigli bianchi.
I MITI(…un precario equilibrio di potere tra le forze del bene e quelle del male…)
NARRATORE: Il giorno seguente Sofia trovò ancora una lettera nella cassetta della posta…(Entra il quarto pensatore con la lavagna)QUARTO PENSATORE: Con il termine filosofia noi facciamo riferimento ad un modo di pensare che nacque in Grecia circa seicento anni prima di Cristo. Prima di questa data, gli uomini usavano le diverse religioni per rispondere a tutte le domande difficili e tali spiegazioni venivano tramandate di generazione in generazione attraverso i miti, racconti sugli dei che avevano il compito di spiegare la vita nelle sue varie manifestazioni.(Entra il quinto pensatore)QUINTO PENSATORE: Anche qui al nord abbiamo i nostri miti: per esempio il dio Thor e il suo mantello che faceva piovere quando lo roteava; quando gli fu rubato dalle forze del male ci fu una lunga lotta per riaverlo e, durante questo periodo, ci fu una terribile siccità. Allora gli uomini non poterono aspettare la restituzione del mantello e così inventarono i riti, ovvero le varie pratiche religiose per ottenere qualcosa.SOFIA: Secondo la mitologia nordica in inverno la natura muore perché il mantello di Thor è lontano nello Jõtunheimr, mentre in primavera la natura rinasce perché riesce a riprenderselo.(Entra il sesto pensatore; con lui personaggi ornati di vegetali, fiori, frutti)SESTO PENSATORE: Gli uomini drammatizzavano un mito di stagione, per esempio, per accelerare i processi naturali. In Grecia avvenne poi un fatto strano: si cominciarono a formare della città-stato in cui il lavoro manuale ricadeva sugli schiavi, mentre i liberi cittadini potevano dedicarsi alla cultura; da un modo di pensare mitologico si passò ad un tipo di ragionamento che ha come basi la logica e l'esperienza. Quindi i primi filosofi greci criticarono i miti che erano stati scritti da Omero ed Esiodo.NARRATORE: Sofia era molto contenta perché le era diventato chiaro che gli uomini avevano bisogno di trovare spiegazioni ai processi naturali, forse gli esseri umani non potevano addirittura vivere senza queste spiegazioni e, quando la scienza non esisteva, avevano fatto ricorso ai miti.
I FILOSOFI DELLA NATURA(…niente può essere creato dal niente…)
(fondale paesaggio)NARRATORE: Quando la mamma di Sofia ritornò dal lavoro nel pomeriggio, la ragazza teneva in mano una lettera e subito la mamma si insospettì.LA MAMMA: Che cos'hai in mano?SOFIA: Una lettera.LA MAMMA: (guardando) Come…senza indirizzo e francobollo? Allora sarà un tuo ammiratore! Sei innamorata, Sofia? La apri?SOFIA: (un po' seccata) Hai mai visto qualcuno aprire una lettera d'amore con la madre che le sta appiccicata addosso?NARRATORE: Sofia trovava imbarazzante il fatto che la mamma pensasse che aveva ricevuto una lettera di quel genere, tuttavia trovava ancora più difficile spiegare che stava facendo un corso di filosofia con un filosofo sconosciuto che giocava con lei come il gatto con il topo. Quando ebbe aperto la busta…SOFIA: (leggendo) Esiste una materia primordiale di cui sono composte tutte le cose? L'acqua può trasformarsi in vino? In che modo la terra e l'acqua possono diventare una rana? Che domande difficili: come avviene la trasformazione della materia e quante sono le sostanze di cui è composto il cosmo…NARRATORE: Più tardi Sofia trovò un'altra busta nella cassetta delle lettere.QUINTO PENSATORE: Cara Sofia, cominciamo la lezione di oggi, lasciando da parte per un attimo i conigli. Dal momento che i filosofi sono vissuti in un'epoca lontana dalla nostra e in una cultura del tutto diversa, la cosa migliore che possiamo fare è scoprire quale progetto avesse in mente ogni filosofo, cioè dobbiamo riuscire a mettere in evidenza gli aspetti cui ogni filosofo voleva dare risposta per seguire con maggiore facilità i suoi ragionamenti.(Entra il settimo penatore)SETTIMO PENSATORE: I primi filosofi greci sono chiamati "filosofi della natura", perché si occupano principalmente della natura e dei suoi processi.Secondo loro era scontato che qualcosa fosse sempre esistito: ma loro osservavano i continui cambiamenti che si verificano in natura chiedendosi come fossero possibili tutte quelle mutazioni, per esempio la terra inanimata che diventa alberi o fiori dai mille colori.(Entra l'ottavo pensatore)OTTAVO PENSATORE: Sappiamo solamente che andò diffondendosi l'idea che dovesse esistere una sostanza responsabile di tutti i mutamenti, un principio di tutte le trasformazioni della natura.Possiamo affermare con sicurezza che cercarono leggi naturali per spiegare ciò che era visibile allontanandosi dal mondo degli dei: in questo modo iniziò a delinearsi un modo di pensare scientifico, l'avvio di quella che sarebbe poi diventata la scienza vera a propria.SETTIMO PENSATORE: Mia cara Sofia, ora di farò qualche nome e ti fornirò qualche informazione: Talete pensò che l'acqua fosse il principio di tutte le cose, come dire che la vita nasce dall'acqua e all'acqua ritorna dopo la morte; questo filosofo arrivò a pensare così osservando le piene del Nilo in Egitto. Poi ci fu Anassimandro che, in modo meno preciso di Talete, indicò nell'infinito l'origine di tutte le cose. Un altro pensatore, Anassimene, ritenne che la materia di cui sono formate tutte le cose dovesse essere l'aria o l'aria infinita, una specie di aria condensata definita osservando le nuvole quando piove. Anche il fuoco era aria rarefatta: quindi la terra, l'acqua e il fuoco avevano origine dall'aria, il punto di inizio era proprio l'aria.SOFIA: Certo che, pur essendo io un'inesperta di filosofia, mi pare che tutti questi pensatori non riuscissero a spiegare come un principio si trasformava di colpo in qualcosa di diverso. Qui c'è scritto che Parmenide sostenne che tutto ciò che esiste deve essere già esistito, cioè non c'è mai un vero mutamento. Questo modo di pensare si chiama razionalismo: la ragione è ciò che aiuta a capire il mondo.OTTAVO PENSATORE: Ottimo Sofia: ti stai rendendo conto che nella storia del pensiero ci sono delle grandi diversità e che tutte meritano attenzione: ci sono molti filosofi che si contraddicono, ma questo non è negativo perché dal confronto nascono sempre idee nuove. C'è stato chi ha ritenuto che la natura sia costituita da quattro elementi: aria, acqua, fuoco e terra e che tutti i cambiamenti sono determinati dal mescolarsi separarsi di queste quattro radici; in altre parole tutto è costituito dall'aggregazione di terra, aria, fuoco e acqua in proporzioni diverse.SOFIA: È come un pittore che possa avere a disposizione un solo colore o i tre colori primari, o come un cuoco che abbia solo farina oppure uova, latte, farina, zucchero e lievito per preparare molte torte diverse.SETTIMO PENSATORE: Grazie per l'attenzione, Sofia: è probabile che tu debba rileggere più volte queste pagine, ma la comprensione implica anche un piccolo sforzo personale. Per il momento non ti aggiungiamo altro. A presto.NARRATORE: Per Sofia la filosofia era davvero interessante perché riusciva a seguire tutto con la propria testa senza essere costretta a ricordare quello che aveva imparato a scuola. Giunse a due conclusioni: la prima che la filosofia non poteva essere imparata, bensì si può imparare a pensare filosoficamente; la seconda, che se ciò che si studia a scuola non viene rielaborato attraverso la propria testa, resta come lettera morta e sembra inutile.
DEMOCRITO(…il giocattolo più geniale del mondo…)
NARRATORE: Sofia controllava più volte al giorno la cassetta della posta perché le lettere le giungevano frequentemente. Infatti, con pazienza riuscì a capire qual era il meccanismo di consegna: ogni pomeriggio riceveva una grande busta gialla e, mentre ne leggeva il contenuto, il filosofo si avvicinava alla cassetta e vi infilava anche una piccola busta bianca che conteneva una domanda. Sofia aveva pensato spesso come riuscire a smascherare il latore delle lettere…SOFIA: Sarà necessario che uno di questi giorni io mi apposti vicino alla cassetta delle lettere per riuscire a sorprendere che me le consegna. Dunque vediamo…qui troverò una domanda…"perché i Lego sono il giocattolo più geniale del mondo?". Ho giocato tanto con il Lego, ma ora è da tanto tempo che me li sono dimenticati: sono colorati vivacemente, hanno forme diverse, sono tutti incastrabili tra loro e poi sono indistruttibili.(Sofia va a prendere dei Lego)LA MAMMA: Sofia, che piacere vederti giocare nuovamente con il Lego!SOFIA: (tra sé) Sto facendo complesse ricerche filosofiche!LA MAMMA: Non so che cosa pensare…ma ti vedo molto impegnata e mi fa piacere anche se non riesco a capire bene che cosa ti passi per la mente.NARRATORE: La grossa busta gialla che seguì quella piccola bianca arrivò nel pomeriggio.SOFIA: Uhm…qui si parla di un certo Democrito…però ecco una cosa che conosco per averla studiata a scuola in scienze: l'atomo.(Entra il non pensatore)NONO PENSATORE: Democrito fu il primo a pensare che tutto fosse formato da mattoncini invisibili che chiamò atomos (che significa indivisibile). Capisci ora il perché della domanda sul Lego? Ascolta, questo filosofo pensava che i mattoncini fossero di tanti tipi: regolari, lisci, rotondi, irregolari potendo così dare origine a corpi diversi. Questi atomi dovevano poi essere liberi di muoversi e aggregarsi per formare le cose che vediamo intorno a noi.SOFIA: (manipolando il gioco) Il Lego ha proprio queste caratteristiche ed è per questo che piace: può essere continuamente riutilizzato, un mattoncino può far parte di una macchina e subito dopo di un castello.(Entra il decimo pansatore)DECIMO PENSATORE: Certamente, così come gli atomi di Democrito possono far parte di un certo corpo e poi essere riutilizzati in un altro corpo. Oggi possiamo dire che la teoria di Democrito sugli atomi era davvero giusta, nonostante lui non avesse avuto la possibilità di utilizzare delle macchine per vedere così in piccolo.SOFIA: Il mio professore ci ha spiegato che gli scienziati hanno scoperto che gli atomi sono formati da particelle ancora più piccole, neutroni, elettroni e protoni e che anche i fisici moderni pensano che devono esistere degli elementi minimi che costituiscono la natura.NONO PENSATORE: Con la sua teoria sugli atomi Democrito pose fine alla filosofia greca sulla natura. A presto.SOFIA: Sono molto stupita dal pensiero di questo filosofo: è riuscito a spiegare non solo l'idea di elementi molto piccoli quali costituenti della realtà che ci circonda, ma anche delle varie trasformazioni e ha fatto tutto ciò usando la ragione.
SOCRATE(…la persona più saggia è quella che sa di non sapere…)
NARRATORE: Sofia andò a controllare la cassetta delle lettere, trovò un'ulteriore busta, la aprì e…SOFIA: (voce fuori campo di Alberto) Cara Sofia, ho letto la tua lettera con grande interesse, ma anche con molto dispiacere perché non posso accettare l'invito a casa tua per un caffè. Un giorno ci incontreremo, tuttavia per molto tempo ancora non posso farmi vedere. Da questo momento mi sarà impossibile recapitarti personalmente le lettere e, pertanto, le prossime ti arriveranno mediante un messaggero mio amico. Mettiti in contatto con me quando ne senti il bisogno: usa una busta rosa con un biscotto ed uno zuccherino, così il messaggero me la recapiterà subito. Firmato Alberto KnoxP.S. non è affatto facile rifiutare l'invito di una giovane ragazza, ma a volte è necessario.P.P.S. se ti capiterà di trovare una sciarpa rossa, conservala con cura, perché può capitare che gli effetti personali vengano scambiati, soprattutto a scuola.NARRATORE: Sofia era molto pensosa: rifletteva sul fatto che il suo insegnante aveva un'altra alunna, poi sul ritrovamento, proprio quella mattina, di una sciarpa rossa sotto il suo letto. Rimase a lungo seduta per cercare di capire il legame tra Hilde, l'insegnante e lei stessa…alla fine sospirò rassegnata…girò il foglio e scoprì che sul retro c'erano scritte della frasi come sempre misteriose.SOFIA: (sospirando)"La persona più saggia è quella che sa di non sapere""Il vero sapere proviene da dentro""Chi sa che cosa è giusto si comporta anche in modo giusto".In effetti sapere di non sapere è una forma di sapere: uno dei comportamenti più stupidi è quello di una persona che si vanta di sapere cose che non consce affatto. Io stessa ho provato che quando un argomento mi coinvolge sono in grado di affrontarlo e studiarlo in modo molto diverso da quando invece non mi sento interessata. Per quanto riguarda la terza frase…non lo so…ma che succede?NARRATORE: Mentre Sofia era intenta nelle sue riflessioni, sentì un fruscio e un secondo dopo un grosso labrador si presentò a lei con una grande busta gialla in bocca che fece cadere ai piedi di SofiaSOFIA: (mimando la vista del cane) Dunque è questo il messaggero…come ho fatto a non pensarci prima? Adesso so anche perché devo mettere il biscotto e lo zuccherino. Bene, apro la busta e inizio a leggere.(Entrano i pensatori)PRIMO PENSATORE: Quando avrai aperto questa lettera avrai già fatto la conoscenza di Ermes: è realmente un cane, molto più gentile ed intelligente di molte persone; inoltre Ermes era il messaggero degli dei greci, ma il suo nome significa anche oscuro ed indecifrabile e si adatta abbastanza bene al modo in cui ci tiene nascosti l'uno dall'altra.SECONDO PENSATORE: Allora riprendiamo il filo del discorso: la filosofia della natura rappresentò la rottura con la concezione mitologica del mondo e, a partire dal 450 a. C., Atene divenne il centro culturale del mondo greco, proprio quando l'attenzione dei filosofi si spostò sull'uomo e sul suo posto nella società.SOFIA: Il nostro professore, qualche tempo fa, ci parlò di pensatori che ritennero che per partecipare alla vita politica fosse necessaria l'istruzione, soprattutto il parlare bene per comunicare in modo compiuto le proprie idee agli altri e vivere così insieme.PRIMO PENSATORE: Socrate fu un personaggio piuttosto strano: dava l'impressione di voler lui stesso imparare da quelli con cui parlava, lui dialogava; capì che suo compito era quello di aiutare gli esseri umani a partorire il giusto sapere e, dato che la vera conoscenza viene da dentro, lui assumeva l'incarico di portare alla luce le conoscenze che si formavano all'interno della mente dei suoi interlocutori.SECONDO PENSATORE: Facendo finta di non sapere niente obbligava le persone ad usare la ragione e lo faceva in modo talmente serio da porre la propria coscienza e la verità più in alto della sua stessa vita. Una celebre uomo politico, Cicerone, affermò che Socrate fu il primo che fece scendere la filosofia dal cielo, la trasferì nelle città, la introdusse nelle case e la rivolse ad interessarsi della vita, dei costumi, del bene e del male. Infatti, il termine filosofia deriva da philos (amico) e sophia (sapienza).SOFIA: Allora un vero filosofo è consapevole del fatto di sapere molto poco e per questo cerca continuamente di raggiungere il vero sapere. È un'ignoranza che tormenta e l'unica certezza è proprio il non sapere niente, ammissione molto rara visto che il mon
PLATONE(…il desiderio d'amore di ritornare alla sua vero origine…)
NARRATORE: Sofia fece un sogno in cui un certo Platone le faceva domande strane…(Sofia sta dormendo ed entra Platone)PLATONE: Come un pasticcere può fare quaranta torte uguali?SOFIA: Ho osservato la mamma quando prepara i biscotti allo zenzero: usa lo stesso stampino!PLATONE: Perché un cavallo è sempre un cavallo e non una via di mezzo tra un cane e un maiale?SOFIA: Perché hanno una forma in comune: è vero che un cavallo può essere bianco ed uno nero, tuttavia in ogni caso riesco a riconoscere che sempre di cavallo si tratta…un po' come per i biscotti della mamma che non sono proprio esattamente uguali, ma li vedo tali a colpo d'occhio.PLATONE: L'uomo ha un'anima immortale?SOFIA: La nonna mi ha detto che anche se gli anni passano lei sente di avere un'anima da ragazzina…però questa domanda è troppo difficile per me.PLATONE: Ecco l'ultima domanda, Sofia: l'uomo e la donna hanno la stessa ragione?SOFIA: Se ben ricordo il mio professore di filosofia ci ha insegnato che, secondo Socrate, tutti gli esseri umani, se usano la ragione, vengono a conoscenza di verità filosofiche e che uno schiavo ha la stessa capacità di ragionare di un aristocratico…quindi uomini e donne hanno la stessa facoltà di ragionare.(Platone se ne va. Sofia si sveglia.)NARRATORE: Quando Sofia si svegliò si sentì abbastanza contenta perché sentiva di essere riuscita a ragionare e di aver fornito della risposte complessivamente sensate. Si alzò, si vestì e scese a controllare la cassetta della posta: una busta gialla e voluminosa l'attendeva.(Entra il Terzo Pensatore)TERZO PENSATORE: Sofia, ho saputo che, per quanto in sogno, hai incontrato Platone ed è proprio di lui che voglio parlarti: tutti i filosofi cercano di vedere qualcosa che sia vero e Platone ci introdurrà il concetto di idea/forma. Giustamente hai detto che i biscotti sono tutti uguali perché la mamma li prepara con uno stampo, così come i cavalli sono uguali perché hanno delle caratteristiche comuni.(Entra il Quarto Pensatore)QUARTO PENSATORE: Ecco Platone chiama questa forma "idea" e tutte le idee fanno parte del "mondo delle idee", ovvero dove troviamo tutti i modelli che stanno dietro a ciò che noi vediamo in natura. Il nostro amico aveva una grande passione per la matematica perché le sue leggi sono immutabili, noi ne abbiamo una conoscenza sicura: quindi tutto ciò che cogliamo con i sensi è incerto, mentre ciò che vediamo e capiamo con la ragione ci regala una conoscenza certa.SOFIA: Allora il mondo per questo filosofo si può dividere in due parti: una sensibile, da cui abbiamo informazioni importanti ma incomplete ed approssimative, una seconda come "mondo delle idee" da cui ci proviene una conoscenza certa usando la ragione.TERZO PENSATORE: Anche l'uomo è formato da due parti: una sensibile dove tutto scorre e segue le vicende del mondo reale, una come anima immortale dove dimora la ragione che ci serve per guardare il "mondo della idee". Non per tutti è però importante arrivare alla ragione: ci sono delle persone che preferiscono restare aggrappate al mondo sensibile.SOFIA: Come quando vedo un'ombra e non sono sicura al cento per cento di che cosa si tratta: se non vado oltre è come se non volessi usare la ragione.QUARTO PENSATORE: Devo dire, cara Spofia, che sei molto interessata e fai lavorare bene la tua mente: non posso negarti che ciò mi fa piacere perché, in questo modo, dimostri voglia di conoscere. Platone immaginava che l'uomo potesse stare all'interno di una caverna osservando le ombre senza vedere chiaramente di che cosa si trattasse.SOFIA: Ma qualcuno può avere il desiderio di uscire e guardare la realtà!TERZO PENSATORE: Il mito della caverna è proprio l'immagine del coraggio della filosofia e della sua responsabilità pedagogica, cioè di insegnamento agli uomini. Se leggi i giornali quotidiani, sentirai nominare il termine politica molto spesso: anche Platone si è occupato di politica descrivendo uno stato ideale basato sul principio che "uno stato è giusto quando ogni suo membro è consapevole dell'importanza che svolge il proprio ruolo nell'insieme" e che "uno stato è buono quando viene governato con la ragione".SOFIA: Interessante questa tabella:
CORPO
ANIMA
VIRTU'
STATO
Testa
Ragione
Sapienza
Reggitori
Torace
Volontà
Coraggio
Guardiani
Addome
Desiderio
Temperanza
Artigiani
Come dire che Uomo e Stato sono un tutt'uno.QUARTO PENSATORE: Ti aggiungerò che nell'idea di Platone le donne hanno le stesse opportunità degli uomini perché possiedono al stessa ragione degli uomini e che, per un buon stato, tutti gli individui devono essere educati in scuole pubbliche, maschi e femmine.NARRATORE: Sofia era felice di aver incontrato Platone: le sembrava che le sue idee fosse davvero nuove e attuali. Nel pomeriggio ricevette una lettera con altre domande: "Che cosa viene prima?", "Gli uomini posseggono idee innate?", "Che cosa è necessario perché un uomo viva felice la sua vita?"…SOFIA: Non sono ancora in grado di rispondere a tutte queste domande, ma ci provo: la prima è il vecchio enigma "viene prima l'uovo o la gallina?", "la gallina o l'idea di gallina"…però se un uomo non ha mai visto né una gallina viva, né l'immagine di una gallina non può neanche avere l'idea di gallina. Inoltre noi abbiamo bisogno di vedere le cose prima di conoscerle, come un bambino piccolo. Ogni essere umano ha bisogno di cibo, calore, amore, cure, un lavoro che piaccia per vivere felice: così ci ha spiegato il nostro insegnante di filoSOFIA: e non serve un miliardo vinto alla lotteria per vivere bene. Comunque penso che la prossima lezione mi sarà d'aiuto.NARRATORE: Era chiaro che Sofia cercava delle riposte difficili a domande altrettanto difficili, ma non si scoraggiava: al contrario era sempre più contenta di usare la sua ragione.
ARISTOTELE(…un uomo meticoloso e metodico che voleva mettere ordine nei concetti degli uomini…)
NARRATORE: Il plico giallo del mattino le portò informazioni su un nuovo filosofo: Aristotele.(Entrano i pensatori)QUINTO PENSATORE: Aristotele si servì non solo della ragione, ma anche dei sensi. Per lui tutte le idee e i pensieri che sono in noi sono entrati a far parte della nostra conoscenza attraverso ciò che abbiamo visto e sentito; possediamo anche la capacità di ordinare tutto in gruppi e classi.SESTO PENSATORE: Tutto è costituito da materia e forma. La materia è ciò di cui è fatta una cosa, la forma rappresenta le qualità specifiche della cosa; ogni mutamento in natura è una trasformazione di materia portando a termine una forma precisa.SOFIA: Ricordo che il mio insegnante di filosofia ci ha raccontato una storiella: uno scultore stava lavorando ad un pezzo di granito, un giorno passò un bambino che gli chiese che cosa stesse cercando e lo scultore gli rispose di aspettare. Dopo alcuni giorni il bambino vide che l'artista aveva terminato uno splendido cavallo. QUINTO PENSATORE: Quello scultore aveva visto la forma del cavallo nel blocco di pietra, come dire che quella pietra aveva la possibilità di trasformarsi in un cavallo. Ovviamente Aristotele si chiese anche come avvengano le trasformazioni: arrivò così al concetto di "causa finale": tutto ciò che avviene in natura ha una sua intenzionalità, piove affinché le piante crescano e crescono patate e arance affinché l'uomo si possa nutrire. Ora torniamo alla classificazione.SOFIA: Io so che quando vedo qualsiasi cosa sono portata a pensare che, per esempio, si tratta di un oggetto di quel tipo, che appartiene a quella categoria, specie, forma, utilizzo…quando studio scienza so che si può parlare di mondo animale, vegetale, minerale e che, all'interno di quello animale, posso pensare all'uomo, ai rettili, ai pesci e così via. 'È come nel gioco in cui una persona esce dalla stanza, le altre pensano a qualcosa, la persona uscita deve indovinare facendo delle domande di classificazione.SESTO PENSATORE: In effetti anche Aristotele ha esaminato il mondo in questo modo proprio puntando sul fatto che l'uomo ha una prerogativa assoluta: la capacità di pensare razionalmente. Ha anche analizzato come la società si può organizzare: nella monarchia, quando governa un capo supremo; nell'aristocrazia, quando governa un gruppo di uomini che tende a difendere solo i propri interessi; nella politia, quando la massa elegge il governo per il bene pubblico.SOFIA: Mi sembra di capire che Aristotele abbia fatto un grande lavoro per mettere ordine nei suoi pensieri. Ci penserò su più tardi perché ora mi deve dedicare ai compiti: forse lunedì avrò una verifica di religione e non sono molto preparata sugli argomenti di studio anche se il professore ha detto di apprezzare le considerazioni personali, oltre all'impegno.NARRATORE: Sofia era convinta che le sue capacità di pensiero si erano decisamente sviluppate e che questo aveva avuto un ricaduta anche sull'impegno perché si sentiva maggiormente responsabile, parte di un gruppo come nel grande stato immaginato da Aristotele.
RINASCIMENTO(…o stirpe divina in vesti umane…)
NARRATORE: Sofia era molto agitata: assieme a Jorunn aveva trovato delle cartoline…JORUNN: Non capisco che cosa stia succedendo…Cara Hilde, non riesco più a tenere il segreto circa il tuo compleanno…con affetto papà. Ma chi è Hilde e perché ricevi cartoline a lei indirizzate?SOFIA:Non lo so nemmeno io…guarda "un giorno incontrerai una ragazza che si chiama Sofia cui sto inviando le copie delle cartoline che ti mando. Chissà se presto comincerà ad intuire il collegamento, piccola Hilde!"JORUNN: "Ha un'amica che si chiama Jorunn e forse anche lei potrà essere d'aiuto.SOFIA: Ho un po' di paura, ma voglio anche capire.JORUNN: Adesso devo tornare a casa perché è sera e ci sentiamo presto.NARRATORE: Il mattino dopo Sofia trovò una busta gialla e iniziò a leggere.SETTIMO PENSATORE: Dunque cara, ci stiamo avvicinando ad un momento piuttosto Sofia complesso per la filosofia: il Medioevo. In realtà stai tranquilla perché ti diremo solamente poche cose dal momento che i tuoi quattordici anni sono ancora pochi per affrontare temi così difficili. Del resto non posso nasconderti che esiste anche un "tanto tempo fa": il poeta tedesco Johann Wolfgang Goethe disse: "Colui che non sa darsi conto di tremila anni rimane nel buoi e vive alla giornata". Noi vogliamo che tu conosca le tue radici storiche perché soltanto in questo modo diventerai un essere umano, qualcosa più di una scimmia ed eviterai di fluttuare nel vuoto.SOFIA: Soltanto in questo modo sarò un essere umano…è vero: la storia del genere umano è anche la mia storia, anche se io sono sulla terra da poco tempo. Bene sono pronta per andare avanti!OTTAVO PENSATORE: Sofia è venuto il momento che tu conosca una persona che, da questo momento in poi sarà il tuo maestro di filosofia…Alberto…NARRATORE: (mentre entra Alberto) Sofia vide venire avanti una persona vestita molto semplicemente: le sorrideva e le sembrava molto amichevole…SOFIA: Io sono Sofia…ALBERTO: Io sono Alberto…Alberto Knox e sono pronto a prenderti per mano e a farti attraversare un periodo lungo per noi, breve per la storia del pensiero perché tutto è cambiato nel giro di poco tempo. Arriverò in breve a farti conoscere il legame tra filosofia e scienza.SOFIA: Ho letto in queste pagine, e l'ho studiato a scuola, che nel Medioevo si affermò e si diffuse il Cristianesimo.ALBERTO: Certamente, questo è un fatto molto importante: però è ancora più significativo che i pensatori di questo periodo siano riusciti a unire fede e sapere, in modo tale che non ci fosse più contrasto tra ciò che diceva la religione e quanto si poteva conoscere con la ragione. SOFIA: Come dire che si possono completare a vicenda. Ma, qualche volta, la scienza è giunta a conclusioni diverse dalla religione…ALBERTO: È vero quello che dici e vedo con piacere che hai acquisito delle conoscenze importanti in questi anni di scuola. Allora ti dirò che è vero che la scienza si andata allontanando dalla Chiesa: hai toccato un argomento che ancora oggi non è risolto…tuttavia il percorso del pensiero in questa direzione ha portato alla definizione del metodo scientifico in epoca posteriore al Medioevo e ha consentito lo sviluppo di un periodo storico chiamato per l'appunto Rinascimento.SOFIA: Il nostro insegnante ci ha detto che proprio in quest' epoca di fonda il concetto che l'uomo possa diventare tale grazie alla formazione, quando per formazione si intende ciò che noi possiamo acquisire, assimilare a scuola ed ampliare nell'arco di tutta la vita.ALBERTO: Vedo con piacere che sei sulla strada buona per diventare un vero essere umano, che ha chiaro in mente il fatto che la sua persona è formata da varie parti tutte importanti. La bussola, la polvere da sparo, l'arte della stampa, il cannocchiale furono tutte conquiste immense…SOFIA: E per finire sono arrivati i missili, le navicelle spaziali che ci hanno permesso di andare sulla luna…però abbiamo avuto anche Hiroshima, Chernobyl…ALBERTO: Certo Sofia, non deve stupirti il fatto che l'uomo usa ciò che conosce in tutti i modi possibili e non sempre questi sono accettabili. Ma siamo andati troppo avanti…dunque nel Rinascimento nasce il metodo scientifico e con esso anche il continuo intrecciarsi dei fili del bene e del male presenti in tutto l'operare umano. Galileo sosteneva che il libro della natura era scritto in linguaggio matematico e questo fatto ha aperto la strada ad una nuova immagine del mondo.SOFIA: A scuola abbiamo parlato anche di rivoluzione copernicana, passaggio dal geocentrismo all'eliocentrismo e poi di orbite dei pianeti prima circolari…ALBERTO: Poi ellittiche: soltanto con Keplero si cominciò a capire che i corpi celesti si muovono non circolarmente e che l'intero universo è governato dalle stesse leggi fisiche. Tornando un attimo a Galileo, ma non voglio rubare gli argomenti al tuo insegnante di matematica o qualcun altro, egli formulò il principio d'inerzia (un corpo rimane in stato di quiete fino a quando non intervengono delle forze che ne modificano lo stato…ricordi la vibrazione dei corpi elastici per produrre un fenomeno sonoro?)SOFIA: Se non ricordo male appartengono a questo periodo anche delle osservazioni su quell'odioso di piano inclinato, il peso, successivamente la legge di gravitazione universale di Newton e la sua mela, gli studi sulla traiettoria di una palla di cannone…ci danno sempre un sacco di problemi su questi argomenti!ALBERTO: Hai ragione Sofia, in questi anni si sono poste le basi per tutto quello che sappiamo oggi e ci furono dei momenti di grossa tensione tra gli studiosi e la Chiesa, un po' come è successo a causa delle teorie evoluzionistiche di Charles Darwin. Tieni presente che i rapporti difficili con la religione furono determinati anche dalla Riforma Luterana.SOFIA: Già, prima solo i monaci e i sacerdoti conoscevano il latino e, quindi, solo loro leggevano la Bibbia: Lutero cominciò il faticoso lavoro di traduzione della Bibbia in tedesco perché diede importanza al rapporto di ognuno di noi con Dio.ALBERTO: Penso che per ora potremo fermarci qui…alla prossima!NARRATORE: Alberto andò via: Sofia non aveva chiesto nulla sul prossimo incontro, ma ormai sapeva che in qualche modo Ermes l'avrebbe rintracciata e, felice, anche se ancora impaurita per la questione di Hilde, tornò a casa.
CARTESIO(…voleva rimuovere tutti i vecchi materiali dal terreno edificabile…)
(Nella camera da letto di Sofia)LA MAMMA: Sofia, credo che abbiamo bisogno di parlare un po'.SOFIA: Può essere, ma adesso sono troppo stanca e vorrei andare a dormire.NARRATORE: Quando la ragazza fu sotto le coperte, la mamma la raggiunse e si sedette sul bordo del letto…SOFIA: Mi piacerebbe fare una festa per il mio compleanno.LA MAMMA: Bene, chi vuoi invitare?SOFIA: Molta gente…posso?LA MAMMA: Il giardino è grande e magari ci sarà anche bel tempo.SOFIA: Mamma, mi sembra di essere diventata così grande in questo ultimo periodo.LA MAMMA: Non sei contenta?SOFIA: Non lo so.LA MAMMA: Mi vuoi spiegare perché sei così strana in questi giorni?SOFIA: Anche tu eri così alla mia età…me l'hai raccontato tante volte. Il cane si chiama Ermes e appartiene ad un signore di nome Alberto : una volta, tornando da scuola, ho accarezzato il cane e così ho conosciuto anche lui: è un filosofo e mi sta raccontando tante cose sulle storia del pensiero.LA MAMMA: Anche la storia del coniglio, non è vero?SOFIA: Da lui ricevo le lettere…sono pagine in cui mi parla di filosofia…ho imparato tante cose…forse più che non andando a scuola per otto anni…NARRATORE: Pronunciando queste parole Sofia si addormentò e, per quella sera, la mamma si accontentò di quanto aveva saputo, anche se si era ripromessa altre indagini.Il pomeriggio del giorno dopo, Sofia incontrò Alberto nel parco.ALBERTO: Dunque Sofia, oggi proseguiremo il nostro discorso, ma ti avverto che, siccome desidero arrivare anche ai giorni nostri per fare determinate riflessioni sull'epoca in cui vivi, farò dei grandi salti: ti darò delle informazioni molto sintetiche su alcuni filosofi che potrai approfondire in un secondo momento. Inizio da Cartesio, il primo grande costruttore di sistemi, nel senso che cercò di costruire una filosofia del tutto nuova e libera dal pensiero precedente, ma non solo, perché si occupò anche del rapporto tra corpo e anima.SOFIA: Una volta ho pensato che se decido di sollevare un braccio il braccio si solleva, se decido, per esempio, di prendere l'autobus e le mie gambe si mettono in movimento, penso qualcosa di triste e mi vengono le lacrime: deve esserci un rapporto tra corpo e coscienza, corpo e anima.ALBERTO: Cartesio aveva capito che tutto era più semplice se si suddivideva una problema complesso in tante parti, procedendo poi alla verifica delle parti, dei rapporti tra le parti partendo dal semplice per arrivare al complesso. Sosteneva anche era possibile dubitare di tutto (rimuovere i vecchi materiali per costruire la nuova casa) e si espresse mediante una frase latina che suona così. "Cogito, ergo sum".SOFIA: Che significa?ALBERTO: Penso, dunque sono, dando così una forza estrema alle doti umane relative alla capacità di pensare. Il pensiero di Cartesio ha fatto sì che alcuni studiosi abbiano intravisto in esso la possibilità che anche una macchina possa pensare.SOFIA: Oggi si parla di intelligenza artificiale…di computer…macchine…vogliono farci credere nella loro intelligenza.ALBERTO: In un altro momento ti farò vedere Laila, il primo programma di intelligenza artificiale.SOFIA: Devo confessarti un dubbio: se un giorno elaborerò una mia filosofia penso che sarà molto diversa da quella che mi hai esposto finora: a me interessa il mondo reale, fatto di fiori, animali, bambini che nascono e crescono, mentre tutti i filosofi parlano di esser umano come se fosse senza età…anche l'amicizia e l'amore sono stati piuttosto trascurati!ALBERTO: Ci sono stati pensatori che hanno cercato di calarsi in una realtà più reale (scusami il gioco di parole): Hume, Berkeley, ma, per il momento, il lasciamo da parte non perché poco importanti, ma solamente per dedicarci ad altro.NARRATORE: (con cambio di scena per l'entrata di Hilde) Mentre Sofia viveva questa strana avventura del pensiero in compagnia dell'amico Alberto, Hilde Moller Knag si apprestava a festeggiare il suo compleanno. Abitava vicino all'acqua, tanto che dalla sua finestra poteva vedere la rimessa delle barche dipinta di rosso; il giardino non era particolarmente curato, ma era suo e lei osservava con affetto il melo e di cespugli di bacche che sopravvivevano ai rigori degli inverni norvegesi.HILDE: (ancora a letto) Bene, ora mi alzo…uhm, c'è stato un temporale…certo i tuoni mi hanno svegliato questa notte…adesso ricordo.NARRATORE: L'occhio le cadde sul comodino: su di esso era posato un pacco con carta azzurra e nastro rosso…lo aprì e capì che si trattava del regalo di suo padre: una rapida occhiata le rivelò che si trattava di un raccoglitore con tanti fogli battuti a macchina all'interno. Trovò la dedica: "Ciò che la luce del sole è per la terra fertile è il sapere vero per gli amici di questa terra", N. F. S. Grundtvig.HILDE: (aprendo il raccoglitore) Sofia Amundsen stava tornando da scuola, aveva percorso il primo tratto di strada assieme a Jorunn e avevano parlato di robot… Questo è il romanzo che papà voleva scrivere…ma parla di filosofia cioè dell'evoluzione del pensiero dell'uomo…io sono come questa Sofia solo che lei incontra Alberto , mentre io…NARRATORE: (con intervento di voce fuori campo della mamma di Hilde) Hilde si mise a leggere e a stento sentì le parole della mamma che tentava di farle gli auguri di buon compleanno. Per tutto il giorno si portò appresso quel raccoglitore, cercando ogni angolo tranquillo ed ogni attimo di solitudine per procedere nella lettura: si era resa conto che, con Sofia avrebbe potuto compiere un percorso difficile, ma avvincente, nel mondo del pensiero; pensò anche che il regalo di suo padre, seppure stravagante, era straordinario.HILDE: Guarda un po'…"la durata del regalo non ha alcuna importanza, in un certo senso varrà per tutta la vita"…che uomo!!NARRATORE: Hilde divorò letteralmente una gran quantità di pagine e si sentì felice per quello che le stava capitando, anche se non capiva tutto perfettamente.
FACCIAMO UN BALZO IN AVANTI(…il cielo stellato sopra di me e la legge morale che è in me…ciò che è razionale è reale…)
ALBERTO: Oggi ti citerò due filosofi di notevolissima importanza, ma di loro di darò solo pochi elementi: Kant che introdusse, tra tante cose, il concetto di tempo e spazio…SOFIA: Aspetta…in un biglietto di Hilde che ho ricevuto suo padre afferma che fu anche, in un certo senso, il padre dell'idea dell'ONU, perché secondo Kant la ragione pratica dell'uomo impone alle nazioni di uscire da uno stato naturale che provoca sempre nuove guerre, per costruire un sistema internazionale che impedisca i conflitti.La creazione di un'unione di questo tipo era un percorso lungo ma, quasi, l'obiettivo massimo della filosofia.ALBERTO: Questo è possibile ma, scusami per il cambio di argomento, torneremo in un altro momento su questo argomento.NARRATORE: Alberto non è una persona superficiale o frettolosa, tuttavia è desideroso di dare alla sua allieva una mappatura generale sulla filosofia ovvero degli strumenti di lettura che le risultino utili in futuro per eventuali approfondimenti. ALBERTO: Devo brevemente parlarti di Hegel perché con il termine filosofia hegeliana intendiamo anzitutto un metodo per comprendere il corso della storia: la storia è come il corso di un fiume, ogni minimo movimento dell'acqua in un certo posto è in realtà deciso dalla cascata e dai vortici a monte, dai sassi e dalla anse del fiume stesso. Anche il pensiero della storia, o la ragione della storia, è paragonabile al corso di un fiume.SOFIA: Le idee scorrono attraverso tradizioni, condizioni di vita e influiscono sul tuo modo di pensare: pertanto non esistono pensieri eterni, ma solo quelli che valgono in quei momenti. Qualcosa è giusto o sbagliato soltanto in relazione al contesto storico.ALBERTO: Vedo che sei in grado di riflettere in modo molto profondo: quello che hai appena detto è importante per una visione dinamica della storia; c'è uno spirito del mondo che si evolve continuamente, come il fiume si ingrossa man mano che si avvicina la mare. La storia corrisponde al modo in cui questo spirito prende coscienza e cambia. Hegel ha parlato di dialettica, ovvero scambio tra i modi di pensare come momento di crescita di un individuo che è parte organica della società, di uno stato.NARRATORE: Mentre Sofiaapprendeva la filosofia, Hilde continuava a leggere le pagine contenute nel raccoglitore che le aveva regalato il padre: le due ragazze percorrevano un tragitto paritetico, era come se una fosse necessaria all'altra, così come è necessaria un'immagine per poterla vedere riflessa nello specchio.HILDE: Bene, sono arrivata a Kirkegaard, filosofo che, nel XIX secolo, parlava di epoca priva di passioni e di impegno: "quante volte si sente dire anche al giorno d'oggi che i giovani sono privi di ideali, anche se io non sono affatto d'accordo con questa visione della cultura giovanile. Ora, cara figlia mia quindicenne, apri bene le orecchie perché Sofia sta affrontando un pensatore che, assieme ad altri, ha avuto un effetto così rivoluzionario che ancora oggi se ne parla".NARRATORE: Sofia, mentre si recava all'incontro con il suo maestro, si chiedeva il significato delle parole pronunciate da Alberto l'ultima volta che si erano visti: "uno spettro si aggira per l'Europa". Che cosa volevano dire?
MARX(…uno spettro si aggira per l'Europa…)
NARRATORE: Alberto condusse Sofia nel parco e dopo aver percorso un tratto di strada, scorse in mezzo all'erba un scrivania dietro la quale era seduto un uomo anziano, intento a fare dei conti.SOFIA: Come vi chiamate? Io sono Sofia Amundsen.SCROOGE: Scrooge.SOFIA: Siete un uomo d'affari?SCROOGE: Sì, e sono ricco sfondato. Neanche un soldo deve andare perso ed è per questo motivo che mi dedico alla contabilità.SOFIA: Che voglia!NARRATORE: Sofia proseguì per il viale e vide una bambina seduta tutta solo sotto un albero, vestita di stracci e dall'aspetto malaticcio.BAMBINA: Vuoi comprare dei fiammiferi? Una corona solamente!SOFIA: Eccoti una corona.BAMBINA: Sei la prima persona che mi abbia comprato qualcosa da più di cent'anni…a volte ho fame…a volte ho freddo!NARRATORE: Sofia rimase molto colpita dalla situazione e le venne in mente l'uomo d'affari: prese per mano la bambina e la portò da Scrooge.SOFIA: Devi fare in modo che questa bambina abbia un'esistenza più degna.SCROOGE: Costa e ti ho già detto che neanche un soldo deve andare perduto.SOFIA: Ma è ingiusto che tu sia così ricco e lei così povera!SCROOGE: Sciocchezze!BAMBINA: Ma io morirò!SCROOGE: Vattene all'albergo dei poveri…non sei una voce della mia contabilità!NARRATORE: Tutto sparì di colpo e Sofia iniziò a riflettere sull'accaduto con Alberto.ALBERTO: Ebenezer Scrooge è l'avaro capitalista del racconto Canto di Natale di Charles Dickens, la bambina è la piccola fiammiferaia della fiaba di Hans Christian AndresenSOFIA: Perché ho assistito a questa scena?ALBERTO: Perché dobbiamo parlare di Marx e non è stato inutile che tu abbia avuto un assaggio di quanto possano essere enormi i conflitti di classe. Marx scrisse che i filosofi hanno interpretato il mondo in modi diversi, ma il problema è cambiarlo e questa considerazione segna una svolta notevole nella storia della filosofia.SOFIA: Come dire che non basta pensare, bisogna anche agire. Assieme a Marx ho sentito nominare anche Engels, Lenin, Stalin, Mao Tse Tung ed altri.ALBERTO: Certamente, ma io preferisco soffermarmi su Marx e sul suo materialismo storico. Dunque, in una società ci sono rapporti materiali, economici e sociali e ciò forma la struttura della società; il modo di pensare, il tipo di istituzioni politiche, legislative, religiose, morali, artistiche, scientifiche, filosofiche formano la sovrastruttura della società.SOFIA: Struttura e sovrastruttura, come il tempio greco del Partendone, il tetto che poggia sulle colonne, le colonne sulle fondamenta…ALBERTO: Va bene…il nostro parla poi di mezzi di produzione -attrezzi, macchine, utensili-, condizioni di produzione -materie prime…- e rapporti di produzione -organizzazione del lavoro-. Secondo Marx in ogni epoca c'è stato conflitto tra classi sociali.SOFIA: Anticamente tra schiavo e cittadini liberi, nel Medioevo tra feudatari e servi della gleba e, in seguito, tra nobili e borghesi.ALBERTO: Molto bene Sofia, noto con piacere che stai facendo progressi verso una storia ragionata e, in fondo, più semplice da capire. Al tempo di Marx si parla di lotta tra capitalista e lavoratore o proletario, cioè tra chi possiede e non possiede i mezzi di produzione: il capitalista può acquistare la forza lavoro degli operai e pagarla con un salario, ma i lavoratori producono merci che rendono ben di più al capitalista, così si può avanzare il sospetto di sfruttamento. Non solo, ma se le fabbriche vengono rese più moderne, più grandi, diminuirà il bisogno di forza lavoro e aumenterà il numero dei disoccupati.SOFIA: Mamma mia! Proprio quello di cui si sente parlare in questo periodo di rivoluzione tecnologica! Come andò a finire il pensiero di Marx?ALBERTO: Alcune società realizzarono la rivoluzione marxista, però le cose non andarono nel modo positivo in cui Marx stesso credeva perché c'erano degli errori nella sua teoria. A onor del vero, l'economia, le società, sono ben più complesse e, guardandoci attorno, possiamo vedere che ci sono tanti problemi sia nel capitalismo, così come nelle società che hanno abbracciato il comunismo.SOFIA: Però una società creata col presupposto che la giustizia si realizza solo tra pari sarebbe più giusta!ALBERTO: Pensaci e guardati attorno e, con questo, abbiamo finito con Marx. Fine del capitolo.NARRATORE: Il tema della giustizia è sempre molto caro ai giovani e Sofia se ne andò pensando al mappamondo e a tutti gli atti compiuti dall'uomo per abbattere le diversità.
DARWIN(…un'imbarcazione che attraversa la vita con un carico di geni…)
NARRATORE: Non appena Alberto aveva pronunciato la frase "Fine del capitolo" Sofia aveva visto un anziano con lunghi capelli bianchi e barba; teneva nella mano destra un bastone da viandante, nella sinistra un foglio.NOE': Mi chiamo Noè e questa è un'immagine di tutti gli animali che si sono salvati dal diluvio universale. Tieni Sofia, questa è per te.NARRATORE: Dato il foglio alla ragazza se ne andò.ALBERTO: Aspetta Sofia, prima devo darti il quadro d'insieme: Marx e Darwin vissero a Londra nello stesso periodo e di loro Engels disse che "Come Marx scoprì le leggi dell'evoluzione storica dell'umanità, così Darwin scoprì le leggi dell'evoluzione organica". Noi oggi possiamo affermare che Marx, Darwin e Freud furono importanti perché scatenarono un vivace dibattito su temi portanti della filosofia anche se oggi abbiamo imparato a valutare meglio la portata delle loro idee.SOFIA: Il nostro insegnante di filosofia ci ha detto che Darwin fu lo scienziato che più di ogni altro, nell'epoca moderna, pose in discussione la concezione biblica della posizione dell'uomo nel creato.ALBERTO: Una della opere maggiormente importanti è sicuramente "L'origine della specie" del 1859: Darwin afferma che tutti gli esseri viventi si evolvono da qualcosa che esiste attraverso la selezione naturale: già lo zoologo francese Lamarck aveva pensato ad una teoria evoluzionista, ma Darwin fece ben altro.SOFIA: Mi sembra anche che procedette con una certa cautela…come un vero filosofo che cerca di rispondere a difficili domande.ALBERTO: Prima di tutto egli osservò la suddivisione geografica delle varie specie viventi, concordando con Lamarck secondo il quale le diverse specie di animali sviluppano ciò di cui hanno bisogno. In questo modo, ragionando con molto impegno, pensò che in ogni ambiente continuerà a vivere e a riprodursi soltanto chi, nella lotto per la sopravvivenza, risulta più forte: chiamò questo meccanismo selezione naturale.SOFIA: Allora più dura si fa la lotta per sopravvivere, più velocemente avviene l'evoluzione di altre specie e questo vale non soltanto rispetto al cibo, ma anche in relazione alla capacità di non farsi mangiare dagli altri animali, la resistenza alle malattie. Adesso capisco meglio perché ci sono animali che si camuffano con l'ambiente in cui vivono, altri che corrono rapidamente, altri ancora che hanno padiglioni auricolari mobili e molto sviluppati.ALBERTO: È meraviglioso, perché la natura fa ancora di più: per esempio, per alcuni fringuelli delle isole Galapagos è molto importante volare, ma non lo è altrettanto quando bisogna procurarsi il cibo raspando il terreno.SOFIA: E l'uomo?ALBERTO: Gli uomini possiedono una fantastica capacità di adattamento alle più diverse condizioni di vita. Nel 1871 Darwin pubblicò "L'origine dell'uomo" in cui sostenne che esiste una parentela molto stretta tra le scimmie antropoidi e gli esseri umani che, pertanto, dovrebbero essersi evoluti un tempo da un antenato comune. Nella lotta per la sopravvivenza l'uomo ha cercato di eliminare ciò che gli risultava nocivo (ad esempio alcuni virus e batteri di malattie): purtroppo questa battaglia non è sempre stata vittoriosa perché alcuni batteri sono diventati resistenti agli antibiotici.SOFIA: Anche se Darwin ha spiegato l'evoluzione degli esseri viventi, manca una spiegazione fondamentale, ovvero perché tutto ciò sia avvenuto. Da quello che so, la scienza oggi pensa che tutto il processo sia iniziato da una prima forma di vita in una piccola pozza di acqua calda sotto l'azione delle radiazioni provenienti dallo spazio.ALBERTO: È vero: in una atmosfera priva di ossigeno, una radiazione cosmica fu l'energia che unì le diverse sostanze chimiche per formare complesse macromolecole.SOFIA: Quindi affinché si possano produrre le molecole complesse ci devono essere due condizioni: l'assoluta mancanza di ossigeno e la propagazione delle radiazioni dallo spazio.ALBERTO: Perfetto: nel brodo primordiale si formò questa molecola molto complessa (come dire il primo esempio di DNA) e questa molecola iniziò a dividersi, a riprodursi; dai primi organismi monocellulari si generarono i pluricellulari, così come prese avvio la fotosintesi della piante per arricchire l'atmosfera di ossigeno che doveva sia permettere la vita sia proteggere dalle radiazioni spaziali che non erano più necessarie.SOFIA: Posso paragonare queste radiazioni a scintille importanti per la creazione della vita? Mi sembra tutto incredibile dato che oggi si sa quanto le radiazioni dello spazio siano dannose per gli esseri viventi.ALBERTO: Il tutto è avvenuto in un periodo di tempo lunghissimo…ed è ciò che vedi nel foglio di Noè. Noi siamo il pianeta vivente, cara Sofia, ma ognuno di noi è anche un'imbarcazione che attraversa la vita con un carico di geni. Quando lo abbiamo trasportato fino al prossimo porto, allora non abbiamo vissuto invano.SOFIA: Loda l'eterno nella vita nostraChe ogni cosa ha creato! … omissisLa stirpe genera la stirpe,capacità crescenti essa raggiunge;la specie genera la speciein milioni di anni.Mondi muoiono e nascono…(Bjornstjerne Bjornson)Molto bello!
IL NOSTRO TEMPO(…l'uomo è condannato a essere libero…)
NARRATORE: Hilde faceva fatica a separarsi dal suo raccoglitore: spesso i ragazzi, quando ricevono un libro come regalo di compleanno, sbuffano o, nella migliore delle ipotesi, avrebbero preferito altro. Per Hilde non era così…HILDE: Trovo che mi padre sia una persona davvero originale: questo libro, anzi queste pagine, sono affascinanti, ma non perché si mi senta intenerita dal fatto che sono scritte da lui: il fatto è che questa storia del pensiero è così piena di vita che mi sento quasi in grado di vedere tutte le persone che in esso sono nominate o di cui si parla a lungo!NARRATORE: Quel regalo era una cosa fantastica perché era riuscito a far risuonare una corda nuova nella mente e nell'animo di Hilde. Sofia incontrò nuovamente Alberto nel parco…ALBERTO: Oggi ti dirò qualcosa su Sigmund Freud, il padre della psicanalisi: dunque, lui affermò che esiste sempre una tensione tra l'essere umano e il mondo esterno perché da una parte ci sono i bisogni dell'uomo, dall'altra le esigenze del mondo esterno.Inoltre l'uomo non è soltanto ragione, ha anche un istinto che spesso lo spinge e pensare e agire in un certo modo.SOFIA: Mi pare di poter dire che un comportamento simile si vede nei bambini che a volte ragionano prima di fare una cosa, mentre il altre circostanze agiscono a seconda di ciò che provano in quel momento: ho notato tutto ciò in mia cugina che ha quattro anni.ALBERTO: È proprio così, ma Freud ci ha lasciato un'opera molto importante che riguarda i nostri sogni e la necessità di saperli interpretare perché ciò che sogniamo non è casuale. Ti devo dire anche che alla psicanalisi di Freud si sono ispirati anche degli artisti tra cui André Breton che nel 1924 pubblicò un manifesto surrealista in cui affermava che l'arte deve esprimere l'inconscio e la realtà dei sogni dell'uomo.(Danza del millepiedi.)SOFIA: Ascolta questa storia: c'era una volta un millepiedi che era bravissimo a ballare con i suoi mille piedi. Tutti lo ammiravano, tranne un animale che era invidioso, un rospo.Tutto il giorno pensava a come farlo smettere di ballare e…indovina cosa fece…ALBERTO: Non so!SOFIA: Scrisse una lettera al millepiedi che diceva così: " O incomparabile millepiedi, sono un tuo grande ammiratore e vorrei imparare la tua arte: quando ti muovi alzi prima la tua zampa sinistra numero 289, oppure la destra numero 59, oppure la sinistra numero 499 e la destra numero 156? Attendo ansiosamente una tua cortese risposta. Cordiali saluti dal rospo."ALBERTO: Accidenti!SOFIA: Quando il millepiedi ricevette la lettera cominciò a pensare a che cosa faceva quando ballava. Come pensi che andò a finire?ALBERTO: Che il povero millepiedi non ballò più!SOFIA: E hai ragione! Perché?ALBERTO: Perché questo è quello che succede quando la fantasia viene soffocata dalla ragione. Che cos'è la creatività?SOFIA: Non lo so…è creare qualcosa di nuovo…ALBERTO: Sì, e questo avviene soltanto quando esiste una collaborazione tra fantasia e ragione: in pratica ogni opera d'arte scaturisce da una meravigliosa intesa tra fantasia e ragione o, se vuoi, tra sensibilità e pensiero. Parlando dei giorni nostri desidero farti notare che la filosofia si è concentrata sulla situazione dell'uomo moderno, un attore mandato inscena senza avere un ruolo, un copione, un suggeritore che possa dirci che cosa fare: siamo noi stessi a dover scegliere come vogliamo vivere perché siamo totalmente responsabili delle nostre azioni: siamo condannati a essere liberi.SOFIA: A me non sembra che le cose stiano proprio così: ci sono tanto condizionamenti…ALBERTO: Certo, ma non possiamo rinunciare a scegliere: esistere è creare la nostra esistenza. Ma non basta…secondo gli ecofilosofi è da ridiscutere tutto lo sviluppo che l'uomo ha percorso perché è partito dal presupposto, non corretto per questi pensatori, di essere superiore rispetto alla natura.SOFIA: Oggi è cambiato tutto: io stessa mi sento norvegese, ma anche cittadina planetaria perché tutto il mondo è dietro l'angolo. Il progresso tecnico nel campo delle comunicazioni è stato spaventoso, utile, ma anche sconvolgente.ALBERTO: Sofia, mi fa piacere notare che la tua mente si sta aprendo e sei in grado di osservare ciò che ti circonda con altri occhi.NARRATORE: È vero! Sofia giunta alla fine del suo viaggio filosofico aveva acquisito la capacità di osservare, pensare, collegare vari aspetti delle realtà. Ma non è ancora finita…perché è in arrivo un sorpresa: sta rientrando il padre di Hilde dal Libano!
IL BIG BANG(…anche noi siamo polvere di stelle…)
NARRATORE: Hilde stava attendendo l'arrivo del padre e, dopo aver letto quasi per intero le pagine scritte per lei, era curiosa circa le domande che il padre le avrebbe rivolto.Inoltre il libro restava sospeso con una frase tanto bella quanto oscura "anche noi siamo polvere di stelle".HILDE: Spero che papà sia contento dell'accoglienza che gli ho riservato…NARRATORE: Suo padre entrò in casa chiamandola a gran voce…PADRE DI HILDE: Hilde, bambina mia dove sei? Eccoti qua…come sei cresciuta e cambiata!HILDE: Papà sono contenta di vederti ma…finiamo la storia perché la parte che manca mi serve per chiudere il cerchio…PADRE DI HILDE: Vedi, mia cara, avrai capito che Alberto eSofia sono un'invenzione fantastica con lo scopo di farti affrontare con il sorriso e la giusta dose di curiosità un corso di storia della filosofia, così per voi giovani è possibile sviluppare un atteggiamento critico nei confronti del mondo in cui vivete. Pensare in modo critico è importante anche per dialogare con la generazione dei genitori.HILDE: Secondo me Sofia e Alberto rappresentano anche la fantasia di cui è capace un pensiero vivo e autonomo.PADRE DI HILDE: Certo, la mia fantasia ha dato vita a questo "popolo invisibile" per te, per permetterti di crescere. Ma ora andiamo alla conclusione.HILDE: Non vedo l'ora…sono proprio curiosa!NARRATORE: Hilde si sedette vicino al padre…stavano guardando il cielo…PADRE DI HILDE: È strano pensare che viviamo su un piccolo pianeta dell'universo…la terra ruota attorno al sole assieme a tanti altri corpi celesti, ma soltanto il nostro globo è un pianeta vivo.HILDE: Il cosmo è immensamente grande e non possiamo sapere se la vita esiste solo sulla terra.PADRE DI HILDE: Abbiamo iniziato a orientarci: il nostro sole è una tra i cento miliardi di stelle che compongono la galassia che chiamiamo Via Lattea. Se osserviamo il cielo in una notte invernale, vediamo una larga fascia luminosa verso il centro della Via Lattea.HILDE: Ecco perché in svedese Via Lattea è chiamata Via dell'Inverno. A scuola ho studiato che le distanze nel cosmo vengono espresse in anni luce e che la distanza che ci separa dalla Proxima Centauri è di quattro anni luce.PADRE DI HILDE: (prendendo un palloncino disegnato) È tutto corretto. A quanto pare nessuna galassia è immobile nello spazio. Ci sono movimenti di allontanamento e di avvicinamento come se tu gonfiassi e sgonfiassi un palloncino sulla cui superficie sono stati disegnati alcuni puntini neri. Circa diciotto miliardi di anni fa tutta la materia che forma l'universo era concentrata in uno spazio molto piccolo e la forza gravitazionale la rese così calda che esplose.HILDE: Il big bang!PADRE DI HILDE: Molto bene. La materia venne scaraventata in mille direzioni e, mano a mano che si raffreddava, si costituirono le stelle, le galassie, le lune e i pianeti…HILDE: Come si è formata la materia che di colpo esplose? Mi pare che ci siano diverse idee…PADRE DI HILDE: È vero: per un cristiano il big bang coincide con il momento della creazione del mondo per opera di Dio, in India si crede che sia stato provocato dall'alternanza del giorno di Brahma e la notte di Brahma…HILDE: È in po' come quando Alberto spiegava la filosofia a Sofia presentandole tutti i diversi pensieri dei filosofi stessi.PADRE DI HILDE: Ti ricordi della dialettica a della sua utilità? La natura è piena di misteri…comunque tutti gli organismi si sono formati dalla materia che un tempo ribolliva in una stella.HILDE: Anche noi?PADRE DI HILDE: Anche noi siamo polvere di stelle perché tutta la materia che forma l'universo rappresenta un'unità organica.HILDE: Che cos'è questa materia del mondo? Che cos'era ciò che è esploso miliardi di anni fa' da dove viene?PADRE DI HILDE: Questo è il grande mistero, la domanda ancora senza risposta.HILDE: A presto Sofia…a presto Alberto …stare con voi è stato un piacere!
FINE
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Che pesce sei?

Un'insegnante spiegando alla classe che in spagnolo, contrariamente all'inglese, i nomi possono essere sia maschili che femminili. "Uno studente chiese: "Di che genere è la parola computer?" Anziché rispondere, l'insegnante divide la classe in due gruppi, maschi e femmine, e gli chiese di decidere tra loro se computer dovesse essere maschile o femminile.A ciascun gruppo chiese inoltre di motivare la scelta con 4 ragioni.Il gruppo degli uomini decise che "computer" dovesse essere decisamente femminile"la computadora"perchè:1.Nessuno tranne il loro creatore capisce la loro logicainterna.2.Il linguaggio che usano per comunicare tra computer èincomprensibile.3.Anche il più piccolo errore viene archiviato nella memoria a lungotermine per possibili recuperi futuri.4.Non appena decidi di comprarne uno, ti ritrovi a spendere metà del tuo salario in accessori.Il gruppo delle donne,invece, concluse che i computer dovessero essere maschili (el computador)perchè:1.Per farci qualunque cosa, bisogna accenderli.2.Hanno un sacco di dati ma non riescono a pensare da soli.3.Si suppone che ti debbano aiutare a risolvere i problemi, ma perla metà delle volte,il problema sono LORO;4.Non appena ne compri uno, ti rendi conto che se avessi aspettatoqualche tempo,avresti potuto avere un modello migliore.Le donne vinsero.